Arnold Schwarzenegger: il ritorno dell’eroe


“I’ll be back!”. Tornerò. Quante volte glielo abbiamo sentito dire, più o meno scherzosamente, auto-scimmiottando una sua celebre battuta in Terminator (che in italiano fu tradotta come “aspetto fuori”)? Arnold Schwarzenegger è un uomo di parola. E se il suo tentativo in politica non è andato proprio liscio, alla ripresa “full time” della carriera d’attore trova ad accoglierlo una schiera di fan che lo aspettano a braccia aperte. Proprio via, c’è da dire, non se n’era mai andato. Nel 2003 si era prestato a un simpatico cameo ne Il tesoro dell’Amazzonia, che per protagonista aveva uno dei suoi potenziali eredi, Dwayne “The Rock” Johnson, che però, nonostante una onoratissima carriera, non è mai riuscito a raggiungere la sua popolarità. Poi si ricordano l’apparizione fittizia con una riproduzione in computer graphics del suo volto sul corpo di un culturista più giovane in Terminator Salvation, e le partecipazioni, estemporanea quella nel primo capitolo, più corposa quella nel secondo, nella serie I Mercenari. Oggi, dopo oltre 10 anni, ritorna con un’avventura “in solitaria” in The Last Stand – L’ultima sfida di Kim Jee-Woon, una sorta di western moderno in cui Schwarzy interpreta uno sceriffo di campagna costretto dagli eventi a confrontarsi con un pericolosissimo narcotrafficante. In uscita il 31 gennaio con Filmauro in 300 copie, il film è un action molto classico, con parecchie punte ironiche e forse anche leggermente sottotono, ma poco importa perché la linearità del contesto permette al protagonista – affiancato dal buffo Johnny Knoxville dei ‘Jackass’ e dalla sexy Jaimie Alexander – di spiccare maestosamente come è giusto che faccia lo storico detentore del titolo di Mister Universo. Quando parla è proprio come ce lo immaginiamo. Toni cordiali ma distaccati, marcato accento austriaco, decisione e forma impeccabile:

“Sono felice di essere di nuovo in Italia – dice – Ci sono tornato più e più volte nel corso della mia vita, per motivi agonistici, poi per presentare i film, poi perché qui ho amici. Oggi però ci torno nei panni dell’eroe d’azione e mi fa piacere sapere che la reazione al film è stata positiva”.

 

E’ d’accordo nel definire L’ultima sfida un moderno western?
Questa domanda andrebbe rivolta al regista, che è uno dei più grandi action-director dell’Asia, ed è sempre stato un fan dei western americani e anche di quelli italiani, come dimostra il suo precedente film Il buono, il matto, il cattivo… E’ un gran visionario, ha grinta, è intelligente, non ha paura ed è un ottimo collaboratore. Tornerei a lavorarci subito, se me lo chiedesse.

E’ più impegnativo il cinema o la politica?
In tutti e due i casi devi impegnarti molto ed essere molto appassionato in ciò che fai. Entrambe le cose richiedono un sacco di lavoro e dedizione, ma è chiaro che in politica si parla di affari molto più seri e c’è molto meno margine per gli errori. Devi fare milioni di cose allo stesso tempo, sei impegnato 24 ore al giorno e hai delle responsabilità molto più grandi. Dalle 7.00 di mattina alle 7.00 di sera ti siedi in ufficio e inizi a seguire riunioni, ogni ora una riunione diversa su un argomento diverso. Prima ti occupi dei senzatetto, poi arrivano i capi della polizia e parli di applicazione della legge, poi arrivano i direttori delle infrastrutture e via con una riunione su come rendere sicuri gli edifici dai terremoti, e poi i direttori delle carceri sul tema delle rivolte, e i miglioramenti nell’istruzione eccetera eccetera… Quel che posso dire è che questi dieci anni sono stati i più istruttivi della mia vita, se sei un tipo assetato di conoscenza e di informazioni è il miglior lavoro che puoi fare, si impara tantissimo. Però ora sono contento di essere di nuovo nello show-business, con questo action tradizionale e tipicamente ‘Schwarzenegger’, dove mi occupo invece di combattimenti, sparatorie, esplosioni, insomma, tutte le cose che faccio in questi casi…

Lei che maneggia tante armi per finta, cosa ne pensa della libera vendita in Usa e delle frequenti stragi che avvengono in America proprio a causa di ciò? Appoggia il presidente Obama nel tentativo di limitare la vendita d’armi?
E’ sempre importante distinguere tra l’intrattenimento e la realtà. Noi nel film facciamo tutto in maniera esagerata, le macchine corrono più veloci del normale, le pistole sparano più del previsto. C’è una scena molto divertente con una vecchietta che si sbarazza di un pericoloso criminale a colpi di armi da fuoco, ma è solo per ridere. Ma è chiaro che quando accadono tragedie come quelle a cui lei si riferisce, dobbiamo raccogliere la sfida e, come società, fare tutto ciò che è in nostro potere per ridurre al minimo questo genere di incidenti e la perdita di vite umane. Non si tratta solo di porre un limite alla vendita d’armi, sarebbe un errore pensare così. Il discorso abbraccia una sfera molto più ampia che comprende temi come la sanità mentale, la sicurezza nelle scuole, bisogna affrontare il tutto in una prospettiva globale. Lo dobbiamo alle vittime e ai loro familiari.

Chi sono i coraggiosi, al giorno d’oggi?
Si può essere eroe in molti modi. In politica i miei modelli sono gente come Reagan, Lincoln, Roosvelt, ma anche Nelson Mandela, che dopo 17 anni di carcere riempie i suoi discorsi di amore, perdono e integrazione, o Mihail Gorbaciov, che, cresciuto col sistema comunista, arrivato ai vertici si è reso conto che non funzionava e ha avuto il coraggio di impegnarsi per smantellarlo. Nello sport, Muhammad Alì, noto anche per la sua grande generosità. Ha fatto molto con le sue associazioni di beneficienza. E’ eroe chi vedendo un povero alla stazione gli allunga 100 dollari, è eroe chi opera interventi delicati al cuore, è eroe chi ha inventato i vaccini, è eroe chi elabora principi economici che poi permettono la creazione di nuovi posti di lavoro.

Però, al cinema, lei e Stallone non avete avuto veri eredi. Nessuno è diventato un’icona come voi…
Sa che le dico? E’ vero. Grazie per il complimento, dopotutto sono contento che sia andata a finire così!

25 Gennaio 2013

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