Valerio Mieli: la vita come flusso di ricordi

Una lunga storia d’amore esplorata attraverso i ricordi dei protagonisti, più o meno falsati da tempo ed emozioni, nell’unico film italiano in Concorso alle Giornate degli Autori, Ricordi? di Valerio


VENEZIA – Una lunga storia d’amore che si snoda attraverso il filo della memoria e delle molteplici connessioni tra passato e presente, è l’unico film italiano in Concorso alle Giornate degli Autori, Ricordi? di Valerio Mieli, nelle sale dal 21 marzo con BIM. Secondo lavoro del regista che torna dietro la macchina da presa dopo Dieci inverni (2009), apprezzata commedia sentimentale con Isabella Ragonese e Michele Riondino, presentata proprio a Venezia (SIC), che gli valse il David di Donatello e il Nastro d’Argento come miglior regista esordiente. Ricordi? è una riflessione acuta sull’esistenza e sui sentimenti, rappresentata attraverso una storia d’amore che lo spettatore rivive solo attraverso i ricordi dei due giovani protagonisti, più o meno falsati da emozioni, tempo e radicali differenze dei rispettivi punti di vista. Il viaggio di due persone negli anni, insieme e divise, felici e infelici, in un unico flusso di emozioni, sensazioni e memoria. “E’ la nostalgia che rende tutto bello e inventiamo una felicità perfetta che non c’è mai stata o siamo stati davvero felici, ma lo capiamo solo dopo?” E’ questa la domanda che pone il film, una coproduzione italo-francese tra BiBi Film Tv, Rai Cinema e Les Films d’ICi interpretata da Luca Marinelli e Linda Caridi insieme a Giovanni Anzaldo, Camilla Diana, Anna Manuelli ed Eliana Bosi. 

Nel film la storia dei due protagonisti è esplorata solo attraverso i loro ricordi. Da dove nasce questa scelta di raccontare una vicenda d’amore dall’interno dei personaggi piuttosto che dall’esterno? L’idea di esplorare i vari modi in cui il ricordo permea la nostra esistenza è affascinante da trattare al cinema perché permette di raccontare, oltre alla vita, l’esperienza della vita. Ho fatto questa scelta perché era esattamente quello che mi sarebbe piaciuto vedere in un film. Quando sono ai festival, come qui a Venezia, cerco di veder più film possibili, perché ritengo importante per noi registi riconoscere le emozioni che ci danno i lavori degli altri, per comprendere come smuovere emotivamente il pubblico. Ero curioso di capire se era possibile mostrare come viene percepita l’esperienza della vita, più che la vita stessa. Non far finta che quello che mostro sullo schermo sia la realtà, ma andare più a fondo, sfruttando tutti gli strumenti che il cinema ha a disposizione.  

I due ragazzi, che hanno approcci alla vita completamente diversi, si conoscono raccontandosi episodi d’infanzia. In che modo il ricordo del passato modifica la nostra esistenza ed esperienza del presente? 
Quello che abbiamo nella testa, i ricordi, sono sempre presenti mentre noi viviamo. Lui all’inizio vive proiettato al passato, studia storia romana, ha sempre in mente ricordi cupi della sua infanzia e non riesce a vivere pienamente il presente perché troppo ancorato al passato. Lei, invece, vive proiettata nel futuro, per quanto si sforzi non riesce a ricordare qualcosa di brutto nel suo passato, almeno è così all’inizio della storia. Non conosce ancora la nostalgia, ma neanche la profondità che ne deriva. 

Nel corso del film i due ragazzi crescono e cambiano: lui scopre che è possibile un amore che duri nel tempo, lei impara la malinconia. Da dove nasce questo cambiamento? 
All’inizio lui è complesso e malinconico, lei allegra e incantata. Quando si avvicinano si influenzano a vicenda: lei ha su di lui un effetto potentissimo, grazie all’amore che prova anche il passato comincia a cambiare e a farsi più leggero, e inizia a ricordare in modo bello anche la sua infanzia. Quando siamo più sereni cambia sia la percezione del presente che quella del passato e ricordiamo episodi diversi, oppure sfumature diverse degli stessi episodi. Lei fa un percorso inverso: i suoi ricordi, all’inizio incantati, si fanno più cupi, ma scopre anche la malinconia e la profondità che danno le emozioni negative.

I mondi dei due protagonisti sono anche rappresentati da precise scelte cromatiche. Il mondo che rivive attraverso i ricordi di lui è più scuro, quello di lei pieno di colori.  
Il colore percepito del mondo è diverso quando si è innamorati o arrabbiati, perciò i loro ricordi hanno tonalità differenti. Man mano, poi, che i personaggi evolvono anche il loro sguardo si trasforma a livello cromatico, quello di lui si alleggerisce, quello di lei matura, si fa più complesso e più scuro. Il colore è uno straordinario  strumento per rendere le emozioni, molto ricco e pieno di sfumature. Così, se da un lato il film attinge alla letteratura in termini di rappresentazione di flusso di coscienza e di soggettività della percezione, si ispira all’arte figurativa riguardo  l’utilizzo del colore e dell‘immagine per trasmettere emozioni.  

Come è avvenuta la scelta dei due protagonisti Luca Marinelli e Linda Caridi? 
A Luca Marinelli avevo già pensato, mi aveva colpito fin dagli inizi della sua carriera e, per molti versi, mi rispecchio in lui come persona. Quando ci siamo poi conosciuti si è creata, poi, subito un grande simpatia e complicità personale. Per il personaggio interpretato da Linda ho fatto, invece, molti provini, il suo ruolo era molto complesso perché richiedeva di interpretare uno stesso personaggio visto da differenti punti di vista e che cambia nel tempo. Credo che sia stata molto credibile nel suo lavoro e spero che, come è successo con Dieci Inverni per Isabella Ragonese, questo ruolo le porti fortuna e la faccia emergere come attrice.

 

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04 Settembre 2018

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