‘Emilia Pérez’, un’Opera musicale thriller con Zoe Saldaña e Karla Sofía Gascón

Il film di Jacques Audiard, protagonista anche Selena Gomez, ammalia, conturba, seduce: in Concorso un melodramma delicato e avvincente, alla ricerca dell’identità, con il mélange dei generi e la tensione dell’imponderabile in crescendo


CANNES – Emilia Pérez ammalia, conturba, seduce. È originale, mette tanta carne al fuoco, ha personalità decisa il film di Jacques Audiard, in Concorso.

L’ identità cinematografica – poi tema centrale del thriller romantico – si tesse e esplode con un parallelismo di piani contestuali, che sono le interpretazioni di Zoe Saldaña, Selena Gomez e Karla Sofía Gascón (attrice spagnola che ha compiuto la transizione di genere nel 2018): magnetiche, una più dell’altra; c’è un sapiente mélange di generi, infatti l’autore francese non ha paura di misurarsi con il musical (con Clément Ducol, compositore e Damien Jalet, coreografo) che prende per mano poderosamente il thriller, senza tralasciare il melodramma romantico.

Il musical riflette i pensieri interiori, il musical diventa dialogo, il musical non è intrattenimento fine a se stesso, ma proprio parte necessaria di questa storia, una “storia di amore” – come viene cantato nelle prime sequenze -, una storia di violenza e di innocenza, di compassione: Rita Mora Castro (Zoe Saldaña) è un’avvocata trentenne che vive e lavora a Città del Messico, una vita immolata alla professione, non senza il rammarico di non riuscire ad avere il tempo per un’esistenza più personale; non nasconde vorrebbe poter diventare mamma, ma… il mestiere incalza, e incalza febbrile quando viene rapita per essere assoldata dal signor Del Monte, figuro di spicco di un cartello della droga sintetica.

Audiard ha scelto il Messico perché “c’è una cronaca locale che racconta la brutalità di certi femminicidi e una discutibile democrazia, elementi che servivano per una storia musicale che raccontava una tragedia. Non è stato un film di documentazione ma è una lettura del mondo messicano, della musica, in cui l’immaginazione ha permesso di far sentire l’essenza delle cose. Le tematiche mi sembravano possibili per fare un’Opera, ho voluto fare un’Opera”.

“Per Rita mi sono abbandonata alla musica, alla coreografia; ogni giorno serviva per assorbire il mondo di Jacques, per comprendere la verità del personaggio. La cultura messicana ha un forte senso della famiglia, ma è anche una cultura piena di ingiustizia e corruzione; porto rispetto e ammirazione per questa cultura, e qui la libertà creativa ha permesso di celebrarne la bellezza”, commenta l’attrice americana.

Nella vicenda, Del Monte promette all’avvocatessa la ricchezza a patto che lei si renda completamente disponibile a trovare nel mondo un medico altamente competente che, nella più assoluta riservatezza, gli permetta di esaudire il suo più grande e profondo desiderio, quello che nutre sin dall’infanzia, senza dubbio alcuno: rendere realtà la propria identità. Del Monte è un uomo virile, in cui il machismo è sfacciato, la violenza del suo mestiere non è discreta sul suo volto, eppure… lui non è quello che si vede, lui sa e vuole cambiare corpo, lui è femmina. Nel giro del globo da Bangkok a Tel Aviv, alla ricerca del chirurgo perfetto, c’è un intenso e commovente dialogo in musica tra Rita e il dottore che poi opererà Del Monte, in cui viene espressa quella che si rivela la chiave umana del film, perché cambiare corpo significa cambiare anima e cambiare anima significa cambiare la società, e infatti anche questo sarà il cambiamento che metterà in opera Emilia Pérez.

Del Monte, però, non è solo, è sposato con Jessi (Selena Gomez) e ha due bambini, ma per quanto l’amore sia immenso, il desiderio di sentire di essere “un’altra cosa” lo supera: garantendo un’esistenza lussuosa in Svizzera alla sua famiglia, lui sparisce, senza dare spiegazioni, e così il narcos diventa la signora Pérez.

