Il festival di Bolzano consegna a Yervant Gianikian il premio alla carriera. “Per me, che sono cresciuto a Merano, è una sorta di ritorno a casa”, ci dice l’artista 82enne. Sul palco, intervistato dal critico Paolo Mereghetti, sarà da solo, ma la compagna di lavoro e di vita Angela Ricci Lucchi, scomparsa nel 2018, è sempre accanto a lui e rivive nei Diari di Angela. Sta infatti per vedere la luce il terzo capitolo di questo grande progetto.
Gianikian, di padre armeno e madre italo-austriaca, con studi di Architettura a Venezia, ha trovato in Angela, nata a Lugo di Romagna, allieva in Austria di Oskar Kokoschka, una complice totale per un lavoro di ricerca che parte dal found footage per esplorare la storia del Novecento, con un metodo personalissimo e temi ricorrenti, come la guerra, il colonialismo, la barbarie. A partire dai “film profumati” degli anni ’70, i due si sono sempre mossi tra videoarte, performance e cinema trovando riconoscimenti dal Festival di Cannes al MoMA di New York. Nel 2015 hanno vinto il Leone d’Oro alla Biennale di Venezia per la loro partecipazione al Padiglione Armeno e il premio FIAF – International Federation of Film Archives. Così li descrive Paolo Mereghetti: “Dopo i lavori iniziali influenzati dall’arte concettuale, che ruotavano intorno all’idea di catalogazione, associazione – di oggetti ma anche di idee e sensazioni – il lavoro di Yervant Gianikian e Angela Ricci Lucchi prende corpo, sempre all’interno di una costante tensione formale sulla lettura del ‘rimosso cinematografico’ e sull’analisi del materiale preesistente. A partire dal recupero di vecchi archivi documentari, per proseguire coi film sulla guerra o sulla sopraffazione di una cultura sull’altra, i due registi hanno saputo superare la pura dimensione estetica o nostalgica legata all’utilizzo del found footage – il materiale girato ritrovato – per trasformare i loro film in strumenti di conoscenza e critica capaci di interrogare la ‘verità’ tramandata dalla macchina da presa che gli ultimi lavori dedicati alla compagna scomparsa hanno illuminato di una dimensione più personale ed emotiva”.
A Bolzano vengono proiettati sei loro film: Ritorno a Khodorchur. Diario armeno (1986), Lo specchio di Diana (1996), Images d’Orient – Tourisme vandale (2001), Oh! Uomo (2004), Pays barbare (2013), I diari di Angela – Noi due cineasti. Capitolo 2 (2019) e l’ultima fatica Frente a Guernica (versione integrale) (2023).
“Gianikian e Ricci Lucchi – scrive Robert Lumley nella monografia Dentro al fotogramma, pubblicata nel 2011 – sono dei pionieri che hanno pensato a se stessi anzitutto come a degli artisti, lavorando al confine tra generi e ambiti istituzionali, con il risultato che le loro pellicole sono state lette e fatte proprie da spettatori e da mondi culturali molto diversi”.
Siete stati apprezzati e compresi sia nel mondo dell’arte che in quello del cinema.
La nostra opera è stata al centro di retrospettive al Jeu de Paume di Parigi come al MoMA di New York. La nostra trilogia della guerra è stata accolta in tanti luoghi diversi: Oh! Uomo è stato mostrato al Festival di Cannes nel 2004, Prigionieri della guerra, che è il primo capitolo, del ’95, è entrato nella collezione del MoMA insieme ad altri nostri film, Dal Polo all’Equatore, del 1996, è stato acquisito dal MAXXI di Roma due anni fa, lì abbiamo avuto una grande retrospettiva dei nostri film e ci sono anche nostri disegni e altre cose. Abbiamo fatto l’ultima Biennale veneziana di Harald Szeemann nel 2001 con La marcia dell’uomo e poi il mio ultimo film, che viene mostrato stasera a Bolzano, Frente Guernica (versione integrale) è stato prodotto dal Museo Reina Sofia di Madrid, mentre Pays Barbare è stato fatto insieme a Serge Lalou di Les Film d’ici nel 2013, ed è un film con cui abbiamo girato il mondo.
Dunque, i due mondi, dell’arte e del cinema, hanno percepito entrambi l’importanza e il valore della vostra opera.
Nell’ultimo Diario di Angela c’è Enrico Ghezzi che, all’inizio del film, dice che noi siamo artisti più che cineasti, però è anche vero che i Diari sono stati su Raiplay per dei mesi e lo è stato anche Ritorno a Khodorchur. Diario armeno, che è un film molto personale, sulla storia di mio padre che è sopravvissuto al genocidio armeno e che aveva sempre rifiutato di essere ripreso. È curioso poi che questo premio alla carriera ci venga dato a Bolzano, dato che ho vissuto la mia infanzia a Merano.
È quasi un cerchio che si chiude anche rispetto al discorso dell’identità. Il vostro è un cinema in qualche modo apolide. Lei ha un passaporto variegato per le sue origini armene ma c’è anche un forte radicamento nella lingua italiana.
Io sono cittadino italiano e mi sento italiano, come italiani sono i nostri film. Ma c’è anche questo aspetto: Angela stessa aveva studiato con Oskar Kokoschka a Salisburgo, in Austria. Per lei quello è stato un grande insegnamento, una grande lezione di cultura mitteleuropea, cultura a cui sentiamo di appartenere entrambi. Ora sto preparando un terzo diario di Angela e mi interessa molto che questa sera sia dato il mio film su Picasso e su Guernica perché è stato un grande sforzo, ho impiegato quattro anni a farlo.
Frente a Guernica aveva debuttato alla Mostra del cinema di Venezia.
Sì, è c’è stata una grande risposta del pubblico e sul web.
Guernica, come molte cose che avete fatto, è un lavoro sugli orrori della guerra e sulla guerra permanente che attraversa il Novecento e che ci portiamo purtroppo nell’oggi.
Abbiamo cominciato nel 1992-93 a costruire la nostra trilogia della guerra: Prigionieri della guerra, Su tutte le vette è pace, Oh! Uomo. Abbiamo continuato a lavorare sul tema e tutti questi film sono stati fatti durante le guerre, nella ex Jugoslavia, ad esempio, dove noi siamo andati anche a mostrarli. Quando Oh! Uomo veniva proiettato a Cannes in contemporanea avvenivano i massacri in Irak e la gente chiedeva che il film fosse mostrato non solo al festival ma nelle scuole e ovunque. Frente a Guernica era quello che a me mancava, un film sulla guerra civile in Spagna, guerra che anticipa la seconda guerra mondiale.
Come si pone oggi rispetto al conflitto in corso in Ucraina e a Gaza?
Noi abbiamo continuato sempre la nostra guerra per la pace. L’abbiamo portata avanti sin dall’inizio, occupandoci dei fascismi, delle ideologie, e continuiamo a farlo. E anche il terzo Diario di Angela sarà su questo.
Angela scriveva ogni giorno questo diario, quindi c’è moltissimo materiale.
Sì, Angela scriveva ogni giorno, ma non voglio anticipare nulla sul nuovo film.
Se posso farle una domanda personale, la voce di Angela rimane sempre, avete lavorato in simbiosi per tutta la vita e sembra che lei sia ancora lì accanto a lei.
È sempre molto presente e la trovo in queste registrazioni che abbiamo fatto, nelle sue parole che entrano nel film.
Tra gli altri premiati anche Sleeping with a Tiger di Anja Salomonowitz e While the Green Grass Grows di Peter Mettler
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