Briguglia e il bambino di vetro

Unico italiano in concorso ad Alice nella città, l'opera prima di Federico Cruciani vede l'attore palermitano nel ruolo di un padre che nasconde molte verità al figlio di 10 anni


La famiglia nella sua accezione più ambigua e stratificata – luogo di protezione e di amore ma anche luogo di segreti crudeli e persino cellula criminale – è al centro dell’unico titolo italiano in concorso ad Alice nella città, Il bambino di vetro. Ispirato al romanzo Figlio di Vetro di Giacomo Cacciatore (Einaudi, 2007) racconta, come dice il regista, Federico Cruciani, qui alla sua opera prima, “un piccolo dramma che potrebbe diventare tragedia”. Giovanni è un bambino di 10 anni molto legato al padre che accompagna nei suoi giri per le consegne della pescheria. Però dietro quell’attività innocua si nasconde lo spaccio della droga. E dietro ancora una seconda vita di cui il piccolo prende gradualmente coscienza mentre assiste agli improvvisi scatti di disperazione della madre e alle liti tra i genitori.

Cruciani, già regista teatrale, racconta di aver voluto mantenere la sospensione e l’ambiguità della vicenda fino in fondo. “Oltre alla lettura del libro e a una foto della grande fotografa palermitana Letizia Battaglia che mi ha ispirato, il cuore della storia è stato l’incontro con un ragazzino che vive nelle zone border line di Palermo. La prima volta che l’ho visto si confrontava con un uomo adulto mettendosi sullo stesso piano. Vincenzo Ragusa è uno di quei bambini che trattengono ancora l’innocenza della loro età ma che rendono già visibile la precoce maturazione. Per me, una folgorazione. Il racconto si sviluppa attraverso il suo sguardo. Lo spettatore vedrà con i suoi occhi e si farà un’idea della realtà che viene rappresentata attraverso i suoi comportamenti e le sue reazioni. Quella che sembra infatti una storia di “famiglie criminali”, quindi di mafia, si scoprirà essere alla fine, con un totale ribaltamento di prospettiva, per il bambino e per chi guarda insieme a lui, una storia di famiglie naturali”.

Per il protagonista Paolo Briguglia, palermitano, interprete di film come Buongiorno, notte e Basilicata Coast to Coast, non è stato immediato parlare nel dialetto del film, un dialetto stretto e duro che connota una dimensione sociale e umana ben precisa, che richiederà probabilmente l’uso di sottotitoli. “Quella lingua si porta dentro uno stato d’animo e crea di per sé il personaggio”. E anche la violenza che si vede nel film non è esagerata: “C’è un documentario di Marco Bechis, Tutte le scuole del regno, che mostra benissimo questi ambienti palermitani e la loro durezza”, dice ancora l’attore che presto vedremo in La felicità è un sistema complesso di Gianni Zanasi, Lo scambio di Salvo Cuccia e Il figlio sospeso di Egidio Termine. 

Il produttore Paolo Spina di Revolver ha preso in carico il progetto dopo che altre quattro società avevano provato invano a realizzarlo, nonostante un fondo della Regione Sicilia. “Il bambino di vetro fa parte di quel cinema d’autore che oggi fatica a trovare asilo nella distribuzione in sala – dichiara Spina – perché il mercato è gestito da un’oligarchia”. Così, mentre sono in corso trattative con alcuni distributori indipendenti in Italia, c’è uno sforzo speciale sulle vendite all’estero, dove il film potrebbe inserirsi in una nicchia di mercato che ha premiato, ad esempio, un titolo come Salvo.

Molto soddisfatto Cruciani della collocazione in Alice nella città: “Anche perché il film omonimo di Wenders è tra i miei primi dieci preferiti della storia del cinema e ammetto di averlo rivisto prima di girare e di aver rubato anche un’inquadratura”. 

Inedita la Palermo invernale fotografata da Duccio Cimatti. Riconoscibile solo nella scena finale, da una terrazza che si affaccia su un panorama inusuale della città. 

20 Ottobre 2015

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