The Space Between: come co-produrre tra Italia e Australia e vivere felici

Presentato nella sezione Alice nella Città, è a memoria d’uomo la prima co-produzione italo-australiana mai realizzata


Marco è un ex chef talentuoso. Una sera, durante una cena, conosce Audrey, una ristoratrice australiana. Innamoratasi della cucina di Marco, Audrey gli offre un lavoro in Australia. Marco non ha lo spirito per accettare. Ma un tragico evento e l’incontro con Olivia, una ragazza australiana affascinante e piena di vita, gli aprono gli occhi sul futuro.
Presentato nella sezione  Alice nella Città – KINO Panorama│Italia, prodotto da Ideacinema, Mondo Studio Films, con il contributo del MiBACT, Fantastificio, con la partecipazione e il sostegno del Fondo Audiovisivo Friuli Venezia Giulia, con il sostegno di Friuli Venezia Giulia Film Commission e distribuito da Istituto Luce Cinecittà The space between di Ruth Borgobello, in sala dal 4 maggio, è a memoria d’uomo la prima co-produzione italo-australiana mai realizzata, con tanto di apparizione di Ronnie Di Stasio, celebre ristoratore australiano e parte della lista degli sponsorizzatori del progetto concepito da Borgobello: “Per la verità il suo ruolo l’ho scritto prima di incontrarlo, ma sapendo quanto gli interessava l’Italia ho deciso di farne l’antagonista di Marco, che avrebbe portato fuori il suo ego e sprigionato la sua personalità. Anche lui è di origine italiana e ha un caffè di grande successo a Melbourne. Abbiamo cambiato solo il nome, il resto era già in sceneggiatura. Mio marito è di Gorizia ed è anche lui uno chef. Io non so cucinare, forse per questo ne ho sposato uno. Quindi avevamo da subito pensato di creare una storia sul mondo che conoscevamo. Oggi i cuochi sono diventati un po’ delle rockstar, e la cucina funziona benissimo anche al cinema per via della sua potenza immaginifica. I sensi, i sapori, i colori. Pensi che anche moltissimi italiani fanno i baristi in Australia e vengono pagati benissimo. Fanno un caffè speciale”.

Il film ha comunque un feeling estremamente europeo. Sebbene l’accordo di co-produzione tra i due paesi fosse stato firmato nel 1996, la crisi e la crescente difficoltà economica dell’Italia e in particolare del suo mercato dell’audio visivo ha sempre ostacolato, a sua detta, il desiderio di realizzare un film qui: “Siamo arrivati nel 2010 con tutte le carte in regola – dice – convinti che avremmo iniziato a girare entro l’anno. Poi la crisi finanziaria ha portato la compagnia a crollare. Mio padre era preoccupato, pensava che fossi un po’ pazza. Le agenzie italiane lo trovavano basso, ma non avremmo mai trovato finanziamenti in Italia se lo avessimo incrementato. Così ci siamo detti, come possiamo farlo con i soldi che realisticamente possiamo raccogliere. Di qui l’idea di rivolgersi alle finanze dei privati australiani. Lo rifarei ancora. Ora che sappiamo come farlo funzionare, conosciamo i documenti e i contratti. Era un puzzle difficile da comporre, ma ora lo sappiamo così anche altri produttori potranno usare questo schema. Sono due sistemi, quello italiano e quello australiano, radicalmente diversi. In Australia vogliamo fare le cose velocemente, per l’Italia ci vuole tempo. Però mi sono trovata bene a lavorare in Italia e il paese continua a chiamarmi. Ho tre progetti in piedi e sempre con l’Italia di mezzo. Anche il casting è stato facile, ho trovato subito attori con l’energia giusta. E’ buffo perché il film è uscito da poco in un festival australiano, dove ha avuto successo, e lì mi hanno detto che sembra un film australiano. A ciascuno il suo. Sono comunque molto ispirata da Antonioni, Fellini, e tra i registi recenti amo Sorrentino e Guadagnino”.  

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20 Ottobre 2016

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