Nel 1923, durante una vacanza con la famiglia della sorella a Graal-Müritz, sul Mar Baltico, Franz Kafka incontra Dora Diamant, una giovane tedesca di famiglia ebrea ortodossa che aspira a diventare ballerina e presta servizio volontario in una colonia per bambini. Affascinato dalla vivacità di Dora, Kafka, che allora aveva quarant’anni e soffriva già di tubercolosi, decide di trasferirsi a Berlino, nonostante l’opposizione della famiglia, per vivere accanto alla donna che ama, trascorrendo con lei l’ultimo anno della sua vita. In questo periodo, si riconnette anche alle sue radici ebraiche e lavora a un nuovo scritto. Tuttavia, il peggioramento della malattia lo costringe infine a ricoverarsi in un sanatorio austriaco, dove trascorre i suoi ultimi giorni accudito da Dora.
Esce in sala con I Wanted il 31 ottobre, in concomitanza con il centenario della morte del grande autore L’amore secondo Kafka di Judith Kaufmann e Georg Maas, con Henriette Confurius, Sabin Tambrea e Manuel Rubey, titolo originale The glory of life, come il romanzo di Michael Kumpfmüller da cui è tratto.
Il tono del film è lirico e sognante, particolarmente nella prima e nell’ultima parte, che mostrano l’euforia dell’amore nascente e la tristezza per la vita che sfugge, con scene immerse in una luce calda e impressionista e accompagnate da un commento musicale dolce, seppur a tratti invasivo. La parte centrale a Berlino, tra crisi economica e un appartamento freddo e angusto dove la salute di Kafka peggiora, è invece più scura e misurata, pur rappresentando il momento in cui la loro relazione si approfondisce e si complica. Viene messo in rilievo il desiderio di Kafka di distruggere i propri scritti (richiesta che l’amico Max Brod rifiutò, lasciandoci così una preziosa eredità letteraria) e l’impegno comunista e la solida fede ebraica di Dora, che avvicinò Kafka a questi aspetti spirituali.
Il rapporto di Kafka con il cinema è lungo e fruttuoso, si ricordino a solo titolo di esempio il Delitti e segreti di Soderbergh o il più recente Metamorphosis di Valeri Fokin, oltre a varie trasposizioni de Il castello e Il processo.
Non è mai facile rapportarsi a un artista di tale portata:
“Durante il tempo trascorso con Dora – raccontano gli autori – Kafka scrisse alcuni dei suoi testi più noti, i quali, sebbene in forma indiretta, riflettono la vita che condivideva con lei negli ultimi anni della sua esistenza, come in ‘L’artista della fame’, ‘Josefine, la cantante’, ‘L’edificio’ e ‘Una donna piccola‘. Nel concepire questo film, abbiamo voluto trasmettere una narrazione che si dipana attraverso immagini evocative e concentrate, ponendo l’accento sui personaggi e sulla loro profonda storia d’amore. La nostra ambizione è che il film rifletta un design visivo simile a quello di “Tre giorni a Quiberon”, piuttosto che alla grandiosità di “Il dottor Zivago”. In questa storia, Dora e Kafka si trovano sempre su un piano paritario, e gran parte della narrazione è filtrata attraverso lo sguardo di lei.
L’ambientazione del film, risalente agli anni 1923-24, è intrisa di tensioni storiche: crisi economica, povertà, inflazione, antisemitismo e carestia. Questi temi non vengono mai espressi in modo diretto, ma emergono in maniera sottile e implicita, a complemento dell’intreccio emotivo. Come in “Quiberon”, l’attenzione è rivolta ai personaggi, mentre le circostanze storiche si disvelano sullo sfondo, senza mai sottrarre spazio all’atemporalità della loro esperienza. Con tocchi delicati e ben ponderati, il contesto diventa parte integrante della narrazione, ma senza mai sopraffare la vita interiore dei protagonisti.
Il finale del film non deve risultare pesante o tragico. Al contrario, la visione si fa più calda e permeabile, quasi in un paradosso narrativo. Dora e Franz, consapevoli che la morte si avvicina, non perdono la speranza di una cura, che riemerge proprio nei momenti più bui. La pressione sociale spinge Dora a considerare il matrimonio con Franz, una scelta che garantirebbe il suo sostentamento dopo la sua morte.
Tuttavia, lei rifiuta, perché sa che una proposta in quel momento sarebbe un segnale di resa, una perdita definitiva di speranza. Questo sacrificio avrà un prezzo elevato: dopo la morte di Franz, Dora otterrà solo una minima parte dei diritti d’autore, mentre le sue fortune crescono per altri. Come moglie di Kafka, la sua presenza sarà pressoché dimenticata, e lei morirà in miseria, mentre molti trarranno profitto dai suoi scritti. Eppure, Dora non si è mai pentita della sua scelta”.
E naturalmente, c’è la vicenda sentimentale in sé:
“Chiunque conosca Dora sa cos’è l’amore”, affermava un buon amico di Kafka. È questa l’emozione che desidero susciti nel pubblico al termine della visione: un sentimento profondo, un misto di commozione e gioia, con un sorriso sulle labbra e una lacrima negli occhi.
“Franz e Dora conducevano una vita quotidiana serena – spiegano i registi – godendo della compagnia reciproca e della leggerezza che caratterizzava il loro legame, in netto contrasto con le precedenti relazioni di Kafka, che erano state segnate da barriere emotive. “L’amore secondo Kafka” desidera riflettere questa leggerezza. Nel romanzo, vi è una scena d’amore straordinariamente tenera, descritta con una sobria delicatezza. Nel film, non ci si limita a una sola scena, ma la moderazione rimarrà un elemento fondamentale, soprattutto considerando la scarsità di informazioni sulla vita intima di Kafka. La dimensione fisica è cruciale: Kafka, afflitto da una paura della vicinanza, trova in Dora la possibilità di vivere appieno l’intimità per la prima volta.
Tuttavia, la tubercolosi si presenta come un antagonista opprimente, sfidando continuamente la coppia. Con il passare del tempo, le complicazioni della malattia metteranno entrambi alla prova: Franz dovrà permettere a Dora di prendersi cura di lui, mentre Dora dovrà accettare la trasformazione del suo amante in paziente.
Per una parte dei soli dieci mesi trascorsi insieme, i due furono costretti a separarsi a causa delle cure ospedaliere di Franz. Durante questo periodo, si scambiarono lettere colme di desiderio e affetto. Poiché la corrispondenza originale è andata perduta, utilizzeremo estratti da altre lettere di Kafka, in accordo con le attuali ricerche sul suo lavoro”.
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