E’ su Netflix la serie Working: lavorare e vivere, con la partecipazione di Barak Obama, che da un lato si propone di spiegare le ragioni che rendono il lavoro gratificante, dall’altro riflette sul sistema di lavoro americano.
Quali sono gli elementi che conferiscono bellezza al lavoro? Cosa dona un senso di orientamento? Come si definisce un impiego di qualità? Cosa realmente ci appaga?
Da queste domande scaturisce la docu-serie composta da quattro episodi, che si impegna nell’esplorazione di come troviamo uno scopo nel nostro lavoro e di come le nostre esperienze e le difficoltà che incontriamo ci uniscono a livello umano.
La serie, prodotta da Higher Ground e Concordia Studio, con la supervisione esecutiva di Barack e Michelle Obama e diretta da Caroline Suh, si propone di emozionarci e farci riflettere se stiamo percorrendo la strada giusta nella nostra esistenza.
Si segue la vicenda di individui di ogni livello sociale, dal personale di servizio ai dirigenti operanti nei settori dell’assistenza domiciliare, della tecnologia e dell’ospitalità. Mentre frequentava l’università, Obama fu ispirato dal libro di Studs Terkel del 1974 intitolato ‘Working‘, che rivoluzionò la conversazione sul mondo del lavoro interrogando persone comuni sulla loro quotidiana occupazione. Questa serie trasmette l’essenza di tale idea nell’attualità, offrendo ritratti intimi sulle vite di persone diverse e offrendo agli spettatori una nuova prospettiva e un apprezzamento rinnovato per il lavoro che svolgono quotidianamente.
Il sistema rappresentato nella serie potrebbe sembrare distante dal contesto europeo. Le vite che lo abitano potrebbero sembrare estranee rispetto a quelle a cui siamo abituati nella nostra routine quotidiana. Tuttavia, si parla dell’America utilizzando un linguaggio universale, facilmente comprensibile e vicino alla nostra realtà.
Ci troviamo ad osservare le quotidianità di lavoratori sottopagati o di influenti CEO, considerandole come qualcosa di lontano da noi. Queste realtà sono il risultato delle dinamiche profonde degli Stati Uniti e sono alimentate dal sogno americano, che spesso si traduce in promesse non sempre mantenute. Ma è proprio all’interno di queste discrepanze, tra coloro che puliscono corridoi e stanze, si prendono cura degli anziani, progettano le macchine del futuro e coloro che detengono il controllo e la gestione, che risiede l’interesse per un mondo non così diverso dal nostro. Le magre buste paga, la disparità tra uomini di successo e coloro che si accontentano di poco, la lotta per i propri diritti e la sordità dei potenti sono tutti ingranaggi di un unico sistema che si estende sia nel territorio americano che a livello globale.
Questa analogia si può cogliere semplicemente osservando attentamente i collegamenti tra i vari segmenti, costruiti con linearità e chiarezza narrativa.
Il dubbio, casomai, sta nella presenza fisica di Barack Obama, che si inserisce nelle testimonianze dirette dei lavoratori chiamati a mostrare la loro vita quotidiana, conferisce all’intera opera un elemento di falsità e artificio. L’autenticità tipica di un documentario che aspira a raccontare la verità più pura viene potenzialmente distorta da un tentativo di abbellire esistenze molto più oscure e disilluse – forse – rispetto a quelle che vengono mostrate.
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