X-Men: l’Apocalisse è vicina

In uscita il 18 maggio il film di Bryan Singer, ennesimo capitolo di una saga che entra nel sedicesimo anno di età


Sembra ieri, ma l’avventura cinematografica degli X-Men, tratta da una popolare serie di fumetti della Marvel Comics, è entrata nel sedicesimo anno di età. Portare avanti una saga così a lungo (nove i capitoli in totale, compresi gli spin-off sul personaggio di Wolverine e il recentissimo Deadpool) e trovare sempre nuovi spunti non è impresa facile, e in effetti i momenti di stanca non sono mancati. Un paio d’anni fa, però, c’era stato un segno di ripresa generale con il ritorno dietro al timone del regista originario Bryan Singer, che con Giorni di un futuro passato aveva compiuto il piccolo miracolo di riuscire a rilanciare la serie in maniera intelligente – con lo stratagemma del paradosso temporale – sistemare molte delle incongruenze narrative che si erano venute ad accumulare nel corso degli anni e al tempo stesso mettere d’accordo i fan dei fumetti e quelli della serie cinematografica facendo incontrare gli interpreti dei primi episodi (Ian McKellen e Patrick Stewart su tutti) con le versioni più giovani degli stessi personaggi (James McAvoy e Michael Fassbender i corrispettivi). Un ottimo lavoro, che però ha lasciato al regista il peso di dover  proseguire il tutto in maniera coerente e, al contempo, interessante e innovativa.

Con il nuovo X-Men: Apocalisse, in uscita il 18 maggio nelle sale italiane con quasi dieci giorni di anticipo sulla sortita statunitense, l’impresa, purtroppo, gli riesce solo a metà. Si tratta, a tutti gli effetti, del primo vero ‘reboot’ di questa epopea. X-Men: l’inzio era a tutti gli effetti considerabile un prequel, mentre Giorni di un futuro passato, come abbiamo detto,  un simpatico ibrido. Ma in questo film, grazie al paradosso che ha ‘riscritto’ la storia al termine del capitolo precedente, per la prima volta può succedere di tutto. Invece, non succede granché.   

Apocalisse, interpretato dal sempre più affermato Oscar Isaac, è il primo e il più potente dei mutanti, venerato come un dio sin dall’alba della civiltà. Ha accumulato i poteri di molti altri mutanti ed è diventato immortale e invincibile. Risvegliatosi negli anni ottanta, si trova davanti un mondo in declino e decide così di reclutare una squadra di mutanti, che rappresentano i suoi cavalieri: Magneto (Guerra),Tempesta (Carestia), Psylocke (Pestilenza) e Arcangelo (Morte). Avvalendosi di loro, intende purificare l’umanità e creare un nuovo ordine mondiale. Gli X-Men, guidati da Mystica e dal Professor X, devono unire le forze per riuscire a sconfiggere il loro più grande nemico e salvare la razza umana dall’estinzione. Un plot decisamente più semplicistico dei precedenti, con meno riferimenti esistenziali alla condizione dei mutanti (eroi ma anche mostri rigettati dalla società) e orientato ai gusti di un pubblico forse più giovanile e meno sofisticato, in linea con le produzioni dei rivali Marvel Studios (rivali, anche se i personaggi sono di origine Marvel, che però vendette a suo tempo i diritti alla Fox che sta facendo comprensibilmente di tutto per tenerseli).

A chi ha seguito tutta la saga, la pellicola rischia di risultare un po’ noiosa, ricca di situazioni già viste e ripetute all’estremo. Valga per tutti l’accanimento nei confronti del personaggio di Magneto (Michael Fassbender): dopo essere stato in campo di concentramento e aver visto uccidere sua madre davanti ai suoi occhi, altre sofferenze sono in serbo per lui, tanto che ci si comincia a chiedere se il suo vero ‘potere’ mutante non sia quello di avere una sfortuna del Diavolo. Gli anni ottanta vengono citati in continuazione (dalle bottiglie di Coca-Cola al giacchetto indossato dal demone Nightcrawler, identico a quello di Michael Jackson nello storico video di ‘Thriller’), a volte in maniera un po’ forzata (al punto da immaginare la presenza di un videogioco a gettoni nella cameretta di un comune ragazzo di periferia, quando i coin-op, ai tempi, costavano un occhio della testa). Quicksilver ripete la gag più riuscita del film precedente, in cui sfruttando il suo potere – la supervelocità – ferma il tempo e risolve situazioni impossibili per chiunque altro, divertendosi allo contempo. Ma stavolta tutto sembra artefatto e scontato. C’è una comparsata di Wolverine, ancora una volta interpretato da Hugh Jackman. Ancora in gran forma, sarebbe convincente se non fosse l’unico membro del vecchio cast a interpretare, a cinquant’anni, la versione ‘giovane’ del personaggio, mentre tutti gli altri sono stati sostituiti da  attori meno stagionati ma anche decisamente meno carismatici dei loro predecessori. Fatta eccezione per Fassbender e Isaac – sommersi però dall’ambizione di dover inserire monologhi di matrice shakespeariana in un film di super-eroi, elemento che a volte risulta stucchevole – l’impressione è spesso quella di trovarsi di fronte a una versione ‘young adult’ della saga o, più semplicemente, a uno dei tanti sequel ‘straight-to-video’ che venivano prodotti negli anni ’90.

Restano delle ottime scene d’azione e combattimenti ben coreografati, anche se scoordinati dal resto del contesto – Apocalisse ha il potere di uccidere le persone con uno schiocco di dita ma si limita a immobilizzare gli eroi. Perché? – le già citate buone performance dei membri più esperti del cast e un tono tutto sommato equilibrato tra la tendenza alla comedy fin troppo spinta dei Marvel Studios e le forzature dark post-nolaniane della controparte DC/Warner. Ma per evitare che arrivi l’Apocalisse, anche per la saga, sarà meglio trovare alla svelta qualche nuova idea.

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10 Maggio 2016

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