Patierno: “Abatantuono, grandissimo attore assimilabile a Gassman e Tognazzi”

L’intervista con il regista di 'Improvvisamente a Natale mi sposo', secondo capitolo, non sequel, della vicenda natalizia con protagonista l’attore milanese, qui in coppia con Carol Alt: Evento Speciale al Festival di Lecce, dal 6 dicembre al cinema


LECCE – Dopo che il Natale l’anno scorso ha fatto capolino all’improvviso, altrettanto alla spicciolata, quest’anno, è il momento di sposarsi per Lorenzo (Diego Abatantuono), che proprio in occasione della festività, riunito con la famiglia (in primis la figlia Alberta, Violante Placido), annuncia di voler convolare a nozze: lo stupore sopraggiunge e, se possibile raddoppia, quando lui presenta Serena (Carol Alt), la futura sposa.

È proprio Alberta a non accettare l’annuncio, convinta che Serena, donna dal passato misterioso, sia alla ricerca di una dote, più che dell’amore. La sorpresa, concetto proprio del Natale, si fa situazione e si moltiplica, al passo con l’ironia e con lo spasso del tono della commedia, rivelando e  sorprendendo nel susseguirsi di una pesata dose di colpi di scena.

Francesco Patierno con Improvvisamente a Natale mi sposoEvento Speciale in anteprima assoluta al Festival del Cinema Europeo di Lecce (il giorno 16 novembre) – torna alla regia del secondo capitolo, non sequel, della vicenda natalizia con protagonista Abatantuono , già interprete di Improvvisamente a Natale.

Francesco, questo capitolo era già stato pensato a priori, proprio come parte di un progetto multiplo, oppure nasce dopo l’uscita del primo film?
Non nasce prima, e ricordo ancora quando – per gioco – ho immaginato questo film: mentre facevamo la lettura di Improvvisamente a Natale mi venne da pensare che se avessi semmai dovuto fare un seguito questo sarebbe stato un ottimo spunto. Il produttore in realtà ha deciso di fare un… altro film, perché non è esattamente un sequel: questo film fu deciso alla fine delle riprese del primo, perché aveva visto una parte del montato, ed era molto, molto contento, e forse lì aveva previsto che il film sarebbe andato bene; doveva uscire in sala ma Amazon fece un’offerta importante, e il produttore decise di darlo a loro, permettendo numeri veramente importanti: per una settimana è stato il prodotto -tra film e serie – più visto, per un mese il film più visto in assoluto. I riscontri sono stati veramente eccellenti. Improvvisamente a Natale mi sposo è un film che mantiene un mood simile al precedente, l’ambientazione è la stessa, come parte degli attori, con new entry importanti come Elio e Carol Alt, però la storia può essere tranquillamente vista in autonomia dall’altra.

Il ritorno sul set con Abatantuono com’è stato? Come avete lavorato sul personaggio, che resta sempre se stesso, ma in questa storia è motore della vicenda?
Con Diego è il quarto film che faccio e ciascuno è stato diverso, come modo di lavorare, perché ci conosciamo sempre meglio e io, da regista, considerandolo un grandissimo attore, uno degli unici assimilabili a Vittorio Gassman o Ugo Tognazzi, è chiaro che cerchi sempre di tirar fuori il massimo. È un lavoro meticoloso, reciprocamente faticoso, perché Diego è molto attento agli stimoli, per la sua enorme esperienza, per cui ci tiene a far bene e sa che quello che voglio da lui ha un suo perché; in questo film abbiamo trovato una velocità di crociera ideale: abbiamo capito cosa fare reciprocamente per ottenere il massimo. Sia a me che a lui piace non ripetersi, e poi ho scoperto una cosa bella, anche sua propria: tenere alla verosimiglianza, è molto attento a non mettere in scena cose finte; io ne sono ossessionato, perché per me personalmente il confronto col film industriale è salutare, se non stessi facendo queste esperienze anche Svegliami a mezzanotte non sarebbe venuto così… Io che sono nato con film o documentari complessi, sofisticati, ho sentito dentro una voglia di confrontarmi col grande pubblico, ma questo non lo puoi fare in maniera programmatica, ma sul serio, quindi confrontarmi – senza tradirmi – per me è importante per capire alcune cose che regolano la composizione del film e man mano succede così sempre di più. Questi ultimi due film sono un grandissimo passo avanti che io ho fatto in questa direzione, ancora in corso.

