Bellocchio: perché ho scelto il romanzo di Gramellini

"Del libro 'Fai bei sogni' mi ha colpito il rapporto con la madre che rappresenta un passaggio obbligatorio nella nostra vita sia che la si ami in modo inconsolabile sia che la si butti in un burrone"


BARI. “Scatta la voglia di raccontare una storia, quando individuo qualcosa che, anche se non mi è accaduta o non ho vissuto, sento che mi può riguardare, che posso agganciare con la mia vita, per il mio modo di fare immagini ed esperienze sentimentali. Nel caso del libro di Massimo Gramellini mi colpiva il rapporto con la madre che rappresenta un passaggio direi obbligatorio nella nostra vita, sia che la si ami in modo inconsolabile  sia che la si butti in un burrone. Sono varianti sullo stesso tema”.

Marco Bellocchio non dice niente di più del suo nuovo film, Fai bei sogni, tratto dall’omonimo romanzo autobiografico del giornalista Gramellini sulla perdita della madre e sul segreto legato ad essa. Il film – interpretato da Valerio Mastandrea, Bérénice Bejo, Fabrizio Gifuni, Guido Caprino, Barbara Ronchi, Miriam Leone, Francesco Scianna, Emmanuelle Devos – è con La pazza gioia di Paolo Virzì e Le confessioni di Roberto Andò tra i possibili titoli italiani di Cannes 2016.

Bellocchio – a margine della master class con Claudia Cardinale su Marcello Mastroianni che interpretò il suo film Enrico IV (1984) – spiega anche il suo approccio al processo creativo. “Il cinema non ha più tanto bisogno dell’attualità, come avveniva negli anni ’70 con il cinema politico, di denuncia che affrontava scandali. Ora è la televisione a coprire tutto questo. Il cinema da una parte è meno popolare, più aristocratico, dall’altra ha non solo la libertà ma anche l’obbligo di andare in profondità partendo magari da un tema attuale. Ma l’attualità, che per me è quasi un fantasma, è qualcosa di meno aggressivo, meno impegnativo, meno obbligatorio”.
E il regista chiarisce meglio riprendendo due suoi precedenti film. “Posso partire nel caso di Buon giorno notte dal sequestro e dall’assassinio di Moro, peraltro avvenuto 25 anni prima, e poi però fare una mia versione, riconoscendomi l‘infedeltà dell’artista e non la verità dello storico. Anche nel caso di Vincere, il percorso di Mussolini e Ida Dalser ha una serie di ripartenze reali, di fatti descritti che corrispondevano a tanti episodi della vita del dittatore e della donna, o del figlio. Però poi tutto è stato rivoluzionato nella forma. Ed è quello che per me conta di più”.

Infine un ricordo di Marcello Mastroianni: “Come attore era molto sicuro di sé, ma come uomo in quel periodo di vita, aveva 60 anni, si sentiva lui stesso non dico al tramonto ma in una fase discendente rispetto al simbolo del latin lover, anche se ha avuto altre importanti avventure dopo. Fumatore più che accanito, nottambulo, c’erano sempre i giovani assistenti che fino a tardi gli facevano compagnia, non io che non me lo potevo permettere. Poi la mattina si presentava puntuale sul set”.

Bellocchio nella master class al Teatro Petruzzelli ha ricordato quanto Mastroianni ci tenesse in Enrico IV a interpretare il personaggio protagonista. “Per me era il protagonista perfetto: aveva l’età, l’esperienza, la maturità per interpretare un matto a modo suo. Sul set, poi, si comportò in modo impeccabile, sia professionalmente che umanamente. Non mi ha mai dato problemi, era tranquillo, signorile, educato. Solo, lo vedevo un po’ nervoso quando doveva recitare battute particolarmente lunghe, non c’era più abituato, non faceva teatro da moltissimi anni”.

05 Aprile 2016

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