‘The flat’ apre il Pitigliani Kolno’a Festival

Torna dal 2 al 6 novembre alla Casa del Cinema e presso il Centro Ebraico Italiano Il Pitigliani di Roma, il Pitigliani Kolno’a Festival, kermesse di cinema giunta alla sua ottava edizione


Torna dal 2 al 6 novembre alla Casa del Cinema e presso il Centro Ebraico Italiano Il Pitigliani di Roma, il Pitigliani Kolno’a Festival, kermesse di cinema giunta alla sua ottava edizione, diretta da Dan Muggia e Ariela Piattelli, che propone – a ingresso gratuito fino a esaurimento posti – nuovi titoli e prestigiosi ospiti. Unica rassegna cinematografica in Italia dedicata al cinema israeliano e di argomento ebraico, prodotto da Il Pitigliani – Centro Ebraico Italiano, il festival presenta film e documentari, organizza laboratori e incontri con registi e protagonisti della cinematografia contemporanea. Film di apertura, sabato 2 novembre alle ore 20:00 (ingresso a inviti) è il documentario The flat, di Arnon Goldfinger, che sarà proiettato contemporaneamente nelle due sale della Casa del Cinema e sarà riproposto al pubblico domenica 3 novembre.

Un grande evento del PKF 2013 presenta, lunedì 4 novembre alle ore 20:00, per la sezione PKF Professional Lab, il workshop moderato dal direttore Dan Muggia, dal titolo Dal piccolo budget al grande schermo, con il regista Sahron Bar-Ziv, che, con il suo primo film, Room 514, ha sviluppato un proprio metodo di lavoro: con 15mila euro ha girato il film in 4 giorni, lo ha montato in 16 e lo ha presentato in 35 festival internazionali. Il regista spiegherà durante l’incontro (già proposto con successo in festival internazionali come il Filmex di Tokyo, ma anche a Sarajevo, Karlovy Vary, Tel Aviv e Varsavia) come, in un periodo di scarsi finanziamenti e grandi rischi, si possa portare una storia sul grande schermo con un “micro budget“, partendo dalla strategia e sceneggiatura per approdare all’aspetto produttivo, al finanziamento e alla distribuzione.

A seguire, la proiezione del suo stesso lungometraggio d’esordio, Room 514. Tra le iniziative del PKF 2013, l’Omaggio al regista Ran Tal, che sarà presente a Roma per presentare al pubblico due suoi recenti documentari, durante la serata di mercoledì 6 novembre a partire dalle ore 19:30 presso il Centro Ebraico Italiano Il Pitigliani (via Arco de’ Tolomei, 1). Sarà infatti proiettato per primo  The Garden of Eden, già premiato al Festival di Gerusalemme, che ritrae, catturando la bellezza del ciclo delle stagioni e scoprendo storie umane personali e collettive, un anno di vita di Gan HaShlosha, uno dei più grandi e frequentati parchi in Israele, conosciuto come il Sakhne. Quindi, il pluripremiato Children of the sun, già vincitore del Primo Premio nella sezione Documentari al Festival di Gerusalemme, che, tra nostalgia e memoria traumatica, tra l’incubo dei bambini costretti a dormire lontano dai propri genitori e la felicità causata dalla consapevolezza di crescere nell’indipendenza totale, racconta la storia dei primi anni del Novecento dei kibbutzim israeliani, aziende agricole un tempo di stampo socialista che sperimentavano la vita collettiva cercando di rivoluzionare i cardini della società.  

Tre i documentari presentati, alcuni dei quali con una doppia proiezione. Primo fra tutti I Guardiani d’Israele – The Gatekeepers, di Dror Moreh, distribuito in Italia da I Wonder in collaborazione con Unipol Biografilm Collection. Un film che ha fatto discutere, non solo in Israele: sei ex capi dei servizi segreti israeliani, lo Shin Bet, raccontano per la prima volta la loro verità. Un racconto dietro le quinte sul conflitto che ha insanguinato il Medioriente. Rifiutando lo schermo del segreto di Stato, i sei protagonisti  svelano un racconto diretto, brutale, a tratti terrificante nella sua cieca logica della “ragione superiore”. Le interviste, alternate a rari materiali d’archivio, formano una contro-storia in cui l’autorevolezza dei protagonisti non lascia illusioni: anche i crimini e il sangue sono parte di un disegno che prosegue con ostinata coerenza dal 1948. Quindi è la danza contemporanea israeliana ad essere protagonista di Let’s dance, di Gavriel Bibliovic, che racconta, con interviste ai più celebri coreografi israeliani e materiale d’archivio e video-danze, l’influenza tedesca e americana e il successo nei teatri di tutto il mondo di questa danza raffinata.

