Alice Rohrwacher: “Col mio sguardo non cerco il consenso”

Emozionata e sorpresa, la regista italiana, che ha vinto il Grand Prix con la sua opera seconda: "Faccio film innanzitutto per me"


CANNES – E’ stata Sophia Loren a consegnare il Grand Prix ad Alice Rohrwacher in una notte piena di emozioni per il cinema italiano e proprio nell’anno dell’Oscar a La grande bellezza. E forse stavolta la gigantografia di Marcello che ci fa cenno sornione da dietro i suoi occhiali da sole ci ha portato fortuna. Il secondo premio (lo stesso vinto da Matteo Garrone con Reality) andato a Le meraviglie in pochi, a dire il vero, se l’aspettavano. Anzi, molti critici francesi avevano storto il naso di fronte a questo film misterioso e inafferrabile, difficile da catalogare, più di pancia che di testa. Invece la storia di Gelsomina e della sua strampalata famiglia di apicultori ha colpito al cuore Jane Campion (e non perché fosse diretto da una donna), ha fatto piangere il tostissimo Nicolas Winding Refn, ha conquistato per la sua bellezza e poesia Sofia Coppola.

Alice è salita sul palco con i suoi 32 anni, la faccia da bambina e la timidezza in cui resta qualcosa della vita contadina che ci ha raccontato nel film. Del resto è stata una serata di momenti buffi, con il telefonino di Timothy Spall che non smetteva di vibrare e le lacrime di Xavier Dolan, il ragazzo prodigio di questa edizione giustamente premiato insieme a Jean-Luc Godard, perché gli estremi (anagraficamente) si toccano nella libertà creativa. Anche Alice ha fatto un buffo discorso sulle api che hanno pizzicato mezza troupe, “ma non è male perché se ti pungono le api poi non ti vengono i reumatismi e allora speriamo che questo porti bene per il futuro”, ha detto, ringraziando papà, mamma e naturalmente la sorella Alba, complice di questa avventura.

Quando ha saputo di dover tornare a Cannes, cosa ha pensato?
Ero a casa, sul Lago di Bolsena, quando mi hanno chiamato: ero stupita e contenta. Per me questo festival è stata una sorpresa tutto il tempo: essere invitata in concorso, sapere di aver vinto un premio e poi capire che era proprio quel premio, il Grand Prix.

Un’emozione paragonabile alla sua prima volta alla Quinzaine con “Corpo celeste”?
Non sono cose paragonabili. Con Corpo celeste era la prima volta al festival e il mio primo film, quindi per me ed è stato molto forte, adesso sono un po’ più grande, ma ugualmente emozionata.

Cosa ha rappresentato per lei essere premiata da Sofia Loren?
È come mettere la testa dentro un pozzo e vedere riflessa nell’acqua la storia d’Italia e del cinema italiano.

Cosa crede che le porterà questo premio?
Mi porterà il fatto che devo continuare a fare questo lavoro, quindi una bella responsabilità. Mi sembra anche che sia un simbolo per tante persone, per la Tempesta di Carlo Cresto Dina, che ha prodotto solo tre film, e anche per tante nuove energie che ci sono in Italia e che a volte faticano a uscire dall’ombra.

Cosa significa per una giovane donna italiana vincere un premio così internazionale?
In questo momento è una gioia, domani vi dirò il resto.

Cosa pensa che sia piaciuto alla giuria?
Noi l’abbiamo fatto pensando di fare un film che potesse piacere a noi, non abbiamo cercato di fare un film che funzionasse ma qualcosa che ci interessasse rispetto allo stare al mondo, seguendo delle domande molto forti. Come ci ha sempre detto Baumi, Baumgartner, il produttore tedesco a cui il film è dedicato, che purtroppo non è qui perché è mancato, “prova a fare una cosa che piace a te”, e questo è lo spirito con cui abbiamo cercato di lavorare. Parlo al plurale non perché sono impazzita ma perché questo è un film plurale, collettivo.

Hai ringraziato il tuo papà. Quanto c’è di personale in questo film?
Non è la storia della mia famiglia, questo l’ho già detto tante volte, ma come in tutte le storie c’è tanto di personale e tanto di sconosciuto.

A chi vorresti dedicare il premio?
Alla mia famiglia che mi è stata molto vicina, a mia sorella, e poi alla famiglia più larga che abbiamo creato lavorando.

Cosa pensi della situazione politica italiana? Voterai domani?
Sì, però adesso facciamo politica non in maniera diretta. Se fossi capace di creare consenso, farei politica. Come avete visto il film non crea consenso. Tutti hanno detto, è bello, è brutto, non lo sappiamo… Un artista non parla di politica, un artista fa politica.

Per il prossimo film hai già qualche idea?
Tante, tante, ancora più politiche…

È vero che sua figlia Anita, che ha 7 anni e mezzo, è stata la prima a dire “la mamma vince”, quando ancora nessuno ci pensava?
È vero, ma lei è mia figlia.

Al pubblico ci pensa quando scrive i suoi film?
Ci penso sempre, ma il pubblico sono anche io e le persone che lavorano con me. Noi tutti siamo pubblico, quindi prima di tutto facciamo un film per noi. Io faccio questo mestiere per chi desidera vedere il mondo attraverso uno sguardo che a volte coincide col suo, a volte è diverso, a volte dà anche fastidio. Se ci fosse più esperienza e meno teoria anche la situazione del nostro paese sarebbe un po’ diversa. 

24 Maggio 2014

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