Midge non si è mai sentita in controllo della sua vita. Subito dopo il college, si è sposata, ha avuto dei figli, ha provato a sostenere, e ci ha provato davvero, suo marito e il suo sogno di diventare un comico. Lo seguiva, lo aiutava con i suoi pezzi; gli dava dritte su come dire le sue battute e su cosa, invece, frenare. Quando lui ha avuto la sua possibilità e ha fallito, ha deciso di lasciarla per la segretaria con cui aveva una relazione clandestina. E a quel punto Midge ha visto il mondo crollarle addosso: tutte quelle promesse, premesse; tutto quell’impegno e quella solidarietà, quella pazienza e quella voglia di aiutare l’altro buttati via così, da un giorno all’altro.
Si è ubriacata e si è lasciata andare: è salita sul palco e ha trovato nella comicità il linguaggio ideale per affrontare la sua vita, per dare voce ai suoi pensieri e per ribaltare la sua condizione come un calzino. Si è vista dall’esterno, padrona finalmente di sé stessa, e si è giudicata. Non ha permesso agli altri di farlo. No, per carità. È stata lei per prima a infilarsi nella confusione di luoghi comuni e dei pregiudizi, a scherzare, rilanciare, a parlare del suo corpo e della sua quotidianità.
Ha trovato in Susie un’amica e una manager; ha capito, piano piano e non senza difficoltà, di poter scegliere per sé stessa. Di più: di poter decidere chi essere senza dover aspettare l’autorizzazione di nessuno. Né del suo ex-marito né dei suoi genitori. Ha fatto della sua incredibile organizzazione un punto di forza, ha saputo come ritagliarsi il suo spazio, affermare la propria indipendenza e sottolineare l’assurdità di certe situazioni in cui, solo perché donna, veniva limitata, messa in un angolo o sottovalutata.
Si è fatta notare per il suo talento e per la sua ironia. Ha costruito una sua lingua – che è differente, attenzione, dal linguaggio – ed è diventata un simbolo di un femminismo più chiaro e meno definitivo e di una comicità illuminata, moderna, in cui chi va in scena non è immune dalle critiche o dalle prese in giro. Midge, dopo la fine del suo matrimonio, è rinata. E probabilmente è stata la cosa migliore che le potesse succedere, perché le ha dato modo di vedere tutto – la sua vita, la sua posizione, i suoi desideri – da una prospettiva diversa, più sincera e meno mediata.
Ama i bei vestiti e ha buon gusto, Midge. Ed è arguta, intelligente, sempre pronta a dare una mano agli altri – anche a chi, paradossalmente, non conosce. È fantastica, proprio come recita il titolo della serie tv creata da Amy Sherman-Palladino, ma è soprattutto vera, fallibile e occasionalmente egoista. È umana, ecco. E mettere in scena l’umanità, in una storia come questa, ambientata negli Stati Uniti del secolo scorso, prima del boom economico e subito dopo la seconda guerra mondiale, ha un che di rivoluzionario. Perché non significa limitarsi ad affrontare frontalmente qualunquismi e superficialità; significa dissezionarli, distruggerli, sradicarli con una calma feroce e calcolata.
Rachel Brosnahan è perfetta per il ruolo di Midge. Sa stare sul palco, tenere la scena e recitare – senza mai essere piatta o prevedibile – le battute che deve dire, compresi i monologhi di stand-up comedy. È dinamica, svelta, carismatica. E siccome la comicità nasce innanzitutto dal fisico, inteso come strumento e amplificatore, Brosnahan usa tutto quello che ha: gli occhi, le braccia, il sorriso, i fianchi e le spalle. Il modo in cui aggrotta la fronte o inarca le sopracciglia sembra un invito a stare attenti: sottolinea le pause e diventa quasi una punteggiatura – virgola, due punti e punto e virgola – per la sua interpretazione. Ed è divertente. Veramente e straordinariamente divertente.
Senza di lei, non ci sarebbe nessuna Midge. E senza Midge, forse, Brosnhan non avrebbe avuto la possibilità di esprimersi così, di sperimentare, di fare tutto e il contrario di tutto. Essere cornice e quadro, traghetto e traghettatrice. Una maschera per Sherman-Palladino e un punto di riferimento per il pubblico – tutto, nessuno escluso: quando una serie è bella, è bella per tutti; la qualità è universale, e non ci sono etichette capaci di frenarla o di tenerla a bada. Proprio come non ci sono barriere che, nel corso delle varie stagioni, sono riuscite a incatenare Midge in un posto, dicendole cosa fare e chi essere. Questa è la sua vita, ed è una vita da protagonista.
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