Uscirà il 14 aprile in più di 700 copie, in tempo per sfruttare i Cinemadays che abbassano il prezzo di tutti i biglietti – anche 3D – a tre euro, l’attesissimo film live-action Disney Il libro della Giungla, che fa seguito chiaramente al classico di animazione del 1967, a sua volta ispirato all’omonimo romanzo di Rudyard Kipling (ultimo film a essere prodotto da Walt Disney in persona, che morì dopo la sua realizzazione). In verità, il termine ‘live action’ non è correttissimo, dato che, come si può immaginare, c’è un unico protagonista umano (il ‘ragazzo lupo’ Mowgli, interpretato da Neel Sethi) circondato da animali parlanti incredibilmente realistici, realizzati al computer e ambienti altrettanto ben ricostruiti ma anch’essi altrettanto virtuali. Poco male, comunque, perché realizzazione tecnica e regia sono veramente ottime – si raggiunge veramente una nuova frontiera in merito agli effetti speciali in cgi – e anche i personaggi sono più tridimensionali (non solo graficamente) di quelli a cui ci aveva abituati il classico cartoon.
Alcuni sono stati oggetto di un vero e proprio re-design, come Re Luigi (King Louie nell’originale) – doppiato in italiano da un sorprendente Giancarlo Magalli, alla sua seconda esperienza Disney dopo il Filottete di Hercules – lo scimmiesco signore di un tempio sperduto nella boscaglia, qui più immenso e minaccioso che mai, ai limiti della somiglianza con l’altro celebre ‘King’ (Kong) della tradizione cinematografica. Qualche tono si fa più fosco – in linea anche con la versione letteraria, che comunque resta una fonte di ispirazione piuttosto parziale – anche se il film non arriva alla definizione ‘dark’ delle recenti fiabe cinematografiche come Biancaneve e il cacciatore, mantenendo perfino due tradizionalissimi momenti musicali, ‘Lo stretto indispensabile’ e ‘Voglio esser come te’. Tra l’altro, un’altra versione del film con attori in carne e ossa era uscita, sempre per la Disney, nel 1994, con la regia di Stephen Sommers.
Nel cast originale delle voci ci sono Bill Murray, Ben Kingsley, Idris Elba, Christopher Walken e Scarlett Johansson. Qui in Italia, a parte il già citato Magalli, abbiamo Toni Servillo (la pantera Bagheera), Neri Marcorè (L’orso Baloo), Giovanna Mezzogiorno (il serpente Khan), Violante Placido (la lupa Raksha) a cui tocca anche il compito di presentare il film. “Siamo cresciuti con i film Disney – dice Servillo – i miei figli mi hanno imposto di farlo. Bagheera è il mentore ideale, quello che ti riprende anche severamente ma poi ti mette sulla tua strada. Kingsley è aiutato dal suo nobile accento inglese. Io ho pensato a questo elemento per renderlo il meglio possibile”.
“Ne sono cambiate di cose – continua Mezzogiorno – oggi se fai vedere a un bambino i nostri cartoon si annoia, sono abituati ad altri ritmi, altre atmosfere. Anche i film per bambini sono molto più rifiniti. Khan ha la complessità del seduttore: è anche onesto nel suo lavoro, ti protegge, ma poi rischia di stritolarti, come un amante pericoloso o una madre oppressiva”. “Vengo da una famiglia povera – scherza Marcorè – ma ho imparato a leggere con Topolino. Adoravo Robin Hood e infatti spero che me ne facciano doppiare una versione live-action. Doppiare Baloo è una grande esperienza e mi ha permesso anche di cantare un classico, a cui ho apportato qualche modifica per gestire meglio l’appoggio sul labiale”. “Mi sento vicina a mamma lupo – dichiara Placido – sono una mamma pure io e capisco tutto il suo dolore nel doversi separare da Mowgli. Del resto i lupi sono vicinissimi agli uomini, hanno uno spirito di branco e solidarietà molto sviluppato, e questa è anche un po’ la morale del film. Gli animali sono resi così bene che si potrebbe andare a vedere questo film invece che andare allo zoo”.
Mattatore del pomeriggio è proprio Magalli, che si prodiga in simpatiche battute: “Anch’io ho iniziato a leggere con Topolino – dice – però poi ho imparato anche il corsivo. Anch’io mi riproduco, ma con calma, tra una figlia e l’altra sono passati vent’anni, per cui il giro con la Disney è stato doppio. Tanto lo sappiamo tutti che il segreto è realizzare film e parchi a tema dove sono i genitori a costringere i figli ad andare. Anche i film Disney li faccio ogni vent’anni. Credo che il prossimo lo salterò, a meno che non sia una versione moderna di Tut-Ank-Amon. Comunque penso che scelgano i personaggi in base al fisico. In Hercules ero un satiro grasso e pelato, qui uno scimmione. Solo che per noi è più difficile. Gli americani prima doppiano e poi gli costruiscono i disegni e il labiale su. Noi dobbiamo portare vestiti fatti su misura per altri. Ma è tanto divertente e lo faccio sempre volentieri”. Tutti, invece, sono concordi nel prendere le distanze dalla motion-capture, terrorizzati dall’idea che un giorno il ruolo dell’attore possa del tutto sparire.
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