Cinema, Storia & Società, Comencini: ‘Il tempo che ci vuole’ e il prezioso diritto a fallire

La regista incontra gli studenti e i docenti coinvolti nei Progetti Scuola ABC, che vedono la collaborazione di Cinecittà: "leggete Virginia Woolf"


“Tutti noi abbiamo un’ingiunzione completamente finta e bugiarda di riuscita perfetta, di ricchezza, di essere performanti con il proprio corpo, di avvicinarci a miti irraggiungibili, e voi ragazzi la vivete anche di più, sulla vostra pelle: mentre in realtà per riuscire davvero nella vita bisogna attraversare il fallimento, non bisogna averne paura”.

È questo il primo e il più forte messaggio che la regista Francesca Comencini rivolge alla platea gremita di studenti e docenti delle scuole superiori provenienti da tutto il Lazio per la proiezione mattutina del suo Il tempo che ci vuole, accolta da un lungo applauso che parte in sincrono con il primissimo titolo di coda.

Il film autobiografico, già acclamato a numerosi festival europei e oltreoceano, vede l’interpretazione straordinaria di Fabrizio Gifuni (nei panni di Luigi Comencini) e Romana Maggiora Vergano, che per la sua interpretazione di Francesca Comencini in età adolescente e adulta ha vinto il Premio Francesco Pasinetti per la Miglior Attrice a Venezia 81. Notevolissima anche la recitazione della piccola Anna Mangiocavallo, per la sua prima volta sul set nella parte di Comencini bambina. (leggi qui il nostro articolo sul film)

Come già per Hollywood Party alla Festa di Roma, Il tempo che ci vuole fa parte del Programma 2024/2025 di Cinema, Storia & Società nell’ambito dei Progetti Scuola ABC, che accompagna gli studenti e le studentesse delle Scuole Superiori di Roma e Lazio alla scoperta della settima arte, della serialità e più in generale di tutto il mondo dell’audiovisivo.

A fare gli onori di casa è la coordinatrice Giovanna Pugliese, vera anima del progetto: “A questo film teniamo in modo particolare – ci spiega – così come al prossimo in programma, Gloria! di Margherita Vicario. Perché Francesca Comencini affronta i temi dell’educazione sentimentale e del rapporto padre-figlia, per il grande focus che dedica a un grande maestro del cinema, ma soprattutto per questo grande sguardo di regia, che sempre di più le donne portano sul grande schermo”.  Il compito di intervistare la regista, invece, è ancora una volta affidato al critico cinematografico Fabio Ferzetti, l’altro volto che accompagna sin dall’inizio il progetto ABC.

Francesca Comencini sul set

 

“È un film che ho tenuto dentro molto tempo per due motivi”, continua Francesca Comencini: “il primo è perché volevo sentirmi abbastanza brava come regista, perché era un film difficile in quanto mi sarei misurata con una figura – quella di mio padre – della quale spesso nella vita non mi sono sentita all’altezza. Poi, dal lato più personale, perché c’è voluto tempo per elaborare un’adolescenza in cui mi sono imbattuta in una dipendenza da una sostanza, sono stata male, ho avuto difficoltà… e tutto questo per raccontarlo ci vuole una giusta distanza, ci vuole del tempo, perché è qualcosa che ti rimane addosso anche molti anni dopo, e mi sono sentita pronta a farlo solo ora”.

La regista poi si riferisce direttamente a una delle scene più drammatiche e toccanti del film, in cui Fabrizio Gifuni e Romana Maggiora Vergano sono uno di fronte all’altra, padre e figlia seduti a terra nel corridoio di casa, dopo che lui l’ha sorpresa in bagno a iniettarsi una dose di eroina.

“Per me è molto importante oggi incontrarvi – prosegue emozionata Comencini – anche se il film parla di una stagione che è quella in cui sono cresciuta io più di 40 anni fa, per voi lontanissima. Perché c’è qualcosa che davvero voglio provare a comunicare a voi, che siete i ragazzi di oggi, qualcosa che è partita proprio ritrovando quella lettera di mio padre scritta a mano a un suo amico di Milano, che Gifuni racconta alla figlia in quella situazione delicatissima: ‘quando avevo la tua età’ – le dice – stavo montando il mio primo film e scrissi a un mio amico che il film non funzionava, che era un fallimento, che di tutti i mestieri legati al cinema che avevo tentato, l’unico in cui non sarei mai riuscito era quello del regista”. Ecco – Francesca Comencini sorride a Ferzetti e al pubblico – per questo vorrei che tutti i ragazzi di oggi leggessero quella lettera e ascoltassero quel che alla fine in quel corridoio lui dice alla figlia, sul tema del ‘diritto al fallimento’”.

Le domande dei ragazzi e delle ragazze sono particolarmente numerose e vanno a colpire molti tra i nodi principali del film. Tra le tante quella di una ragazza, che torna su un’altra scena molto drammatica con Francesca adolescente che, respirando l’onda di piena del femminismo negli anni ’70, si scontra verbalmente col padre, “anche a giusto titolo”, sottolinea Comencini.

“Il codice culturale di genere è come la neve – prosegue la regista – si respira nell’aria e ci tocca tutti, anche per un uomo molto illuminato e rispettoso delle donne come mio padre – che aveva ritratto sempre nei suoi film donne meravigliose – c’era qualcosa che se tu non eri più una bambina e uscivi dall’alveo familiare suscitava, in qualche suo modo pur ‘gentile’, un certo disprezzo. È un codice che si può superare solo collettivamente, se voi ragazze e ragazzi prendete voce. Perché questo gap di genere c’è ancora anche nel cinema, sembriamo tante noi registe donne, perché facciamo rumore, ma siamo pochissime. Pensate che questo film che parla di un rapporto così fondativo per tutte le figlie del mondo di ogni età, è uno dei rarissimi film sul rapporto padre-figlia, quasi mai fatti. Voglio dare un messaggio di speranza alle ragazze: che il cinema ha raccontato tutto solo e sempre da ‘un’ punto di vista, quindi l’altro manca tutto. Io ho fiducia in voi, il vostro racconto del mondo visto dall’altra parte è la cosa più preziosa che possiamo avere. C’è un libro importantissimo e molto divertente di Virginia Woolf, che si intitola Una stanza tutta per sé e svela la preziosissima forza che si può costruire proprio dall’essere esclusi, ‘outsider’: lo consiglio a tutti i ragazzi e le ragazze”.

 

I Progetti Scuola ABC sono promossi dalla Regione Lazio con Roma Capitale e sono tra le azioni strategiche della nuova programmazione FSE+ Lazio 2021-2027 della Regione Lazio. L’iniziativa è curata dal Progetto ABC Arte Bellezza e Cultura e realizzata da Zètema Progetto Cultura, in partenariato con Giornate degli Autori, Cinecittà e la Direzione Generale Cinema e audiovisivo del Ministero della Cultura.

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13 Novembre 2024

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