“La trasformazione è qualcosa che conosco e che Jacques ha voluto raccontare, manifestando una meravigliosa umanità già dalla fase di casting, lui mi ha chiesto l’umanità di Emilia: incarnare questo personaggio è stata l’occasione di una carriera. Lui mi ha portato davvero, in certe scene, a farmi chiedere chi fossi (dice l’attrice, riferendosi alla duplicità del suo personaggio). Per me è stato più duro uscire dal personaggio che entrare, un personaggio di un’umanità incredibile”, spiega Gascón.

Con la riuscita transizione di Emilia, Rita ha portato a termine la sua missione, sì, ma così non è. 4 anni più tardi, a Londra, un incontro apparentemente casuale: durante una cena, due donne messicane si riconoscono prossime per l’accento comune, e cominciano a chiacchierare; solo dopo qualche istante l’avvocatessa riconosce Emilia, si stupisce, si perplime, perché ritorna nella sua vita? “Non dirmi che sei qui per casualità”, ripete un ritornello musicale. E infatti no, non c’è casualità in quell’incontro: Emilia ha cercato Rita perché vuole ancora il suo aiuto: il desiderio intimo è stato esaudito, sì, ma il cuore è gonfio di malinconia per i suoi bambini, così le chiede – trovando una scusa credibile che non necessiti troppe spiegazioni – di riportare loro e la mamma in Messico. Rita compie anche questa missione, Emilia ha il cuore che le scoppia, e intanto Jessi frequenta un tale  Gustavo.

La trasformazione di Emilia, nel frattempo, oltre che nella sua estetica palese, e nella propria interiorità, s’è anche applicata alla vita quotidiana, con la fondazione de “La lucecita”, associazione per il sostegno degli ultimi, dai desaparecidos del narcotraffico in là. E Rita, in tutto questo processo di trasformazione, se dapprima era stata uno strumento formale necessario a Del Monte, adesso è “come una sorella” per Emilia, accanto a cui affronta tutte le sue battaglie per gli altri, perché – ricordando quel dialogo col medico israeliano – cambiare corpo ha davvero significato cambiare anima e quindi cambiare la società.

Uno strambo ma gioioso idillio sembra, dunque, tenere in equilibrio le vite di Emilia, Rita e Jessi, finché lei non annuncia: “mi sposo”. Il mondo crolla dentro Pérez, che non può immaginare la sua esistenza lontana dai bambini: da qui un’escalation thriller che coinvolge tutte le donne di Audiard, tra passione, terra, pistole, sangue, rapimenti e confessioni… “perdonami” ripete Emilia a Jessica – sussurrando un cantato -, ma il vulcano degli eventi ormai ha preso vita, l’eruzione potrebbe interrompersi, forse sì, ma l’esplosione assoluta è predisposta per il suo ultimo “spettacolo”.

Audiard – pur rischiando nel mettere nella pentola della trama parecchi ingredienti – non sbaglia un fattore, dosa tutto con audacia e equilibrio, non teme di imprimere una personalità al film – per fortuna! -, non si omologa e non scade nella retorica (per esempio della tematica della transizione). È un’orchestra Emilia Pérez, in cui tutti gli strumenti sono accordati e suonano all’unisono una melodia tanto soave quanto volitiva e passionaria.

“Il poter rappresentare tutte le persone trans per me è un messaggio. Tutt’intorno a me ho sentito una bellezza sincera, che mi supporta nella battaglia quotidiana. Percepisco si stia affermando un senso di maggior normalità rispetto al nostro corpo, che è qualcosa da rispettare e conservare: una persona trans è una persona che vive una transizione che ha voluto, ma il messaggio più importante è l’affermazione della femminilità in un mondo molto violento, l’affermazione della forza femminile nel mondo. Il film di Jacques permette la visibilità dell’umanità delle persone, senza etichette”, conclude Karla Sofía Gascón.

In questo momento (al giro di boa del periodo festivaliero), il film di Audiard è certamente quello che spicca, quello che tra le prime proiezioni stampa e la premiere ufficiale ha ricevuto caldi applausi a scena aperta ancora quando in sala le luci erano spente. Vedremo il divenire.

 

 

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