Ascanio Celestini: il cinema oltre le apparenze


Giffoni Valle Piana – Al festival di Giffoni Ascanio Celestini c’è già stato dieci anni fa per fare delle matinées, oggi ci ritorna per ritirare il premio Giffoni Film Festival e per incontrare i ragazzi della sezione Master Class. Personalità poliedrica, con all’attivo un percorso artistico del tutto originale che comprende teatro, cinema, televisione e libri, Celestini è un grande giocoliere della parola, usata da lui come strumento per raccontare e visualizzare storie di individui comuni e di marginalità.

 

“La parola – dice nell’incontro con la stampa – è semplicemente un segno che evoca l’immagine, questo vale per il teatro, per la televisione, per i libri. Il cinema però pone un problema in più che è quello di mostrare l’oggetto per quello che è. Se mostro una sedia al cinema si vede che è una sedia e per superare questo ostacolo di banalità bisogna esercitare l’immaginazione. La differenza tra un artista e un altro è tra chi riesce ad andare oltre ciò che mostra e chi no. Ce ne sono molti che non riescono ad andare oltre questo ostacolo e per quanto riguarda il cinema italiano, spesso ci si rifugia nella commedia per non fare sforzi immaginativi”.

 

Il cinema per lui è arrivato lentamente, come una sorta di evoluzione di ciò che aveva già creato artisticamente attarverso il teatro e l’editoria, come nel caso del suo esordio cinematografico, La pecora nera. “Al momento non ho un nuovo film in cantiere spiega . Non mi pongo rispetto al cinema e all’arte in generale in un processo industriale. Aspetto che le cose maturino.” Dei suoi progetti televisivi, dice di non sapere ancora nulla se la sua collaborazione con la Dandini nella trasmissione RAI Parla con me continuerà nella nuova stagione e descrive il mezzo televisivo come un grande coppa di macedonia.

 

“Noi non guardiamo la televisione, ma tanti frammenti di essa, per cui nella nostra immaginazione un ballerino della De Filippi viene affiancato ad un attore di un film di Bergman in onda in piena notte. Il rischio è che alla fine non riesci più a distinguere nulla. Quando lavoro in televisione, lo sforzo che faccio è quello di cercare di mantenere un mio stile riconoscibile, per tentare di non finire in quella macedonia dove non distingui più una pera da una mela”. E dei giovani e di quanto il suo linguaggio arrivi a loro, spiega che si fa molta confusione in genere quando si parla dei giovani. “Questi non sono una categoria uniforme. Oggi semmai ci sono gruppi di persone di età diverse, di estrazione culturale diversa ma in grado di battersi per uno stesso obiettivo, in una rivoluzione lenta che è molto positiva per il nostro paese a cui, politicamente manca una prospettiva. Quando vedo gruppi di giovani, tutti della stessa età, vestiti tutti nella stessa maniera, che usano tutti le stesse parole d’ordine, mi preoccupo. Lì vedo la tifoseria, non vedo il pensiero.”

19 Luglio 2011

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