VITO ZAGARRIO


Rivalutare l’opera di Ettore Scola, è questo l’intento della tavola rotonda di sabato mattina al cinema Astra alla presenza del regista? Il curatore dell’Evento speciale della Mostra di Pesaro Vito Zagarrio è convinto che l’autorialità di Scola non sia nè da dimostrare nè da riscoprire, ma che il suo cinema meriti una nuova lettura. “Si parlerà anche dell’ultimo Scola, quello di Concorrenza sleale che a una parte della critica piace meno – spiega Zagarrio – e dello Scola minore, di film come Permette? Rocco Papaleo e Il commissario Pepe, che va analizzato nelle pieghe della messa in scena”. Così all’incontro in programma, “Se permettete, parliamo di Scola”, sono attesi lo sceneggiatore Furio Scarpelli, lo scenografo Luciano Ricceri, la costumista Odette Nicoletti, gli attori Giulio Scarpati e Giancarlo Giannini, interpreti di Mario, Maria e Mario, di Dramma della gelosia e La cena e poi critici ed esperti come Lino Miccichè, Bruno Torri, Gianni Canova, Millicent Marcus e Jean A. Gili.

Zagarrio, una rilettura di Scola, ma in che senso?
Tanti sono i percorsi possibili: l’idea spesso presente della scomparsa di un mondo, la nostalgia di questa perdita, la Storia, il tema del femminile, il viaggio, il modo di documentare la realtà.

Una definizione del suo cinema?
La storia e la politica visti con i toni della commedia. Scola riflette sul mondo con ironia, una sorta di comédie humaine. Nella sua filmografia il senso della nostalgia si mescola, si contrappone al sarcasmo.

I film di Scola resistono all’usura del tempo?
Sì senz’altro e, paradosso, sono le prime pellicole a resistere, mentre il recente Mario, Maria e Mario è quasi travolto dagli avvenimenti politici. Del resto la sua opera permette di vedere in controluce la storia italiana di ieri e per riflesso quella di oggi.

Un film della retrospettiva che ha riscoperto?
Trevico-Torino non solo per la denuncia sociale che esprime, ma anche per il linguaggio, il ritmo e il montaggio. E poi L’addio a Enrico Berlinguer, un documentario poetico sui funerali del leader del Pci. O Vorrei che volo, un altro documentario sulla realtà sociale di Torino vista con gli occhi di un bambino. Ho inoltre scoperto che Scola è più felliniano di quel che appare, penso a Ballando, ballando, a Brutti sporchi e cattivi, film nei quali c’è molto senso del kitsch e del grottesco. Alcuni film sono dimenticati, anche perché Scola stesso talvolta parla di film “alimentari” e di film, prima de Il commissario Pepe, realizzati per imparare il mestiere di regista.

Come è stato il vostro rapporto con Scola?
Ho conosciuto il regista in occasione di dibattiti e iniziative pubbliche e ho sempre trovato una persona disponibile, attenta alla produzione dei giovani autori, presente ai problemi di politica del cinema. Voglio anche ringraziarlo per il grande aiuto che ci ha dato, intervenendo personalmente per i problemi dei diritti dei suoi film.

Difficoltà nell’allestire la retrospettiva?
Quando si organizzano rassegne del nostro cinema, ci si imbatte sempre con pellicole in pessimo stato: decolorate, consumate, non facilmente reperibili come è accaduto per Mario, Maria e Mario che la distribuzione normale aveva già destinato al macero, o per Se permettete, parliamo di donne riproposto con un Dvd prodotto in Francia. Urge una politica di conservazione e restauro del nostro cinema, dovrebbero moltiplicarsi interventi come quello annunciato per Una giornata particolare, il restauro sarà probabilmente realizzato da Mediaset. E poi c’è il problema dei diritti che riguarda non solo l’utilizzazione televisiva, ma anche le rassegne culturali con proiezioni gratuite. Per la retrospettiva ci hanno aiutato molto la Cineteca nazionale, il ministero per i Beni culturali, presso il quale è depositata la copia di legge di ciascun film, Cinecittà Holding, Surf Film e Philip Morris.

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