Essere fedele alla Giustizia – che ha disegnato la persona e il professionista – o assecondare l’istinto per la difesa dell’affetto più ombelicale? Questo è il dilemma di Vittorio Pagani (Stefano Accorsi), giudice, ex PM, del Tribunale di Milano, per cui è in corsa alla carica di Presidente, uscente quello interpretato da Remo Girone: “Con Stefano mi sono trovato molto bene, molto, molto bene”. Il personaggio è “vicino alla pensione, e spero che lui mi subentri, perché nutro una grandissima stima, siamo fatti della stessa stoffa”.
Integerrimo, retto, recentemente vedovo, padre di Matteo (Matteo Oscar Giuggioli), con cui ha un rapporto complesso, questo è il giudice Pagani. Ed è proprio il suo Matteo a innescare il gigante interrogativo del genitore/giudice, dopo che l’adolescente investe con la macchina Diego, erede di una famiglia criminale, quella dei Silva, non sconosciuta a Pagani, che da Pubblico Ministero ne fece arrestare il capoclan.
“È una serie su cui contiamo moltissimo, a partire dal cast e da Stefano Accorsi, che ha accettato di tornare in azienda dopo tanti anni, a Alessandro Casale, praticamente all’esordio nella serialità: è molto importante sfidare e lui ha la tempra, con la grandissima scrittura di Donatella Diamanti, a capo di un gruppo di sceneggiatori garanzia di scrittura per una trama sempre sul filo dell’attesa. Vostro Onore è un adattamento – dalla serie israeliana Kvodo (Yes Studios): ho l’orgoglio di pensare che questo sia uno dei migliori della serie, che è coraggiosa; noi abbiamo lavorato sulla riga della nostra capacità di inventare ma anche del racconto italiano. Si tratta di un dilemma, che diventa anche un po’ thriller, con accenti di action, per rispondere a: ‘cosa ci spinge a salvare sempre la nostra specie?’. Da persone incorruttibili, si può diventare criminali, questo è alla base di questa serialità. Sarà la prima stagione, nella speranza di una seconda, come hanno fatto anche gli israeliani e poi gli americani” spiega Maria Pia Ammirati, direttore Rai Fiction, co-produttore con Indiana Production.
Dall’incidente di Matteo in poi, seppur la questione di Vostro Onore sia tutta nell’anima e nella professione di Vittorio Pagani, fiorisce intorno a lui una corolla di personaggi che fanno da cardine, da propulsore, da vincolo, da coscienza al personaggio di Stefano Accorsi: l’ispettrice Vichi (Barbara Ronchi), che raccoglie la denuncia del furto della vettura, l’ispettore della DIA, Salvatore Berto (Leonardo Capuano), amico di Pagani, che si presta a supportare il racconto dei fatti secondo come suggerito dal giudice per saldare un antico onore, e Ludovica (Camilla Semino Favro), promettente ex-tirocinante, verso cui Pagani nutre stima certamente, ma forse anche sentimenti personali più intimi, un altro groviglio considerata la recente vicenda matrimoniale di lui. S’intrecciano connessioni parentali e mafiose, che s’intessono con l’indole di Vittorio a proteggere Matteo, non da meno in un turbinio legale e emotivo, anch’esso nucleo di dinamiche nodali non sempre lineari, come con la nonna Anita (Betti Pedrazzi) e per l’amicizia che nasce a scuola con Camilla (Isabella Mottinelli), figlia di Danti (Francesco Colella), neo dirigente del Commissariato che guida le indagini.
“Vittorio mi ha lasciato con degli interrogativi, avendo anche io un figlio adolescente. Con Matteo (il ruolo) all’inizio c’era un rapporto molto sfilacciato e tra le altre cose m’è piaciuto non costruire personaggi che fossero per forza edificanti”, dice Accorsi, che specifica: “non avevo visto la serie israeliana e ancora non era stata distribuita l’americana, quando abbiamo ricevuto le sceneggiature. Il progetto è coinvolgente perché porta a chiedere: ‘è giusto quello che fa il personaggio? Lo posso capire? Lo posso giustificare?’. E io ci ho pensato a cosa si sia disposti per salvare la vita di un figlio: è qualcosa di atavico. Il contrasto attiene alla tragedia greca. Vittorio è un padre con un lavoro che ha a che fare con l’etica, con l’onore, e per una circostanza si trova a dover spazzare via tutto: questo è il cuore pulsante della narrazione, che non rende mai diabolico il personaggio, magari machiavellico ma senza dimenticare la sua priorità. Forse istintivamente farei lo stesso? Non lo so, ma la situazione crime è una palla di neve che rotolando diventa una valanga. È una storia che attiene all’archetipico, oltre a essere un prodotto ricco visivamente, dalla regia alla fotografia – con competenze altissime, proprie del nostro Paese -, è pieno di sfumature, con una narrazione molto molto sofisticata. Con ritmi così elevati ci vuole sintonia, così è stato con Giuggioli sin dal primo provino: c’è stato un ascolto empatico profondo”.