Infine, per l’appunto, The flat di Arnon Goldfinger L’appartamento al terzo piano di un edificio stile Bauhaus a Tel Aviv è sempre appartenuto ai nonni del regista, immigrati in Palestina dalla Germania. Dopo la morte del nonno, i membri della famiglia si radunano per sgombrare l’appartamento pieno di memorie. Alcuni oggetti danno lo spunto al regista per iniziare una ricerca che si snoda tra i due Paesi, con l’obiettivo di capire perché i suoi nonni abbiano mantenuto prima, ma anche dopo la Shoah, rapporti di stretta amicizia con una famiglia tedesca e forse persino nazista. Il documentario, distribuito nei cinema israeliani e tedeschi, si è aggiudicato il Primo Premio al Festival di Gerusalemme, il Premio dell’Accademia israeliana e il Primo Premio al Bavarian Film Award.

Per la sezione Percorsi Ebraici, alla presenza dei rispettivi registi saranno presentati due documentari in lingua italiana: il primo,  Birobidzhan – La musica dell’anima, prodotto dalla Radiotelevisione svizzera è diretto da Matteo Bellinelli, che sarà presente alle due proiezioni del 4 e del 5 novembre, quest’ultima alla presenza anche di Katia Tenenbaum. La Terra Promessa esiste? Per molti si trova nell’ultimo lembo dell’Estremo Oriente russo, oltre la Siberia, in Birobidzhan, a lungo definita “la prima Israele”, dove Stalin, nel 1932, fondò l’omonima Repubblica Autonoma Ebraica, ideata per accogliere tutti quegli ebrei russi che volessero vivere, più o meno volontariamente, su di una “loro” terra, secondo ideali e valori consoni alla propria storia, tradizioni e lingua, lo yiddish, che si parla ancora a Birobidzhan, a distanza di 80 anni. Quindi, il documentario italiano Il viaggio più lungo: gli ebrei di Rodi, diretto da Ruggero Gabbai, che presenterà il film in sala il 5 novembre, con Marcello Pezzetti, Direttore Scientifico del Museo della Shoah e Sami Modiano, sopravvissuto ai campi di sterminio nazisti. Prodotto tra gli altri dal Museo della Shoah di Roma e dal Memoriale della Shoah di Milano Binario 21, racconta come per secoli l’isola di Rodi abbia avuto un’importante comunità ebraica. Durante la Seconda Guerra Mondiale, fino all’estate del 1943, Rodi rimase sotto il controllo del governo fascista italiano, il quale, pur avendo emanato già nel 1938 le leggi razziali, di fatto non mise in pratica nessun atto violento verso la comunità, che non venne pertanto deportata nonostante le incessanti pressioni naziste.  

Tre i lungometraggi presentati dal PKF 2013: Room 514, lungometraggio d’esordio low budget di Sharon Bar-Ziv, che sarà presente alla proiezione (3 novembre) e che racconta di una determinata, giovane investigatrice che si confronta con un ufficiale dell’esercito accusato di avere oltrepassato i limiti della sua autorità. Un film realistico, claustrofobico e sincero che non esita a guardare dritto negli occhi la complessa realtà israeliana, dove non è sempre facile distinguere il bene dal male. Quindi, The Ballad of Weeping spring, di Benny Torati, la storia dei componenti di una band leggendaria, l’Ensamble Turquoise, separati da una tragedia automobilistica, che si riuniscono per suonare un emozionante concerto di addio a uno dei membri  del gruppo. Terzo lungometraggio presentato, Six Acts, opera prima di Jonathan Gurfinkel , scritto da Rona Segal (entrambi premiati al Festival di Haifa), uno sguardo realistico e crudele sul comportamento di una gioventù viziata e perduta nella storia della liceale Gili, che, determinata a migliorare il proprio status sociale, inizia a spingersi oltre i propri limiti negli incontri con gli uomini. Il secondo Omaggio del festival è dedicato a due registi, Michal Brezise e Oded Binnum, diplomati alla Sam Spiegel Film Institute di Gerusalemme, di cui saranno presentati due cortometraggi firmati a quattro mani. Il primo, Lost paradise, che ha finora raccolto oltre cinquanta premi internazionali è la storia di una coppia che passa una notte d’amore in un hotel. Quindi, Aya, interpretato da Sarah Adler e Ulrich Thomsen è la breve storia di un musicista danese che arriva all’aeroporto di Tel Aviv, dove incontra una donna che si fa passare per la sua autista. Inizia così un viaggio in auto verso Gerusalemme tra due sconosciuti.

autore
29 Ottobre 2013

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