TORINO – “Suonavo le canzoni di Rosa Balistreri con la chitarra a 12 anni. Furono le mie prime esibizioni. Ero colpita da questa voce impressionante, u vuciuni come si dice dalle mie parti. Era come sentire Janis Joplin o Aretha Franklin”. Così Carmen Consoli racconta il legame che la stringe alla grande cantautrice siciliana a cui è dedicato L’amore che ho, il film di Paolo Licata presentato Fuori Concorso al 42° Torino Film Festival. “Non l’ho mai conosciuta, ma mio padre diceva che spostava l’aria quando cantava. – aggiunge – Aveva una pressione sonora e una potenza impressionanti, una padronanza del canto inspiegabile se guardiamo alle sue origini e alle possibilità che ebbe”.
Il film ripercorre tutta la vita di Rosa Balistreri, dall’infanzia in povertà alla morte avvenuta a Palermo nel 1990. A interpretarla si alternano ben quattro attrici – Lucia Sardo, Donatella Finocchiaro, Anita Pomario e la piccola Martina Ziami – mentre Carmen Consoli ha curato le musiche originali del film oltre a recitare in una scena. “Io sono un po’ ingenua, perché faccio la cantante, la compositrice. Messa davanti a un’attrice che interpreta il ruolo di Rosa, non pensavo di essere suggestionata. – racconta Consoli – In quella scena, io e il chitarrista Massimo, per un momento, come i bambini, eravamo sul palco con Rosa. Ci siamo emozionati, la voce tremava. Era come vivere la sensazione di come poteva essere vivere un’esperienza del genere. Non so come questa magia si è creata. Ho cercato di prendere i tratti di tutte loro, vedevo queste scene per scrivere le musiche che ho composto e acquisivo dei loro modi. Lo rifarei. Mi è piaciuto vivere questo sogno nella realtà, è come quando da piccolo ti portano a Disneyland. Ti portano nella casa di Cenerentola e pensi di essere lì per davvero. Mi sono illusa. Nel mio ricordo c’è che ho suonato con Rosa”.
“Ho pensato che se fossi in lei, mi piacerebbe che qualcuno mettesse a disposizione il proprio talento, le proprie possibilità, per rendermi omaggio. – ha aggiunto riguardo al suo ruolo di compositrice per il film – E questo è quello che abbiamo fatto tutti. Le attrici hanno interpretato Rosa anche come cantante e questa è stata la sfida più grande, perché se non sei la Callas non ti puoi permettere di fare un’imitazione di Rosa. Non avrebbero mai potuto eguagliarla per la potenza della sua voce. Ma è una questione di intenzione: hanno dato la ‘calata’ di Rosa, come si dice in siciliano. Vediamo che quello che ci ha dato e come lo stiamo elaborando dentro di noi, questa è la vera eredità di un personaggio storico. Come la sua esistenza ci ha cambiato. Rosa è passata dentro di noi, l’abbiamo rimessa fuori, ognuno a modo suo, e un po’ ci ha cambiato. E questa cosa non mi ha fatto paura. Ho detto: io lo faccio con autenticità, come era lei”.
Il confronto con Rosa Balistreri diventa presto un modo per interrogarsi sulla condizione della cantautrice in senso lato e, soprattutto, nel mondo attuale: “Il motivo per cui amo Rosa è proprio la sua scrittura femminile. ‘Oggi con la vampa dell’amuri, scavo ‘na fossa allo doluri’. Era tutto l’amore che aveva che poteva seppellire: un modo femminile di vedere il mondo. Nel ’94 cercavo di analizzare questi tratti: la scrittura femminile è più frammentaria? Ciclica? Si analizzavano tutti gli aspetti, come il desiderio della donna verso l’uomo. Mi votu e mi rivotu inizialmente era scritta da una donna che desidera un uomo, in un secondo momento è stata cambiato e l’oggetto del desiderio è diventato un uomo. Nella versione originale era proprio un canto da mal maritata: mi giro e mi rigiro nel letto pensando a te. Erano quelle donne costrette a sposarsi con l’uomo che non amavano. A quei tempi mi dicevano: non vanno bene i testi che scrivi, te li devi fare scrivere da un autore, sono troppo frammentari, ci vuole un autore che dia un senso logico. Un senso logico che era una visione maschile. Almeno allora si sottolineava che c’era una visione diversa. Oggi siamo tornate alle donne interpreti, che cantano le canzoni scritte da qualcun altro. Però ci sono autrici che scrivono i testi”.
“Poi c’è l’intelligenza artificiale che ti impolpetta testo, musica e arrangiamento. – conclude la cantautrice – E tu hai la canzone bella e fatta, senza urgenza che viene dalla carne, ma da un numero binario. Si è totalmente anestetizzato il senso di prendere una decisione, Rosa non era così: sbagliato o giusto prendeva una scelta. Aveva una bussola. Se l’intelligenza artificiale diventa deficienza artificiale, toccherà fare una scelta etica. Quando non interviene l’intelligenza credo che ci sia una buona chance per l’essere umano di tornare a dire qualcosa. Io sento tanta musica bella, magari nel sottobosco, non nella grande distribuzione. Io credo che debba tornare tutto in mano all’essere umano. Dobbiamo domandarci cosa è umano e cosa non lo è. Purtroppo un pensiero troppo binario, digitale, ci disumanizza. Come diceva Rosa, bisogna tornare alla parte animale di ognuno di noi”.
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