Chiaroscuro, un collettivo per i DOP italiani. Paolo Carnera: “Strumento essenziale per comunicare il nostro lavoro”

Fondato nel 2024, il Collettivo Chiaroscuro - CCS si propone come associazione e luogo d'incontro per direttori e direttrici della fotografia. L'intervista al presidente e dop Paolo Carnera


Mentre prosegue inarrestabile la trasformazione dell’audiovisivo e con esso le logiche produttive e di set che lo abitano, sempre più professionisti del settore sentono la necessità di unirsi, fare rete, trovare soluzioni efficaci per comunicare tra sé e raccontare all’esterno il proprio lavoro. Sono anni di mutazioni, che oltreoceano colgono la forma di importanti scioperi e profonde sindacalizzazioni. Da noi, c’è chi si unisce in collettivo, ripensando il proprio modo di porsi all’interno dell’Industria. Nasce così anche Collettivo Chiaroscuro – CCS, fondato nel 2024 e composto da 74 direttrici e direttori della fotografia. È un’associazione, ma anche un luogo di scambio di esperienze per i dop italiani, con una significativa presenza di giovani e una forte componente femminile.

Nei programmi, che saranno illustrati sabato 29 giugno presso Il Lanificio di Roma in un evento promosso dai membri del collettivo, un sito web come hub di incontro e scambio, eventi, masterclass, e perfino, all’orizzonte, un Festival con premio speciale ai dop. Ne abbiamo parlato con Paolo Carnera, tra i direttori della fotografia più noti e apprezzati in Italia e all’estero e presidente del Collettivo Chiaroscuro.

Paolo Carnera, come nasce il collettivo Chiaroscuro?

Chiaroscuro nasce per colmare un vuoto di comunicazione tra di noi direttori della fotografia e tra noi e i colleghi di altre categorie, come scenografi, costumisti, montatori, fonici, registi e sceneggiatori. Questo collettivo, oggi composto da 74 direttrici e direttori della fotografia, ha l’obiettivo di migliorare la comunicazione anche al di fuori delle lavorazioni per prepararsi meglio ai progetti futuri. Il sito web sarà uno strumento importante, aperto a tutti, per raccontare il nostro lavoro passato, presente e futuro, con uno sguardo anche alle collaborazioni internazionali, che sono sempre più frequenti.

Avete guardato a modelli di collettivo presenti anche fuori dall’Italia per prendere spunto nella creazione di Chiaroscuro?

Sì, certamente. Le grandi organizzazioni degli autori della fotografia, come quelle americana, inglese e francese, hanno strumenti di comunicazione molto forti. Ci siamo resi conto che in Italia erano più carenti, quindi ci stiamo attrezzando per avvicinarci al loro livello e per comunicare con loro.

Come hai visto cambiare la tua professione e i set in questi anni?

È cambiato molto. La velocità della lavorazione è aumentata e abbiamo dovuto attrezzarci per essere più veloci senza abbassare la qualità. Questo ha richiesto una preparazione migliore e più dettagliata. Il primo esempio per me è stato Romanzo Criminale, seguito da Gomorra, che ha viaggiato nel mondo. Questo tipo di produzione internazionale richiede che siamo pronti a confrontarci e collaborare a livello globale.

Qual è stata la reazione dei colleghi alla nascita del collettivo?

Le reazioni sono state positive. Sabato avremo più chiarezza, ma già siamo stati coinvolti nelle recenti manifestazioni per la situazione di stallo della produzione cinematografica. Inoltre, apriremo con un incontro con gli studenti delle scuole di cinema per trasferire la nostra esperienza ai più giovani e farli crescere più velocemente. Speriamo di avere presto giovanissimi direttori della fotografia pronti ad affrontare le sfide più difficili.

Tra i progetti futuri c’è anche la nascita di un festival, con un premio per i direttori della fotografia

Sì, è una delle idee in circolazione. Vorremmo guardare con interesse ai giovani e alle opere prime, trovando le modalità per farlo. Non ci interessa tanto dare un nuovo premio alla fotografia, in generale, ma far notare i giovani che entrano nel nostro mondo quando la qualità del loro lavoro è particolarmente alta, dando loro maggiori opportunità.

Da qualche anno poi si chiede di dare sempre più attenzione ai premi tecnici, riconoscendo il valore di chi produce il cinema al fianco di attori e registi

Credo che il cinema sia un’arte collettiva, creata dalla collaborazione di tanti. La bellezza del mio lavoro è assorbire la sensibilità dell’autore e combinarla con la mia per esprimere una fusione visiva. Dare consapevolezza dell’importanza creativa di tutte le professionalità tecnico-artistiche è fondamentale per aumentare la qualità del nostro lavoro.

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