Ci sarà un motivo se i francesi, per indicare un bel seno, usano il termine ‘Lollo’. Con la morte di Gina Lollobrigida se ne va un’icona di bellezza a livello mondiale e grande protagonista del nostro cinema.
Era nata a Subiaco il 4 luglio del 1927, aveva quindi 95 anni compiuti. Generazioni di spettatori l’hanno conosciuta e amata come ‘La Bersagliera’, per la serie Pane amore e fantasia. Ha collezionato sette David di Donatello, due Nastri d’Argento nonché i titoli di grand’ufficiale della Repubblica italiana e cavaliere della Legion d’onore francese.
Luigia – questo il suo vero nome – volendo, in contrasto con l’immagine popolare che si è costruita addosso – è figlia di agiati borghesi (il padre è un facoltoso produttore di mobili), ma ridotti quasi alla povertà dai bombardamenti alleati sulla sua regione.
Trasferitasi nella Roma ancora occupata dai nazisti, la famiglia si arrabatta in ristrettezze economiche tanto che la giovane Gina si paga parte degli studi all’Istituto di Belle Arti vendendo disegni e caricature o comparendo in qualche fotoromanzo col nome d’arte di Diana Loris.
Ha occasione di farsi notare a qualche concorso di bellezza che la porta all’edizione 1947 di Miss Italia a Stresa, dove arriva seconda, ma conquista pubblico e giudici. A quelle finali dovette lasciare il passo solo a Lucia Bosè, sbaragliando invece rivali di tutto rispetto come Gianna Maria Canale, Silvana Mangano, Eleonora Rossi Drago.
Esordisce a teatro ad appena 17 anni e poi cerca fortuna come comparsa a Cinecittà, forte di una piccola notorietà nel mondo dei fotoromanzi. Contrariamente a quel che si pensa di lei, la più celebre «maggiorata» del cinema italiano insieme a Sophia Loren (di sette anni più giovane), Lollobrigida diventa famosa prima all’estero che in Italia ed è per molti decenni l’unica diva italiana (insieme ad Alida Valli) amata dai registi americani.
Se ne accorge presto Howard Hughes che nel 1950 la porta a Los Angeles con la promessa di un ricco contratto in esclusiva. Gina però capisce in fretta che quella gabbia dorata non fa per lei. Richiude in fretta le valigie, torna a Roma, subisce l’astio di Hughes che non la farà lavorare in America fino al 1956 e abbraccia il nuovo cinema italiano del neorealismo: lavora con Germi (La città si difende) e con Lizzani (Achtung banditi) ritagliandosi ruoli di vigorosa passionalità popolana in cui affina la recitazione da autodidatta, donandole marchi e sfumature speciali ed esclusive.
Il primo successo personale è però in Francia: Fanfan la Tulipe con Gerard Philipe nel 1952. Recita per Renè Clair, Alessandro Blasetti, Mario Monicelli e Steno, Mario Soldati e finalmente diventa diva in patria con il trionfale Pane amore e fantasia di Luigi Comencini (1953) – per il quale sarà poi anche una leggendaria Fata Turchina del Pinocchio televisivo – compreso un fortunato seguito sempre in coppia con Vittorio De Sica.
Il terzo episodio della serie (firmato da Dino Risi) segnerà invece l’inizio della rivalità – molto più presunta che reale, come spesso avviene, con Sophia Loren, che la sostituisce dopo che la ‘Lollo’ ha rifiutato la parte.
Gina coglie invece occasioni all’estero: lavora con John Huston e Robert Siodmak, recita con Burt Lancaster e Frank Sinatra, è Esmeralda in coppia con Anthony Quinn ne Il gobbo di Notre Dame, fiancheggia i grandi come Errol Flynn e Yul Brynner, si doppia in francese, canta (La donna più bella del mondo), e poi, quasi inaspettatamente, a inizio anni ’70 porta altrove la sua verve, diventando fotografa e artista, ritraendo VIP e politici – tra cui Fidel Castro – e infine anche scultrice, girando il mondo con le sue mostre.
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