L’incontro di Giuseppe Tornatore con il pubblico, alla Festa del Cinema di Roma 2023, comincia proprio dall’ultima sua opera, non l’ultima girata e prodotta ma l’ultima in uscita in ordine di tempo, che per una strana curiosità circolare era stata girata contestualmente al suo primo film, Il camorrista (1986), come ha raccontato lo stesso Tornatore nel presentarla in anteprima il 25 ottobre proprio alla Festa: Il camorrista – La Serie.
Parlando del suo esordio, Tornatore non può che parlare di Goffredo Lombardo, patron della Titanus, e così racconta: “avevo attenuto un’opzione dei diritti de Il camorrista, il libro di Joe Marrazzo, per un anno, che mi era stata corrisposta gratuitamente; Goffredo, quando gli proposi il libro, lo lesse e mi disse: ‘non credo che alla gente possano interessare storie del genere, non lo faccio’. Io conoscevo solo lui come produttore, e nessun altro: di fronte al suo ‘no’ non sapevo cosa fare ma quando mi ero trasferito a Roma nell’83/’84 avevo fatto un patto con me stesso, mi ero detto ‘se vuoi veramente resistere, quando ti dicono no, fai come se fosse sì’; così, quando Goffredo mi disse ‘no’, mi mossi come se fosse ‘sì’, e mi mossi per cercare il protagonista” e accadde che “…chiesi a Ben Gazzarra se si fosse sentito di fare una conferenza stampa, così anche a Joe Marrazzo: non avevamo soldi, e ci offrì gratuitamente il ristorante Gigi Proietti, a Fontanella Borghese, e feci lì la conferenza, di lunedì, quando il locale era chiuso. Vennero un sacco di giornalisti, e alla domanda: ‘ma chi lo produce?’, risposi ‘Goffredo Lombardo’. Uscirono intere pagine di giornale. La mattina dopo Lombardo mi chiamò, era molto arrabbiato: gli dissi fossi disposto a fare una smentita, ma non volle, diceva che una smentita serve solo a far circolare di più la notizia. Io gli feci notare che questa attenzione sui giornali dimostrava però un interesse sul tema, al che lui accordò di finanziarmi la sceneggiatura… e da lì parti il film”.
Lombardo non produceva più da Il gattopardo, quando produsse Il camorrista e, racconta ancora Tornatore, “mi aveva dato subito l’impressione di essere un uomo attento a ciò che gli succedeva intorno e attento alle persone che incontrava; era anche molto ironico, ma attento perché sempre sul punto di dover investire, una pulsione mai persa, nemmeno dopo la stagione triste de Il gattopardo. Lui alla Titanus ad un certo punto divenne socio minoritario e rimase solo come distributore, ma decideva ancora a chi dare il minimo garantito e così era comunque lui a decidere il bello e il cattivo tempo: poi, pian piano si ristabilì nel suo ruolo. Io ricordo il momento che nacque la simpatia tra noi, durante Cento giorni a Palermo – io produttore esecutivo e lui distributore -, per cui mi convocò perché stavamo sforando di circa due settimane le riprese e così ci bloccò i pagamenti; io lì tornai di corsa a Palermo dal regista Giuseppe Ferrara che decise di creare una seconda unità, e decise che io avrei fatto la regia; mi affidò le scene d’azione, cose complicatissime, ma spiegandomi eseguii il compito. Dopodiché, mi chiamò Lombardo chiedendo come avessimo fatto senza tagliare e a costo zero, e domandando: ‘chi l’ha diretta?’. Risposi: ‘io, che sogno di fare il regista da sempre’. Lombardo rimase incuriosito, forse anche per questo non mi mise alla porta quando mi presentai a chiedere di fare il mio primo film”.
Quelli in cui si produsse Il camorrista “erano anni di grande crisi per il cinema italiano, tra l’85 e l’88: molti cinema diventarono a luci rosse. Il camorrista all’uscita non ebbe successo, ma nemmeno fu un fiasco, seppur non ebbe vita felice, però la critica ne parlò bene: Goffredo prima che uscisse mi convocò e mi disse: ‘firma’. Era un accordo in esclusiva per 3 film in 5 anni; mi dava un fisso mensile e per i tre film mi avrebbe corrisposto i compensi per regia, etc. Io cominciai a proporgli soggetti, idee, spunti, ma non gli piaceva niente, niente. Dopo un anno cominciai a intristirmi perché l’esclusiva ti dà entusiasmo ma non puoi fare niente con nessun altro, e lui lo capì e mi disse: ‘non hai un sogno nel cassetto?’ e io risposi ‘sì, ma vorrei farlo più avanti… perché vorrei anche produrlo’. Gli raccontai a voce Nuovo Cinema Paradiso. Si commosse… e mi mandò a scriverlo. Ci pensavo dal ’77: lo scrissi, glielo portai, lo lesse, era il 30/31 dicembre; mi chiamò e disse ‘me lo avevi raccontato meglio’, era un po’ deluso; lui fece un passo indietro e io rimasi incastrato. Ci fu uno scambio di lettere – lui era un grafomane -, uno scontro epistolare, e mi disse: ‘avverto tra le righe che vuoi chiedere l’accordo’ e mi chiamò per una rottura consensuale; ma non potevo firmarlo quel documento e così tirai fuori un foglio scritto da me, identico al suo, ma con l’indicazione che i diritti di Nuovo Cinema Paradiso restavano a me. Me ne andai con le pive nel sacco, e il film lo feci con un altro produttore, Franco Cristaldi. Siamo sempre rimasti amici, fu sempre affettuoso, e non abbiamo più parlato dell’episodio. Lui, per Cinema Paradiso, mi diede tra l’altro un suggerimento importantissimo: nella mia idea, Totò non era orfano di padre; e lui mi disse: ‘c’è un padre di troppo’, un’intuizione, perché la presenza del padre indeboliva la figura del padre putativo, di Alfredo. Io non ho fatto scuole di cinema ma il primo film con Lombardo, e il secondo con Cristaldi, sono stati come andare a scuola 5 anni”.
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