Wilde Salome: visione di un’ossessione

Finalmente ora il film di Al Pacino arriva in sala, il 12 maggio, con Distribuzione Indipendente


“L’unico modo per liberarsi di una tentazione è cedervi”. Chi non ha mai sentito almeno una volta questa massima, attribuita a Oscar Wilde? Al Pacino lo sa bene, anche se, più che di tentazione, lui stesso parla di “ossessione”. E l’ossessione riguarda proprio Wilde e, nello specifico, la sua Salomè, di cui Pacino si è innamorato alla prima visione. Per questo, da attore e autore con formazione, di partenza, teatrale, ha deciso di portarla in scena, come fece anni fa con lo shakespeariano Riccardo III, documentando il tutto nel film Riccardo III – Un uomo, un re.


Come in quel caso, l’autore filma la sua rappresentazione costruendoci su un documentario, intitolato Wilde Salome, presentato Fuori Concorso alla 68ma Mostra di Venezia in occasione della consegna a Pacino del Premio alla Carriera Jaeger-LeCoultre Glory to the Filmmaker e vincitore, quell’anno, del premio Queer Lion. Ad accompagnarlo, c’era la protagonista del film, Jessica Chastain, ai tempi appena lanciata da Terrence Malick in The tree of life e ora diventata una delle star internazionali di maggiore importanza. Finalmente ora il film arriva in sala, il 12 maggio, con Distribuzione Indipendente.

 

L’opera, singolare e affascinante, mischia in realtà reportage, fiction e drama, e vede Pacino interpretare un ruolo triplice: sé stesso, nella parte prettamente documentaristica, Re Erode in scena e perfino lo stesso Oscar Wilde in un buffo intermezzo. I piani di lettura sono molteplici, i dietro le quinte dell’opera in scena si fondono e si confondono con l’opera stessa e con riferimenti alla vita di Wilde, rendendo alla fine un personalissimo ritratto dello scrittore, nonché dello stesso Pacino.

“Quando ho iniziato questo progetto – racconta l’attore, regista e sceneggiatore, accolto da un boato di applausi – avevo una visione, ma non una storia. Il mio lavoro è stato cercare di crearla. Per la maggior parte del tempo sono stato confuso anch’io su dove volevo andare a parare. Non è propriamente un documentario, ma più un collage. Volevo mettere insieme delle cose che rivelassero a me per primo l’idea di ciò che stavo tentando di fare. L’ho capito io stesso mescolando la mia storia con quella di Wilde e quella di Salomè. Ma è stato come dipingere. Ogni tanto dovevo allontanarmi dal quadro per vedere come veniva. Per cinque mesi ho lasciato il progetto e poi l’ho ripreso in mano. Certo quando si ha un vero copione – scherza poi con autoironia – è tutto molto più semplice. La mia principale fonte d’ispirazione – continua poi rivolgendosi alla sua attrice – è stata Jessica. Appena l’ho vista mi sono detto: ‘devo assolutamente averla io, prima che il mondo la scopra e la trasformi nella prossima grande star, come poi del resto è avvenuto”.

E Jessica, la sua Salomè, la sua più grande ‘tentazione’ artistica, ha accettato. Un’altra sfida vinta: “Anche con Riccardo III, si trattava di rendere il teatro familiare al pubblico, specie quello Usa. E’ molto difficile che si accetti un attore statunitense che recita Shakespeare, a parte rare e grandi eccezioni. E io non sono tra queste. Ho cercato soprattutto di far capire cosa io personalmente ho sentito nel vedere Salomè, entrando così in contatto con l’opera di Wilde, che ha estrapolato dal mito i punti problematici con così tanta inventiva, soprattutto se si pensa che lui di solito scriveva cose ben diverse”.

“Certo – racconta Jessica Chastain raggiante – il lavoro è stato lungo. Era il mio primo film! Ci siamo incontrati prima a New York e poi a Los Angeles e ne abbiamo parlato tantissimo, e da allora ho iniziato a pensare solo e soltanto a quello. Ho preso anche lezioni di danza per entrare nella parte. E poi abbiamo lavorato tantissimo a teatro. Le telecamere c’erano, ma noi non le vedevamo. Per cui eravamo molto preparati, e quando si è trattato di finalizzare ci è bastata una settimana e mezza”.

“Lavorare in teatro – commenta Pacino – è come essere in una squadra di trapezisti. Se uno cede, crolleranno anche gli altri. Ma dopo i primi giorni di lavoro si crea automaticamente un legame speciale, che viene fuori in maniera naturale, perché si è tutti sulla stessa barca”.

 

Nel film c’è anche l’illustre apparizione di Bono, cantante degli U2, irlandese come Wilde, che presta anche un suo brano per la colonna sonora: “Il pezzo lo aveva scritto dodici anni fa – rivela l’autore – è stato il suo assistente a farcelo ascoltare per la prima volta, poi noi lo abbiamo contattato e lui ci ha detto che questa ‘bacchetta magica’ ce l’avrebbe ceduta gratis. Ho dovuto ragionare molto per capire come valorizzarla al meglio”.

Cos’altro si potrebbe desiderare di più? “Per il futuro – dice Pacino – mi riprometto sempre di essere più selettivo in ciò che faccio, ma alla fine non mi do mai ascolto. Credo però che alla fine ogni persona faccia davvero ciò che decide di fare. Dal canto mio, negli anni della mia giovinezza mi sono lacerato tra teatro e cinema, non sapevo cosa scegliere, facevo dei film ma non li capivo, non capivo il mezzo, e creavo ai registi un sacco di problemi, perché non sapevo di cosa davvero avessero bisogno. Ho capito la magia del cinema quando mi sono messo a filmare io stesso, iniziando proprio dalle opere teatrali che mettevo in scena, e da allora le cose sono cambiate, perché questo mi ha permesso di migliorare molto anche come attore. Un po’ come accadde a Orson Welles. Ho cinque o sei film che ho realizzato ma che non ha visto nessuno, e nessuno, ve lo garantisco, li vedrà mai, così come i miei quadri. Il cinema richiede una totale dedizione, devi dedicarci la tua vita. Io sono un attore di teatro e cinema, e questo mi va bene, il resto lo faccio da dilettante. Mi chiedo ora come il pubblico accoglierà la mia Salomè. Quello che so è che, con tutto il rispetto per il film che io stesso ho realizzato, la corrispettiva rappresentazione teatrale è molto migliore, celestiale e fantastica. Una cosa che voglio assolutamente fare è rimettermi alla console di montaggio per poterla rendere fruibile e magari trasmetterla in tv. Per ora, il genio di Wilde mi sembra di averlo appena sfiorato. Volevo si capisse il dramma della sua discriminazione: era un pensatore liberale e visionario, anche religioso se vogliamo basta leggere il ‘De Profundis’ la cui omosessualità è stata usata per metterlo a tacere. Mi piacerebbe che qualcuno facesse un vero film su di lui, con tutti questi elementi. Ma è difficile, perché il cinema oggi sembra essere regredito. Ai tempi del muto valevano le idee, oggi tutto è più incentrato sul guadagno”.

 

Poi, sollecitato, aggiunge: “Potrei fare un film su uno scrittore italiano, come Pirandello! Mi piacerebbe metter su Sei personaggi in cerca d’autore, perché no, sarebbe una buona idea”.

Ed è così, declinando un’ossessione attraverso varie forme creative, che forse è possibile liberarsene.

autore
26 Aprile 2016

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