Le persone non cambiano e nemmeno Dottor House

Tra i medical drama e le serie che parlano di medici e medicina, House continua a essere un unicum


Gregory House è un genio, e su questo non ci sono dubbi. Il suo approccio alla diagnostica è creativo. Non si ferma mai davanti ai sintomi. Prova sempre ad andare oltre, a dedurre, proprio come un detective, che cosa è successo a un paziente prima del suo arrivo in ospedale. Nell’ambiente medico è rispettato e, allo stesso tempo, odiato. Perché insieme al suo talento, House ha la capacità straordinaria di infastidire chiunque. Dai suoi sottoposti (che comunque, in una qualche misura, lo venerano) ai suoi amici (pochi, pochissimi: si contano sulle dita di una mano).

House ama la musica, suona diversi strumenti; nel suo studio sperimenta in continuazione, e studia. Studia tantissimo. È curioso come un bambino. Ed è convinto – almeno, è convinto per una parte importante della sua vita – che senza essere infelice e miserabile non riuscirebbe a ottenere gli stessi risultati nel suo lavoro. Perché, pensa, è questo quello che fa. Nella distanza con gli altri, può coltivare la sua unicità ed esprimerla al meglio. Lui legge le persone, intuisce i loro segreti senza scambiare nemmeno una parola con loro. Cerca di ridurre tutto, anche le cose più serie, alla dimensione del gioco. Se si sente sfidato, dà il meglio di sé. Se non ha nessun obiettivo, nessun risultato da raggiungere, si annoia.

Fa abuso di medicinali e droghe; il dolore che sente alla gamba, e che spesso, anzi, finisce inconsciamente per amplificare, è la sua bussola. Ciò che lo contraddistingue. Perché lui sa. Intimamente, profondamente, umanamente. Lui sa che cosa vuol dire soffrire, ed è questa sua consapevolezza a renderlo sé stesso. A tratti, anzi, migliore. Non crede in nulla e in nessuno. Riconosce, e rispetta, unicamente il talento. E attenzione: il talento, in questo caso, non va inteso semplicemente come capacità fuori dal comune, ma come meccanismo di affermazione personale. Chi ha talento, insomma, ha qualcosa di speciale, qualcosa che vale la pena di conoscere. Per replicarlo, magari. O comunque per capirlo.

In questo, House dimostra di essere più aperto e pronto di tanti suoi colleghi. È un medico, ma non lascia che a definirlo sia il camice – non lo indossa nemmeno, in realtà; e non lo fa principalmente per non essere fermato dai pazienti. Odia l’ambulatorio, odia i suoi orari; odia avere obblighi. Odia, più in generale, qualunque cosa non sia stata decisa da lui. Dice che le persone non cambiano, che nessuno è pronto a fare questo grande salto. E così si giustifica: io sono io, e non avrete altro da me. Fino alla fine, sembra incapace di provare emozioni complesse e di tenere a un’altra persona nello stesso modo in cui tiene a sé. Ha i suoi rituali e i suoi punti di riferimento. Lo studio, la casa, il pianoforte; le chitarre.

Il suo interesse è un interesse genuino, viscerale, che però non tiene conto né delle circostanze – l’ambiente, il momento; quello che gli succede intorno – né tantomeno dei singoli individui. È cinico, respingente, assurdo, perennemente arrabbiato, sarcastico, noioso, ripetitivo, brutale, carismatico. Viene picchiato, arrestato, licenziato e, in un’occasione, ferito da un colpo di pistola. Deride chiunque. Uomini, donne, bambini. Non ha nessuna pietà. Nemmeno per sé stesso. Soprattutto per sé stesso.

Hugh Laurie, che lo ha interpretato così brillantemente nel corso degli anni, è riuscito a dargli una presenza scenica incredibile. Non è un segreto per nessuno che una delle principali fonti di ispirazione di David Shore, il creatore della serie, sia stato lo Sherlock Holmes di Sir Arthur Conan Doyle (in un episodio, viene mostrata la patente di House e il suo indirizzo è, citiamo, “221B Baker Street”). Anche il metodo con cui House risolve, chiamiamoli così, i suoi casi è lo stesso. I dettagli contano, i dettagli sono tutto. E pure la messa in scena, con questi ambienti tipicamente americani, i campus, gli ospedali, le stanze fredde e quelle più calde, ricostruite nell’appartamento di House, contribuisce attivamente a restituire allo spettatore un’idea precisa del protagonista: ordinato nel suo disordine, sempre pronto a capire, imparare, studiare; estremamente sicuro di sé stesso e quasi incapace – sottolineiamo quasi – di ammettere i propri errori. Tra i medical drama e le serie che parlano di medici e medicina, House continua a essere un unicum. E il motivo, se è possibile ridurre tutto a un solo motivo, è che riprende la stessa formula narrativa di un altro genere. E cioè il poliziesco.

04 Maggio 2024

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