“Una sterminata domenica”: tra Caligari ed Evangelion

Passa a Venezia 80 nella sezione Orizzonti il film di Alain Parroni, che a una vicenda giovanile semplice e di stampo "neo-neorealista" abbina gusto visivo e una rilevante componente pop


Piena estate romana. Alex, Brenda e Kevin si muovono tra la ruralità costiera e l’eterna metropoli, cercando di affrontare il progresso inarrestabile dell’orologio e del clima ardente.

Alex ha da poco festeggiato il suo diciannovesimo compleanno, Brenda è in attesa di un bambino e Kevin sta facendo risuonare il suo nome per tutta la città: ciascuno sta cercando di lasciare un’impronta indelebile nel mondo. Una serie continua di situazioni, paradossi e personalità si susseguono in una struttura narrativa che richiama un insolito romanzo di crescita

Le singole vicende vissute dai tre non costituiscono una sequenza casuale di avventure, ma piuttosto i gradini di un processo di orientamento, crescita e maturazione. Gli intrecci sentimentali e il raggiungimento dell’indipendenza rappresentano il fulcro delle situazioni in cui i ragazzi si ritrovano coinvolti, agendo istintivamente ma gradualmente catalizzando la corsa verso un solo grido congiunto: “Io esisto”.

Passa a Venezia 80 nella sezione Orizzonti Una sterminata domenica di Alain Parroni, prodotto da Fandango, Alcor, Art me pictures, Road Movies e Rai Cinema, con Enrico Bassetti, Zackari Delmas, Federica Valentini e Lars Rudolph. Sarà poi in sala il 14 settembre sempre con Fandango.

Il regista trentunenne mostra un’ottima sensibilità visiva che si incastra in una vicenda semplice che lascia spazio a una certa assonanza con il neo-neorealismo di Claudio Caligari. “Lui raccontava un momento storico diverso, quando ancora non c’erano i cellulari, io mi sono posto una domanda diversa – dice Parroni – Per la mia generazione è una questione di linguaggio Raccontare la propria realtà nel 2023 è un atto tenero e prepotente che implica l’affronto delle profonde ambiguità, degli stereotipi e delle contraddizioni nella società mediatica in cui si è cresciuti. Siamo contaminati: bombardati da un reflusso di citazioni, da un agglomerato di immagini, da una simultaneità di informazioni ed emozioni provenienti dal cinema, da internet e dalla fotografia di massa. Se vivi in campagna, a 30 km da una delle più antiche città del mondo, sei comunque inondato da pellicole hollywoodiane, pop e anime giapponesi diffusi dalle tv generaliste, nonché da film di autori sconosciuti, scaricati da server remoti e sottotitolati approssimativamente. Offrire uno sguardo onesto richiede la messa in discussione dei linguaggi e dei media che le nuove generazioni utilizzano, così come i loro valori in relazione al mondo che li circonda. Alex, Brenda e Kevin non sono altro che il sogno di un adolescente preoccupato che si addormenta con lo smartphone in mano davanti la TV accesa a tutto volume. Quindi per me queste influenze devono essere integrate, compresi gli anime o gli action movie. Non importa che siano commerciali, sono giuste per raccontare la realtà dei miei coetanei. Volevo che ci fosse un senso di riconoscimento per i giovani che guardano il film”.

Nonostante l’ottima resa del dialetto, non tutti gli attori sono romani: “quando ho iniziato a scrivere il film – prosegue Parroni – non pensavo tanto al casting quanto a raccogliere informazioni su una certa realtà di provincia, per capire quali fossero le espressioni e il sentire comune che era anche parte del mio vissuto. Brenda/Federica la conosco da quando aveva quattordici anni. Gli altri due regazzi vengono da Torino e dal lago di Garda. L’idea era di fare un corto che poi avrei voluto presentare al CSC, a cui non sono stato preso, e forse è stato meglio così, perché ha alimentato un senso di vuoto che mi ha spinto a fare questo e soltanto questo nella vita e a concentrarmi e sperimentare al massimo, anche grazie alla fiducia del produttore che mi lasciava la macchina da presa pure nel weekend, contro le regole dell’assicurazione. Mi hanno costruito un setting di ripresa leggerissimo, con le batterie attaccate alla cintura, sembrava di avere a che fare con una macchina fotografica, poi in color correction abbiamo lavorato quasi come se dovessimo fare un restauro. Questo è stato il mio grado di sperimentazione. Tra le mie influenze ci sono Neon Genesis Evangelion, Sergio Leone, Chris Marker… ho fatto un giro di tombe di registi per chiedere una mano dall’alto”.

La lavorazione del film ha attraversato l’epoca del Covid: “era sostanzialmente scritto quando è scoppiata la pandemia e devo dire che il lockdown gli ha fatto più bene che altro, perché è stato un momento in cui le produzioni si sono fermate a riflettere, quindi mi ha avvantaggiato, altrimenti mi sarei perso nel marasma delle proposte. A inizio lavorazione alcuni attori hanno avuto il Covid e abbiamo dovuto fermare le riprese, ma per il resto tutto è filato liscio”.

La vicenda si converte presto in una specie di dramma della gelosia: “Il trio – conclude Parroni – era un unico personaggio, il più importante. Non abbiamo fatto prove, ma delle passeggiate insieme, mi sono convinto a scegliere loro perché ho capito che aveva ingranato una certa chimica. Il punto è più che altro la paternità. Alex esplode perché si vede sfuggire dalle mani la possibilità di costruire un futuro”.

di Andrea Guglielmino

31 Agosto 2023

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