Valerio Mastandrea


V. MastandreaE’ stato presentato a Venezia, nella sezione Corto cortissimo, il cortometraggio Trevirgolaottantasette, diretto dall’attore Valerio Mastandrea, che è anche giurato nella sezione Orizzonti e appare come attore in altri due corti presenti sul Lido: Il ragno e la mosca di Emanuele Scaringi,  nel ruolo di un infermiere, e Sotto le foglie di Stefano Chiodini, storia di un incontro con una ragazza (Cecilia Dazzi) sulla sedia a rotelle.

Mastandrea, di cosa parla il cortometraggio che hai diretto?
E’ tratto da un soggetto di Daniele Vicari che mi era piaciuto molto, anche perché rappresentava una sfida tecnica, visto che ho dovuto dividere il corto in due parti, e poi c’era un aspetto popolare molto interessante. La storia è ambientata nei Mercati Generali di Roma ed è interpretata da attori professionisti, come Elio Germano, Jasmine Trinca e Marco Giallini, ma all’interno del film recitano pure i cosiddetti “pontaroli” veri, ovvero gli operai che lavorano sui ponteggi: uno di loro, nel film, muore e proprio quando stavamo girando il corto sono morti altri due operai sul raccordo anulare di Roma. Oggi ho saputo che c’è stato un altro incidente: la sicurezza sul lavoro degli operai è davvero precaria. Non è comunque un film denuncia, semmai un film che suggerisce l’attenzione verso questi problemi.

Pensi, che in Italia si sia finalmente salita l’attenzione per i cortometraggi, che in genere sono i più penalizzati, nelle sale come in tv?
Vent’anni si producevano cortometraggi ed erano visti. Poi sono spariti dalla circolazione ed ora stanno tornando, ma ancora c’è molto da fare in questo senso. Forse, il ritorno dei corti significa che sta maturando il cinema indipendente, sebbene occorrerebbe dare prima forza e spazio ad un cinema industriale che in Italia stenta a crescere.

Domani verrà decretato il film vincitore di Orizzonti: qual è stata la tua impressione sul panorama delle pellicole presenti in questa sezione?
Ho visto film complessi, con linguaggi diversi, alcuni molto difficili, ma tutti ben strutturati e con scelte originali dei soggetti: tra questi c’è l’italiano Texas di Paravidino.

Cosa pensi della presenza davvero esigua delle registe, tra le quali figura l’applauditissima Cristina Comencini, unica donna in concorso con “La bestia nel cuore”?
E’ un peccato. Le registe, come le attrici, sono penalizzate dal sistema cinematografico. Credo sia un fenomeno molto italiano. Sono quasi inesistenti le storie che raccontano l’universo femminile, perché forse la donna fa ancora paura all’uomo e nonostante si viva per certi versi in una società patriarcale, la figura femminile viene ufficialmente tenuta a bada, anche a causa della cultura cattolica.

08 Settembre 2005

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