E per il Matteo del film, il suo “È un personaggio che siamo stati attenti a calibrare. È un ragazzo intelligente, molto scaltro, che forse preferisce esser sottovalutato, ma si nota la sua luce. Con il padre ha un rapporto complicato: per me, è stato bello, interessante e difficile, molto difficile, però è stato anche il lavoro che ho spolpato più a fondo della mia brevissima carriera. Stefano è stato un padre meraviglioso, ci siamo ascoltati e capiti”.
Lo stesso “padre” che è altrettanto giudice, appunto, ruolo che Stefano Accorsi mette a fuoco raccontando come si siano “interrogati a lungo sul ruolo pubblico del personaggio, e questo aspetto ha subito delle evoluzioni: dovevamo dargli una giusta notorietà. Per esempio, Falcone aveva una percezione pubblica della sua immagine, ma anche fatiche mostruose a livello di magistratura e politica: è complicato quando un magistrato diventa noto, perché è un ambiente complesso; noi prendiamo un personaggio all’apice di una carriera, e di una dimensione etica, e lo proiettiamo in un dilemma profondissimo, è un meccanismo drammaturgico, ma non ci permetteremmo mai di giustificarlo da un punto di vista legale senza trasformazioni morali”.
La morale, che serpeggia costante e cangiante nella serie, coinvolgendo molto le figure femminili, così Camilla Semino Favro: “io avevo guardato entrambe le serie (israeliana e americana, ndr) per capire da dove iniziare e da cosa allontanarmi, per essere completamente differente, secondo i motori di Ludovica: la famiglia e l’etica, con Vittorio suo mentore, per cui su di lei cade a effetto domino il dilemma morale”. Ancora, Barbara Ronchi pragmaticamente commenta: “Noi-pubblico, il colpevole lo conosciamo dall’inizio, ma non è così per la polizia, per cui è proprio tutt’altro quello da cercare nella serie. Lei è viziata dal pregiudizio che un giudice non possa aver sotterrato una cosa così grave, lei si fa fregare dal pregiudizio. Questo poi le crea un senso di colpa sulla gestione dell’indagine, finché andrà al di là di tutto e tutti, al di là dei motivi di un padre, per cui il mio personaggio dirà che no, c’è la regola della Giustizia!”.
Spiega poi Diamanti che: “L’adattamento è una trasposizione, con una storia potente e un tema portante universale, declinato dapprima in un Paese con il deserto e dei conflitti molto potenti: portando la storia a Milano abbiamo scelto una criminalità chiassosa, becera, come quella sudamericana, messa accanto all’altra, quasi metastatica, della Camorra. Molto abbiamo lavorato sulla componente relazionale, provando a far sì che la ‘bomba’ che esplode nella vita di Matteo e di suo padre deflagri anche su tutta una serie di rapporti, e ce la siamo molto giocata in questo senso. È forse riduttivo dire che sia una serie crime: è un racconto con una stratificazione e ibridazione di generi”.
Per il regista, Alessandro Casale, è stata: “Una sfida, che credo moltissimi miei colleghi avrebbero voluto affrontare. Era la prima volta che avevo in mano da solo una serie da plasmare, con pregressi – soprattutto la versione americana – di confronto, ma non mi sono fatto ispirare neanche da quella originale israeliana, che lavora su tutti altri canoni, come il conflitto palestinese che entra nella vicenda, mentre qui c’è appunto Milano, che non manifesta la violenza, che però è sempre sotto traccia. Sono stato abbastanza pignolo, lavorando soprattutto sui personaggi, perché la storia c’era ma si trattava di farla girare nella maniera giusta, con un lavoro soprattutto psicologico: siamo riusciti a mettere in scena una linea credibile nel panorama italiano attuale, anche per la parte ‘teen’ del cast. È stato importante lavorare con Accorsi e Giuggioli sulla dinamiche padre-figlio, sono ‘lontani’ tra loro nella storia, e credo siamo riusciti a raggiungere un valido livello. Non cambierei nulla”.
Infine, proprio su Casale, tiene a commentare un artista veterano qual è Remo Girone: “sa lavorare molto bene con gli attori: è consapevole di cosa chiedere agli interpreti e come debba uscirne il personaggio. Dal punto di vista tecnico, mi sembrava un set cinematografico, anche per la qualità delle maestranze”.
La prima stagione di Vostro Onore sono quattro puntate in prima serata su Rai Uno, dal 28 febbraio.
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