“Non avrai altro Dio all’infuori di te”, recita uno dei precetti chiave dello ‘ioismo’, neonata fede religiosa fondata dal novello santone Edoardo Leo, proprietario di un bed and breakfast alla ricerca di un escamotage legale per evadere le tasse in Io c’è di Alessandro Aronadio. Una commedia che gioca con i credi religiosi e che arriva nelle sale proprio il weekend di Pasqua, il 29 marzo, “una data d’uscita non del tutto casuale ma che vuol essere un richiamo ideale e scherzoso alla festività religiosa”, conferma la IIF che ha prodotto il film. “La vera sfida è stata riuscire a fare una commedia sulla religione”, sottolinea il regista che è consapevole di quanto possa essere delicato, in Italia, ridere di certi argomenti e che aveva già in qualche modo sfiorato il tema nel suo precedente Orecchie, presentato al Festival di Venezia e vincitore di numerosi riconoscimenti, nella scena in cui un prete benedice una macchia di muffa sul muro ritenuta un’apparizione della Madonna, ma lo fa, dice, solo per regalare alle credenti una vita migliore. “Nessuno vuole toccare il sacro, come se fosse un aspetto capace di fermare la società civile. Provare a ridere di qualcosa che ha delle regole così precise è un modo per capire cosa è sacro e cosa non lo è, indagare sul bisogno di credere nell’invisibile e sulla necessità umana di appartenere a un gruppo, qualcosa che restituisce un’identità e che è uno degli elementi comuni e portanti di una religione”. Da ateo proveniente da una famiglia molto religiosa, Aronadio si dice incuriosito dalla fede: “Credo che il fedele abbia qualcosa in più di me e che, in ogni caso, viva meglio. La religione è un antidoto al cinismo del caos, un atteggiamento che sta prendendo piede nella nostra società ma che ci sta portando in una direzione molto arida da un punto di vista umano”. Tra gli elementi della novella fede religiosa la centralità dell’uomo, del suo io e delle sue scelte, che diventano il fulcro assoluto dell’universo in un credo dai diversi echi moderni: “Lo ionismo ha elementi liberatori, sprona l’uomo a fare ciò che vuole, non ha comandamenti ma suggerimenti, non c’è Dio ma io, qualcosa che permette di avere una religione più a misura d’uomo e quindi più comoda e contemporanea nella nostra società del selfie”.
Un approccio laico e scherzoso ma comunque rispettoso nei confronti della religione, che non esprime giudizi ma cerca piuttosto di sollevare interrogativi sul confine tra credo e credulità, come sottolinea il protagonista Edoardo Leo che è anche tra gli sceneggiatori del film: “C’è un confine tra fedele e credulone, tra religione e cialtroneria, due cose totalmente differenti. Da una parte c’è il bisogno di credere, che va rispettato, dall’altra ci sono le derive di persone in difficoltà che arrivano ad aggrapparsi a qualsiasi cosa, per quanto assurda possa essere, come i viaggi disperati che alcuni malati americani fanno verso il Messico dove vanno a farsi depurare il fisico con purghe di bicarbonato o caffe”. Un film che ha richiesto lunghi tempi di scrittura proprio per la necessità di rimanere sul filo dell’irriverenza e del politically uncorrect, senza ridicolizzare nessuno. “E’ possibile che comunque qualcuno si senta toccato, perché a diversi livelli abbiamo trattato svariati argomenti urticanti, ma il nostro principio non è mai stato quello di irridere, ma piuttosto quello mettersi sullo stesso livello di chi crede e cercare di capirne le ragioni”, sottolinea Edoardo Leo che ci tiene, diplomaticamente, a precisare che nella religione populista messa in scena non ci sono riferimenti o paragoni con l’attualità politica, “ma solo un lavoro sugli aspetti spirituali dell’uomo”.
Nel cast oltre a Massimiliano Bruno, coatto in sedie a rotelle alla disperata ricerca di un miracolo, Margherita Buy, nei panni dell’irreprensibile sorella commercialista del protagonista, che aiuta il fratello nella sua missione verso l’assoluzione dalle tasse “perché in fondo c’è un po’ di cialtrone in ognuno di noi”, e Giuseppe Battiston, scrittore dalle alterne fortune che diventa l’ideologo perfetto di questo nuovo credo farlocco, cui aderisce con entusiasmo crescente, fino ad assumere una deriva inquietante: “Del personaggio mi ha incuriosito quel pizzico di crudeltà che ho letto tra le righe, un sentimento mai abbastanza esplorato al cinema. E’ stato meraviglioso per me fare un viaggio all’interno della porcheria umana e nella brama di alimentare il culto della personalità in maniera estrema, che mostra di cosa sono fatti i personaggi, tutta la loro miseria umana”.
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