Carol Alt: com’è ricaduta la scelta su di lei e com’è stato il lavoro di costruzione della coppia?
Ho fatto dei provini, all’inizio c’erano una decina di attrici, poi col produttore abbiamo fatto una scrematura: quando è venuto un po’ il guizzo su Carol Alt ho sentito potesse essere una bella idea ma volevo verificarla sul campo, per cui ho avuto un primo contatto a distanza su FaceTime, con sensazioni molto positive; ho trovato una persona con una grande voglia di tornare a recitare su una cosa seria, su una sceneggiatura piena, e lei – molto umilmente – mi ha detto che il film le piaceva tantissimo, ma ha chiesto di avere una settimana per capire se fosse in grado di farlo, essendo circa quattro anni che non parlava italiano. Poi ci siamo rivisti e era preoccupata, ma pronta. Io l’ho scelta convinto al 100%, ma quando ho cominciato a lavorare con lei ho avuto un’enorme sorpresa: è venuta preparatissima e preparatissima come sa essere un’attrice americana, cioè con una preparazione anche emotiva, incredibile. E poi ho fatto bingo quando li ho visti per la prima volta insieme, con Diego: perfetti. Io cercavo qualcuno che non solo si prestasse a un’ambiguità, allegra e spesso su di giri, ma… l’essere davvero americana mi aiutava moltissimo con il gioco della lingua, dell’italiano recitato da un’americana. Lei ha fatto un grosso sforzo ma ha anche rivelato di essere un’ottima attrice.

Per lei, da regista, ci sono continuità col primo film a cui non ha voluto rinunciare e/o aspetti cercati per dare un tocco di novità?
Volevo assolutamente lo stesso direttore della fotografia, Mike Stern, con cui mi ero già trovato benissimo, che lavora molto anche con Hollywood: siamo molto simili di carattere, molto tranquilli, ci capiamo, abbiamo una stessa idea di cinema, e mi piaceva il modo di comporre le luci della scuola americana, differente dalla nostra; un modo di illuminare che implica anche un altro modo di collocare le cineprese. C’è stata un’evoluzione? Sicuramente, perché mi sono concentrato molto sull’illuminazione complessiva della scena, che in qualche modo è parlante, mi spiego: non è solo il movimento di macchina che restituisce qualcosa, anche a livello emotivo, ma ci sono dei totali che possono durare tanto tempo e non annoiano, perché? Perché c’è una complessità: una scenografia che comunica con la fotografia, con i costumi, quindi mi sono sforzato di alzare l’asticella da questo punto di vista. Non mi piacciono le commedie con tantissimi stacchi, perché secondo me lo stacco è un po’ una droga, quindi ho usato molto il carrello, a fronte della stadycam che non mi piace affatto, e quindi c’è una macchina quasi sempre in movimento, ma lentissimo; una grossa attenzione è data alla scena, con azioni che non volevo fossero disturbate dai movimenti di macchina o dagli stacchi. Questo l’ho fatto studiando, non solo le grandi commedie americane che ancora insegnano, ma soprattutto quelle francesi recenti, da cui sono molto attratto e ammirato: in questo momento loro sono maestri della commedia d’autore.

Un elemento tipico del Natale, che voi usate in maniera coreografica col racconto, è la musica, qui ancora di Pino Donaggio: com’è stato il lavoro ‘a quattro mani’ tra storia e musica?
Le dirò, si tratta di ‘sei mani’, perché è entrato in maniera prepotente anche il montaggio: ho fatto diversi film documentari con Renata Salvatore al montaggio, con cui mi trovo benissimo; la montatrice lavora benissimo con la musica, in maniera non convenzionale: chiaramente questo è un film industriale e quindi l’uso della musica è differente, ma anche qui abbiamo alzato l’asticella perché rispetto al primo abbiamo cercato di non usare un tema ma una musica che, pur avendo un mood specifico, evolve continuamente; non ci sono troppe ripetizioni che possano dar noia e creare prevedibilità, quindi anche qui ho voluto osare un po’, per quel che è possibile fare in Italia con le commedie: è una battaglia che fai dall’interno. Pino è stato molto disponibile, è straordinario dal punto di vista caratteriale, anche se ha fatto 8 film con Brian De Palma non te lo fa pesare, anzi: mi è venuto molto incontro.

Con Improvvisamente a Natale mi sposo si conclude il progetto o potrebbe esserci un ulteriore capitolo?
Per quanto mi riguarda si conclude ma la mia voglia di confrontarmi con questo genere è altissima, tanto che ho in progetto altre cose, di natura diversa ma sempre dello stesso genere, sempre con Baccomo alla sceneggiatura, con cui mi trovo meravigliosamente bene, per arrivare a trovare l’equilibrio migliore con un tema importante che viene raccontato ma con il tono di una commedia anche sentimentale; con Baccomo siamo convinti che, tranne casi rarissimi, in un film non puoi ridere sempre, e quindi noi cerchiamo di lavorare sulle emozioni, e il pubblico lo capisce.

Nel cast anche Michele Foresta (Otto), Elio (sindaco), Nino Frassica (Don Michele), Valentina Filippeschi (Chiara), Primo Reggiani (Giacomo).

Il film esce al cinema dal 6 dicembre.

Nicole Bianchi
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