Aurora Giovinazzo e l’occhio della tigre

Ad Alice nella città 2023, come proiezione speciale, passa 'The Cage – Nella Gabbia', il nuovo film di Massimiliano Zanin, che torna alla finzione dopo il documentario del 2021 Inferno Rosso: Joe D’Amato sulla via dell’eccesso.


Il film racconta la parabola sportiva e umana di Giulia (Aurora Giovinazzo) nel contesto di uno sport in particolare ascesa in Italia: l’MMA (Mixed Martial Arts). Dopo aver abbandonato l’attività agonistica a causa di un incidente durante un combattimento, Giulia si ricostruisce una vita lavorando in uno zoo con il fidanzato Alessandro (Brando Pacitto). La voglia di tornare sul ring, però, è troppo grande, e il rapporto con la sua nuova allenatrice Serena (Valeria Solarino) sarà decisivo per trovare nuove motivazioni.

Si tratta di una produzione Rodeo Drive, Wave Cinema, Fairway Film con Rai Cinema.

Giovinazzo, già ballerina, si è allenata 6 ore al giorno 6 giorni su 7, per due mesi: “E poi andavo a ballare, perché  – dice la giovane attrice – spalle dritte, petto e sedere in fuori… tutte cose che ho dovuto disimparare. Ho lavorato per contrasto, facevo tutto il contrario. Però se non altro imparavo presto le coreografie. Si tratta comunque di un balletto. Ogni lottatore attribuisce la propria tecnica a un animale e la mia era quella della tigre… la gabbia, la forza. Era tutto tematizzato. E proprio con delle tigri al guinzaglio ho avuto a che fare sul set… gli davo da mangiare, diciamo che non sono una che si tira indietro. E infatti mi sono innamorata della MMA e ho imparato molte cose, un’esperienza esplosiva. Anche il ballo può essere molto duro, ti togli le scarpe e non hai più i piedi, puoi ballare con il crociato lesionato, eccetera… è diverso ma la passione accomuna tutte le attività sportive. Ci muove il fatto di avere un obiettivo che viene portato avanti con sacrificio, forza e determinazione. E quando lo raggiungi è qualcosa di indescrivibile, la passione si può solo provare. Avere un obiettivo e portarlo avanti nonostante tutto e tutti. Sei poi trovi un’allenatrice che ti supporta e ti sopporta, per l’allievo è importantissimo”.

Dice invece il regista: “Tutto inizia dentro di me. Fin da piccolo ho provato emozioni forti di fronte alle donne che vincono nello sport, cosa che non provavo per gli uomini. Volevo anche fare un film che parlasse di gabbie, dentro le quali ci ritroviamo, oppure dentro le quali qualcuno ci chiude. L’MMA in questo senso è una rappresentazione plastica della mia idea”.

Solarino prosegue: “Serena la guida, nella gabbia e nella vita. E’ una guida spirituale, il racconto della liberazione viene anche da questo. Non ci rendiamo conto che non stiamo realmente facendo una scelta, ma lo facciamo perché lo hanno fatto genitori, compagni di classe, amici, e facciamo nella vita cose che non ci corrispondono. Serena porta Giulia fuori dalla gabbia soprattutto per farle seguire un destino. Anche io penso sia fondamentale il ruolo dell’allenatore, la cosa più bella che lo sport possa insegnare è il rispetto delle regole. All’interno del ring delimitano il perimetro. L’avversario non è un nemico. Lo devi battere ma per te è fondamentale, senza di lui non puoi metterti nemmeno in gioco. C’è un grande rispetto per il suo ruolo, quest’allenatrice la porta in un territorio pericoloso ma le fa superare i limiti. La convince a non lottare in piedi ma per terra, perché sa che questo le farà superare una paura importante”.

Pacitto commenta: “Alessandro è una vittima di sé stesso, nonché dell’archetipo che rappresenta. Tutto quello che fa rientra in una dinamica che rappresenta pure una gabbia metaforica, delle dinamiche amorose, o di famiglia, o di devozione nei confronti di una religione. E’ una situazione complessa che i personaggi si ritrovano a vivere ed è interessante e giusto pensare che questi schemi con forza e coraggio possano essere smembrati”.

“La violenza – dice ancora il regista – non è una questione di genere. Fa parte di tutti, uomini e donne. Ma il film parla di due tipi di violenza. Dentro la gabbia è regolamentata, chi ci sta dentro accetta il gioco. Fuori magari è una violenza meno fisica ma più serpeggiante, ed è quella di chi magari partendo da un presupposto positivo come può essere l’amore, prova a chiudere dentro una gabbia l’oggetto del proprio amore”.

Il film ha anche un apparato pop non indifferente: “Ci sono citazioni da Rocky a Toro Scatenato – commenta ancora l’autore – ma l’occhio della tigre viene scelto soprattutto per raccontare in maniera visiva o metaforica ciò che vive la protagonista. Si tratta soprattutto di una rappresentazione metaforica di quello che vivono i personaggi. Ho fatto delle scelte musicali, soprattutto per le parti sportive, dall’elettronica spinta ai momenti slow che creassero rarefazione e onirismo. Ci metto anche i flashback, mescolandoli con immagini di felini che lottano”.

“A volte le tigri fanno qualcosa di inaspettato – specifica Solarino – anche se possono fuggire tornano indietro, perché conoscono la gabbia e chi detiene le chiavi”.

Nel film anche il pugile Patrizio Oliva, che chiude la conferenza: “Le donne non perdono femminilità se combattono, mia moglie era una grande judoka e sul Tatami era come un maschio, ma poi uscendone poteva stare in minigonna e calze a rete e dimostrare tutta la sua bellezza. Quanto al lavoro, è il sogno la base di tutto, se non ce l’hai non superi la fatica e i dolori. Da bambino mi proclamavo davanti allo specchio campione olimpico e campione del mondo. Puoi avere anche un talento, ma se non è foraggiato da un sogno, non arrivi da nessuna parte”.

Andrea Guglielmino
24 Ottobre 2023

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