Ancora oggi, quasi due secoli dopo l’invenzione della fotografia, il meccanismo che sta dietro una camera oscura ci affascina e ci stupisce. È il potere sconvolgente dell’immagine, che dal Novecento a oggi ha cambiato completamente le nostre vite. Parte da questo semplice presupposto il documentario Fantastic Machine di Axel Danielson e Maximilien Van Aertryck, vera e propria rivelazione della scorsa stagione. Prodotto dal due volte Palma d’Oro Ruben Östlund, il film è stato premiato al Sundance Festival e alla Berlinale per la lucida ironia con cui racconta l’evoluzione del medium fotografico fino ad arrivare alla totale frammentazione dell’informazione che viviamo dall’inizio dell’era digitale.
“Come impiegare tanto potenziale?” ci chiede la voce di Elio Germano, narratore della versione italiana del documentario, in arrivo nelle nostre sale dal 9 maggio. La risposta a questa domanda potrebbe essere la chiave per risolvere le questioni più pressanti della nostra contemporaneità, facendoci trovare il bandolo di una matassa di indistricabile complessità. Con una vivace impostazione da documentario d’archivio di stampo didattico, Fantastic Machine ripercorre rapidamente tutti gli step che hanno portato dalla prima impressione di una lastra fotografica, passando per l’invenzione del cinema e della televisione, allo stato attuale dove milioni di ore di immagini e video vengono prodotte e consumate in tutto il mondo ininterrottamente.
“Da un lato l’obiettivo di una macchina fotografica o di una telecamera è un prolungamento dei nostri occhi, un ampliamento del nostro campo visivo. – dichiarano i registi – Dall’altro, bisogna ricordare che c’è sempre qualcuno dietro quell’obiettivo, che indirizzalo sguardo a favore dei propri interessi, che siano economici, politici o di altra natura… Siamo ormai arrivati ad avere circa 45 miliardi di obiettivi sul pianeta e viene da chiedersi se la miriade di immagini che vengono prodotte ogni giorno rendano più acuta la nostra visione del mondo o solo più sfocata”.
Ciò che il film riesce a fare meglio è mostrare il dietro le quinte della produzione di un’immagine, perché “per mantenere l’illusione certe cose devono essere tenute nascoste”. Dai fotografi di guerra (con un parallelismo evidente con l’acclamato Civil War di Alex Garland), ai tiktoker che rischiano la vita per una foto sensazionale, fino alle onlyfanser che vendono la propria di immagine con tanta creatività e nessun senso del pudore, quello che si nasconde dietro la macchina da presa è spesso molto più interessante di quello che viene effettivamente ripreso. L’immagine difficilmente è uno specchio della realtà, più spesso ne è una semplice rappresentazione, a volte del tutto distorta. Non è un caso che l’apice di questo discorso sia il concetto di fake news e di verità alternativa, che negli ultimi anni ha già provocato i primi terrificanti risultati.
Fantastic Machine ci mette di fronte all’infinità quantità di video e immagini ormai nostra disposizione, questo prodigio della modernità che nasconde un potenziale tanto esaltante quanto pericoloso. In questa marea sconfinata colpisce la puntualità e la coerenza con cui gli autori siano riusciti a trovare gli spezzoni più significativi per ricamare con raffinatezza un documentario d’archivio dal ritmo incalzante. 90 minuti ricchi di stimoli e riflessioni, divertimento e denuncia, per aiutarci a prendere consapevolezza di questa “macchina fantastica” e di questa società schiava dell’immagine in cui ci troviamo a vivere, con tutte le sue meraviglie e le sue trappole.
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