Tar conferma chiusura cinema e teatri

Nessuna sospensione del Dpcm con il quale il 2 marzo scorso, per fronteggiare l'emergenza epidemiologica, è stata reiterata la sospensione totale degli spettacoli aperti al pubblico


Nessuna sospensione del Dpcm con il quale il 2 marzo scorso, per fronteggiare l’emergenza epidemiologica, è stata reiterata la sospensione totale degli spettacoli aperti al pubblico in teatri, sale da concerto, sale cinematografiche, live-club e in altri locali o spazi anche all’aperto nelle zone arancioni e fino al 27 marzo nelle zone gialle, reiterando in questo secondo caso anche il tetto massimo di 200 spettatori e prescrivendo un ulteriore limite massimo di spettatori pari al 25% della capienza autorizzata, indipendentemente dalla effettive dimensioni del teatro e dall’attuazione di tutte le altre misure di distanziamento.

L’ha deciso il Tar del Lazio con un’ordinanza con la quale ha respinto le richieste del Teatro Franco Parenti di Milano. I giudici hanno ritenuto che “le misure impugnate sono state adottate a seguito di una specifica e articolata istruttoria” e che “nell’ambito del sindacato consentito al giudice amministrativo su scelte di tale tipo, le determinazioni assunte non appaiono inficiate da manifesta illogicità e arbitrarietà”. In più, per il Tar “le questioni di legittimità costituzionale prospettate in relazione ai decreti legge che hanno autorizzato l’emanazione dei Dpcm non appaiono, sulla base dell’analisi propria della fase cautelare, suscettibili di favorevole apprezzamento, tenuto conto che: l’intervento legislativo ricade nella competenza esclusiva dello Stato a titolo di ‘profilassi internazionale’, che è comprensiva di ogni misura atta a contrastare una pandemia sanitaria in corso, ovvero a prevenirla; a fronte della diffusione del virus Sars-CoV-2 il legislatore è stato chiamato a fronteggiare una emergenza sanitaria di portata mondiale, correlata alla rapidissima diffusione del COVID-19, malattia in grado di compromettere non solo la salute dei singoli individui ma anche di determinare, a causa del rischio di ‘sovraccarico’ del sistema ospedaliero, un pericolo per l’incolumità pubblica; ciò ha richiesto, a causa della rapidità e della imprevedibilità di espansione del contagio, ‘l’impiego di strumenti capaci di adattarsi alle pieghe di una situazione di crisi in costante divenire”.

Non solo, secondo i giudici “le misure via via introdotte, dall’inizio della pandemia, per contrastare e contenere il diffondersi del virus si sono basate sull’adozione di norme di rango primario e sono state adottate nel rispetto di principi di adeguatezza e proporzionalità al rischio effettivamente presente su specifiche parti del territorio nazionale ovvero sulla totalità di esso”. In ultimo, per il Tar “a fronte del grave quadro epidemiologico, l’interesse di cui è portatore l’esponente deve considerarsi recessivo rispetto all’esigenza di tutelare la salute pubblica”. 

26 Marzo 2021

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