28 anni dopo Ferie d’agosto – era il 1996, quando uscì – è il momento di Un altro Ferragosto, sempre di Paolo Virzì, che ha scritto con Carlo suo fratello e il compagno di scuola Francesco Bruni, e “sono tanti i motivi – del perché questo “secondo tempo” e proprio in questo momento – e spesso sono misteriosi; lo promisi a Piero Natoli, l’anno dopo il primo film; poi, c’è il fatto che sia passato tanto tempo e che siano venuti a mancare amici indimenticabili, Natoli e Ennio Fantastichini, che però non abbiamo omesso, perché sulla loro mancanza nella famiglia Mazzalupi abbiamo costruito un racconto; ancora, c’era già un materiale narrativo molto ricco in quella scanzonata commedia, all’ora all’alba di una nuova stagione dell’Italia, nel frattempo esaurita, che ora mi ha fatto radunare quelli della gloriosa combriccola del ’95, ciascuno portatore del proprio personaggio, accogliendo nuovi ingressi, come Altiero – interpretato da Andrea Carpenzano – che era nella pancia di Cecilia (Laura Morante); insieme a un nuovo aspirante capo tribù, il Cesare di Vinicio Marchioni, così come il nuovo fidanzato di zia Marisa (Sabrina Ferilli), per me occasione irresistibile di lavorare con un maestro della Commedia come Christian De Sica”, spiega il regista, che ha fatto sbocciare il personaggio di Sabri Mazzalupi (Anna Ferraioli Ravel).
Virzì torna a Ventotene, isola storica anzitutto, che lo stesso sottolinea come questo secondo film renda protagonista tanto quanto i personaggi umani, quelli delle due famiglie Molino e Mazzalupi “due aggregati famigliari” che il regista recupera dalla sua stessa cinematografia “per vedere cosa si diventi, come il tempo che passa possa far di diventare ancor più fragili; e anche cosa sia diventato io stesso, sorpresissimo di essere ancora vivo a 60 anni: per Ferie d’agosto ero al mio secondo film, girato di merda a rivederlo ora, mentre in questo secondo si vede che mi sono imparato qualcosa della grammatica e comunque si sente di più l’isola, Ventotene, e la sua Storia, che questa volta è una delle protagoniste, proprio perché isola simbolo, dove si è formata l’idea fondativa della convivenza civile, mentre il film si è girato quando in Europa stanno emergendo guerre e nazionalismi”.
Il film di Paolo Virzì, lo ammette lui stesso, “è anche un film sulla morte, da dire senza paura perché fa parte della vita: è un film con dei lutti, ma anche di nascite e rinascite, innamoramenti e amori mai finiti. Di papà diventati perfetti e di mamme imperfette: è anche una commedia sulla genitorialità”; morte che, a suo modo, è stata anche un po’ il volano di questo film, perché – racconta il regista – “a luglio 2021 stavo per andare al mare e sognai in bianco&nero quelli di Ventotene – da Spinelli e Ravera -, ma anche Ennio e Piero, che mi diceva: ‘…non ‘sta a fa il prezioso’, e così ho deciso”.
Se un senso di malinconia, tanto di decadenza intima quanto dello spirito sociale, corrono lungo tutto il film, Virzì però non esce dal racconto senza aver fecondato una possibilità di futuro, infatti se si può leggere anche un certo commento a una Sinistra franata, “tutto questo racconto ostinato di Sandro Molino (Silvio Orlando) qualcuno lo ha ricevuto, un bambino di 10 anni, Tito (Lorenzo Nohman, nel film, figlio di sua figlia Martina), appassionato di questa storia, che forse racconterà, e chissà se non sarà lui il prossimo leader della Sinistra”.
Orlando, con il suo personaggio, intellettuale e promotore dei padri dell’Europa, ha invece una palese difficoltà di pratica personale del rapporto paterno, con suo figlio, Altiero, che s’accenna ricostruito in extremis. “Siamo due alieni, io non riesco a capire chi lui sia, io che parlo tanto di diritti ma poi alla sua relazione gay il mio personaggio forse non c’è arrivato ancora; così lo salto (di generazione) e arrivo al nipotino, che raccoglie l’eredità; tra di noi c’è un salto generale che non si cuce, però sotto c’è un rapporto che sfocia nel dialogo/monologo”, spiega l’attore.
“Il rapporto con mio padre è risolto-irrisolto, alla fine non mi dà nemmeno l’opportunità di piangere”, chiosa Carpenzano.
