Vittorio Moroni: Licu e Fancy, estranei e sposi


Vittorio MoroniÈ uno sguardo sull’immigrazione un po’ diverso dal solito, quello di un documentario intitolato Le ferie di Licu che ha debuttato  all’Alba Film Festival. Vittorio Moroni racconta a suo modo una storia d’amore che ricorda storie d’altri tempi, un matrimonio combinato tra un giovane bengalese che vive a Roma da una decina d’anni e la fanciulla di appena diciott’anni che è stata scelta per lui. Licu di lei non sa nulla e l’ha vista solo in foto, ma prende le ferie e s’imbarca per il Bangladesh con la missione non facile di convincere Fancy a seguirlo per tutta la vita. “Ci si può amare senza essersi scelti?” si chiede Moroni, nato a Sondrio nel ’71, studi di filosofia interrotti per passare alla cinepresa, un primo lungometraggio, Tu devi essere il lupo, al centro di un caso interessante e riuscito di distribuzione alternativa con la Myself, vari documentari tra cui Sulle tracce del gatto, che ripercorreva le tappe inquietanti del vasto fenomeno della schiavitù nel Brasile della deforestazione e delle multinazionali. Moroni, con la sua piccola factory indipendente 50N – che prende il nome dal bus notturno che percorre la Prenestina e che è sempre stracarico di una variegata umanità multietnica e marginale – ha un metodo che il cinema italiano spesso non riesce neppure a permettersi. Per Le ferie di Licu, ad esempio, ha lavorato due anni e mezzo, mettendo a fuoco il punto di vista del film solo strada facendo e con grande attenzione all’identità dei protagonisti del racconto. Quasi totalmente autoprodotto, il film ha ottenuto in seguito il contributo di Rai Cinema. Dopo il concorso di Alba, è passato anche all’Hot Docs di Toronto (19-29 aprile).

Ci racconta da che cosa è partito nel raccontare l’educazione sentimentale di due giovani bengalesi?
Stavo lavorando a un altro soggetto, dove c’erano dei personaggi bengalesi, ed ero veramente poco soddisfatto di come ero riuscito a descriverli. Così ho cominciato a frequentare la comunità (in Italia, secondo il dossier 2004 della Caritas, gli immigrati bengalesi regolari sono 32.391 persone), a Roma nella zona di Piazza Vittorio, nei negozietti di alimentari. Prendevo appunti con la videocamera e subito mi sono imbattutto in una schizofrenia di fondo che mi ha incuriosito: c’è una cesura tra l’occidentalizzazione nel modo di parlare, di muoversi e di vestirsi, e l’attaccamento alle tradizioni, alla religione, ai costumi sociali.

E così ha conosciuto Licu.
Md Moazzem Hossain, 27 anni, musulmano, magazziniere in un laboratorio tessile incarnava quella contraddizione e la metteva in mostra allo stato brado, senza consapevolezza. Licu è tifoso di Totti, parla una sorta di strano romanesco, è attratto dalle ragazze italiane, ma poi gira la testa dall’altra parte quando le vede passare. E quando sua madre gli ha spedito una busta con dentro la foto della ragazza che avrebbe dovuto sposare, il film ha preso forma. Ho deciso di partire con lui per il Bangladesh e di filmare il matrimonio.

Lui ha accettato senza problemi di essere seguito dalla videocamera?
Era contento, perché ha pensato che potessimo essere un biglietto da visita per lui che aveva una posizione sociale inferiore alla sposa e che infatti ha faticato molto a farsi accettare. Anzi, c’è stato un momento in cui sembrava che dovesse rinunciare e trovarsi un’altra moglie. Alla fine il matrimonio si è fatto e noi lo abbiamo filmato a modo nostro facendo vedere anche tante “cose brutte”, come ci ha detto Fancy un po’ delusa…

Il film poi segue il ritorno in Italia della giovane coppia di “sconosciuti”.
Sì, questa è in qualche modo la terza parte della storia. Dopo la cerimonia, Licu è tornato subito a Roma, mentre Fancy l’ha seguito dopo circa sei mesi. Li abbiamo filmati ancora per un anno, mostrando le difficoltà di integrazione di questa ragazza che ora si trova isolata, non ha più un tessuto familiare attorno a sé, non lavora, non conosce la lingua e non può uscire di casa senza di lui, che tra l’altro è molto geloso. È una situazione ai limiti, ma non mi sono mai intromesso, almeno mentre riprendevo la loro vita quotidiana, perché non volevo interferire in alcun modo.

Ripeterete l’esperienza distributiva del primo film?
Certo. Tu devi essere il lupo è stato visto da oltre 26mila persone proprio grazie alla prevendita dei biglietti che assicura gli esercenti su un certo numero di presenze e li convince a darci le sale. In pratica si vendono dei coupon a prezzo scontato e grazie al sito è possibile sapere le date e i luoghi di proiezione, per ora è prevista un’uscita il 4 maggio in sette città. Inoltre questa estate faremo un Licu Tour nei piccoli centri, nei cineforum, nelle scuole con un pullmino. È incredibile quanto interesse ci sia in provincia per questo tipo di iniziative.

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30 Marzo 2007

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