Elio Germano: adesso gioco per vincere


Elio Germano. Quello che sembra un ragazzino. Quello che quando recita, ti spaventa da come è intenso, da come è vero. Eppure continuano a dirgli che è l’erede di Scamarcio. E lui volta le spalle e se ne va. In Mio fratello è figlio unico di Daniele Luchetti era Accio, fascista per caso, onesto incazzato innamorato frustrato, dimenticato, che sarebbe piaciuto a Rino Gaetano. In Romanzo criminale era uno dei talenti in rampa di lancio, nella squadra allenata da mister Michele Placido. Adesso, è il protagonista di Nessuna qualità agli eroi, primo film italiano in concorso, regia di Paolo Franchi. Ed è stato premiato come attore rivelazione dell’anno dal sindacato dei giornalisti cinematografici, con il premio intitolato a Guglielmo Biraghi, giornalista e gentiluomo, direttore della Mostra del cinema nell’ultimo scorcio degli anni ’80: fu lui a scoprire il talento cristallino di Krzystzof Kieslowski.

Quando lo incontriamo, ha appena litigato con un giornalista televisivo. Perché qui al Lido le domande sono tutte sulla scena del film di Paolo Franchi in cui si vede, nudo, con un’erezione. “Ma basta! Ma sono domande queste?”. Germano non lo manda a dire. Adesso, tutto arrampicato come una ranocchia su un muretto della terrazza, è diffidente. Poi si rivela inaspettatamente dolce. Il film con cui si presenta a Venezia non è un film facile: e proprio oggi sono arrivate alcune recensioni non tenere. Nelle quali però la sua interpretazione si salva su tutto. “Mi piaceva – dice – tentare una strada che il cinema italiano non percorre. Un film non realistico, ma simbolico. Con una sua forza visionaria. Un film difficile, certo. Duro. Ma non si possono fare le cose solo per compiacere il gusto che già esiste”.

“Cercare il personaggio ha rappresentato un percorso tutto emotivo. Dare fuoco ai corti circuiti che si producevano in me, leggendo la sceneggiatura. Ma non è stato mai un percorso intellettivo. Io i personaggi li vivo, con la pelle. Non ci ragiono più di tanto. E’ stato un percorso di sofferenza, anche personale. I risultati del film? A me di un viaggio piace sempre più la strada che non l’arrivo”.

Gli altri viaggi che ha intrapreso sono quelli con Paolo Virzì, con la biografia di Marco Baldini, con Daniele Vicari. Cominciamo da Virzì. “Paolo è uno che sa fotografare la società come nessuno. Interpreto un personaggio buffo, quasi una maschera da Commedia dell’Arte. Lavoro al call center e mi sono tatuato addosso il numero uno. Perché sono ossessionato dalla vittoria nella vita”.

Il film su Marco Baldini, Il mattino ha l’oro in bocca di Francesco Patierno sarà “un film che non dà giudizi. Sappiamo la storia: Marco Baldini, il partner di Fiorello alla radio, che si rovina, giocando anche quattro miliardi in una sola sera. Ma noi non divideremo il mondo in chi gioca e chi non gioca. Della vita di Marco, di quel suo periodo, mi affascina la sua urgenza di succhiare la vita, il momento, di vivere l’istante”.

Infine, il film di Daniele Vicari, Il passato è una terra straniera, dal romanzo di Gianrico Carofiglio. “Mi piaceva fare un personaggio un po’ schizofrenico: un giudice, uno che fa del giudizio morale la sua arma, ma che poi prova piacere barando”.

01 Settembre 2007

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