Ha scelto un tema scomodo e non facile da raccontare Ennio De Dominicis per il suo debutto cinematografico L’italiano. Quello dell’immigrazione clandestina nel nostro paese, un tema che il regista considera più che mai attuale. Viene dal teatro De Dominicis: per 4 anni è stato aiuto di Antonio Calenda, poi ha lavorato per la drammaturgia sperimentale. Con il cinema si è cimentato una prima volta realizzando un mediometraggio, Niente stasera, vicenda surreale e onirica di un filosofo, interpretata da Eduardo Sanguineti.
L’italiano è la cronaca realistica dell’esistenza senza riscatto di un immigrato albanese, tra le montagne abruzzesi e la periferia romana, per metà forse italiano per via di un probabile nonno abruzzese. Il film avrà una prima uscita, il 23 agosto, in alcuni cinema dell’Abruzzo, come Sulmona, Avezzano, Roseto degli Abruzzi e la settimana successiva sarà nelle sale delle grandi città.
Quando nasce il film?
Ho iniziato a scrivere nel ’92 spinto da un sentimento di “pietas”, davanti alle immagini in televisione di quell’arrivo biblico di albanesi nel porto di Bari. La storia nasce dalla partecipazione emotiva al dramma di questo popolo. Nel ’97 ho avuto il finanziamento ministeriale, ma ho atteso due anni prima di iniziare le riprese, perché non ero convinto che la storia si dovesse svolgere solo tra le montagne dell’Abruzzo. Così insieme a Varo Venturi, che nel film interpreta un malavitoso russo, abbiamo di nuovo lavorato sulla sceneggiatura per renderla più vicina, più idonea alle tematiche contemporanee. Abbiamo così scritto la parte metropolitana.
Perché uno scenario dell’Abruzzo?
Il film è anche ispirato dalla testimonianza, dalla memoria di un anziano abruzzese. Sono nato infatti in un piccolo paesino del Gran Sasso, Macchia Vomano, non più di venti case e abitato solo da due persone. E’ in quei posti che ho conosciuto il cosiddetto “pazzo del villaggio” che aveva partecipato all’invasione dell’Albania.
Perché ha affidato a un attore non italiano il ruolo di Giorgio, il protagonista?
Anche la scelta di un attore straniero rappresenta in fondo un gesto di solidarietà verso quella gente. Un modo per ribadire che non esistono gli albanesi, o chi per essi, “brutti, sporchi e cattivi”.
Ma non ha scelto un attore albanese, bensì turco come Mehemet Gunsur.
All’inizio ho cercato un volto albanese, tant’è che sono andato a Tirana a fare dei provini, poi finalmente ho trovato un giovane sempre albanese qui in Italia, ma dopo le prime battute ho avvertito una sua fragilità. E’ così che è maturata la decisione di affidare la parte a Mehemet Gunsur che avevo apprezzato in Il bagno turco di Ferzan Ozpetek. Una scelta giusta per la figura di un immigrato, che non ha l’animo del delinquente e viene travolto dagli eventi.
Un filmato dell’Istituto Luce sull’invasione italiana dell’Albania negli anni del fascismo, mette la parola fine alla tragedia di questo immigrato. Come mai?
Gli albanesi arrivano da noi perché c’è alle loro spalle una storia. Sentono l’Italia un po’ come fosse l’America, un luogo dove i sogni si possono realizzare. Ho messo queste immagini d’epoca alla fine, ma in fondo rappresentano l’inizio del film.
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