Una dinamica famigliare che mette in scena – non tra i due, ma nell’affair “tra moglie e marito” – Laura Morante, perché “Cecilia non si rassegna a essere ignorata, si sente un po’ disprezzata da questo compagno intellettuale; lui non partecipa ai suoi tormenti, che sono un po’ mentali. Lei è un po’ egocentrica. È una questua continua di attenzioni. In fondo si amano, ma lei s’è sempre sentita un po’ inferiore, nel suo non essere proprio una cima, per cui c’è un dislivello”.
Con lei, eredità del primo film, altre due figure femminili, quella di Luciana (Paola Tiziana Cruciani) e quella di sua sorella Marisa, ovvero Sabrina Ferilli, che approda a Ventotene chiamata a partecipare al matrimonio della nipote Sabri, diventata influencer di successo grazie a unghie e extension, e la zia sente il suo arrivo necessario “per salvare mia nipote da questo matrimonio non giusto. Lei è una donna che crede nell’amore e si vede risolta nella coppia, per cui non avendo più il marito (Piero Natoli) investe su questo ingegnere (De Sica). È un personaggio malinconico, ma mai vinta né rassegnata, sempre con il seme della speranza. Lei è come l’avevamo conosciuta, malinconica, infelice: stava con Marcello, uomo fragile, corteggiata dal cognato Ruggero (Fantastichini), a cui per onestà non andò incontro. Resta anche qui, in questo secondo film, abbastanza illusa. Si tratta comunque di personaggi pieni di colore, di materia umana”.
Per Christian De Sica, sulla scena Pierluigi Nardi Masciulli, per tutti “l’ingegnere”, “Virzì è un grande maestro di recitazione. Il personaggio c’ha la morte attaccata al collo con una rosa in bocca, è un imbroglione: era un fiore all’occhiello per la mia carriera fare un film con lui. Di solito i registi ti dicono: ‘fai di meno’, ‘fai di più’: Paolo, dopo mio padre, è stato l’unico a venire all’orecchio a suggerirmi cosa fare, che mi ha aiutato moltissimo”.
Ma, questo matrimonio, s’ha da fare? Chissà. Di certo, dice Ferraioli-Ravel “io raccolgo l’eredità dell’adolescenza di Sabrina, che arriva inadeguata alle cose della vita, un’inadeguatezza che affronta con una sensibilità amplificata, che la porta a avere una lungimiranza. Come tutte le donne del film è sempre in lotta, con una forma di ottimismo della volontà. È un personaggio tenero, compassionevole, ‘all inclusive’ come direbbe Sabri Mazzalupi”.
Promesso sposo, ma soprattutto manager di Sabri a tutti gli effetti, deus ex machina di questa ingenua fanciulla poco colta ma che raduna e monetizza folle di follower, è un altro ruolo che nasce con questo secondo film, il cafonissimo e reattivo personaggio di Vinicio Marchioni. “Per Cesare abbiamo cercato di costruire un involucro: Paolo mi disse ‘questo ha gli occhi di una mucca’, che sintetizzava la mancanza intellettuale. Nell’idea della costruzione ci sono in mezzo come riferimento i fratelli Bianchi, quelli del caso di Colleferro (omicidio di Willy Monteiro Duarte, ndr), perché abbiamo cercato di riprodurre quel tipo di maschi alfa; e qualcosa dell’estetica maschile ossessiva di Cristiano Ronaldo. Cesare è un arrivista, un arrampicatore, uno che non è in grado di dare un bacio alla moglie, è un presuntuoso, e anche un pessimo padre: un povero stronzo. La mia grande difficoltà è stata trovare un equilibrio, mettere questo personaggio detestabile in questa commedia, ma ero nelle mani di un direttore d’orchestra, Virzì, e sono felice che l’arco di questo personaggio finisca in ginocchio, ai piedi di una donna”.
L’ultima delle sue donne, perché la precedente, Daniela, mamma di suo figlio Giorgio, non manca sulla scena, interpretata da Emanuela Fanelli che “all’inizio è una sfinge, non è allegra, non è solare, e non fa nulla per mascherare il suo malcontento. Guarda in modo un po’ snob questa famiglia, sente di avere un’eleganza, ma alla fine ha un dolore profondo che esprime: credo riassuma tutti i personaggi, accomunati da solitudine e mancanza di amore profonde”.
Un altro Ferragosto esce al cinema dal 7 marzo, con una “wide release” annunciata da Paolo Del Brocco (01 Distribution) di “oltre 400 copie”.
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