Stefania Rocca: mi sono ispirata a Alda Merini

L'attrice è la madre amorevole e combattiva di un figlio affetto da disagio psichico in Abbraccialo per me di Vittorio Sindoni, in sala il 21 aprile. Nel cast Moisé Curia, Vincenzo Amato, Pino Caruso


“Ho affrontato la storia drammatica di Abbraccialo per me ricordandomi che la poetessa Alda Merini si chiedeva spesso quale fosse il confine tra la creatività e la follia”. Stefania Rocca è la madre amorevole e combattiva di un figlio affetto da disagio psichico nel film di Vittorio Sindoni, autore di cinema e di tanta fiction tv, in sala il 21 aprile con Zenit Distribution.
Caterina vive con la famiglia in un piccolo paese siciliano dove alcune ingenuità e diversità del figlio Francesco (Moisé Curia), vengono, fin da bambino, etichettate come ‘anormali’ dagli abitanti del paese e dalla scuola, con l’eccezione della solidarietà e comprensione di don Pino (Pino Caruso), dell’insegnante di musica (Paola Quattrini), del maresciallo dei carabinieri (Paolo Sassanelli). In quell’ambiente Francesco cresce e vive con difficoltà, con momenti di crisi, tra psicofarmaci e ricoveri improvvisi. Solo il talento di batterista può salvarlo. Del resto viene meno l’aiuto di un padre (Vincenzo Amato) severo, mai empatico e conflittuale, che non sopporta il legame simbiotico creatosi tra la moglie e il figlio. Sarà la sorella Tania (Giulia Bertini) a suggerire alla madre una via d’uscita per aiutare il fratello, strappandolo a un abbraccio materno a volte soffocante.

“Ho pianto leggendo la sceneggiatura e il giorno dopo, dal mio parrucchiere ho incontrato una signora con un omone, il figlio problematico, che dormiva sulle sue gambe. Trattava con durezza e tenerezza il suo ‘bambino – spiega la Rocca – E a lei ho pensato per il personaggio di Caterina. Lui è un ragazzo impulsivo, con un modo diverso di stare al mondo; lei lo difende da quelle interferenze che ci fanno stare male, che non perdonano il diverso. Ma in questa difesa costante del figlio c’è sia una forma di cecità che le impedisce a volte di vedere il problema; sia una forma di vergogna che non l’aiuta”.

Il regista non ha cercato né avuto consulenze specialistiche, si è ispirato liberamente al libro “Il contagio” di Antonella Giardinieri, producendo il film senza contributi pubblici e della Rai. All’inizio ha avuto qualche timore a cimentarsi con una storia sulla disabilità intellettiva – “Per favore non chiamatela mentale, perché il termine sottintende paura”- a cui il cinema difficilmente apre le porte. Per fortuna qualcuno l’ha fatto di recente, come Xavier Dolan con Mommy.
“Spero che Abbraccialo per me abbatta le barriere mentali nei confronti di una condizione che coinvolge in Italia 4 milioni di persone. Non si deve voltare la testa dall’altra parte, ma lanciare un sorriso e offrire quella solidarietà che può far sentire meno sole queste persone”. Nella stesura della sceneggiatura Sindoni, per non scivolare in quel melodramma tipico della narrazione televisiva, si è avvalso dell’esperienza dello sceneggiatore Angelo Pasquini.

Moisé Curia, conosciuto dal  pubblico grazie a Braccialetti rossi 1 e 2, ha affrontato il ruolo di Francesco documentandosi sul disagio psichico. “E’ un ragazzo vivace, che fa cose fuori dal comune, si esprime in maniera diversa, artistica. Ho lavorato molto sul rapporto e sulla sinergia tra madre e figlio, un rapporto che si spezza per il troppo amore di lei”.
L’augurio finale del regista è che le famiglie che vivono il dramma della disabilità intellettiva possano appoggiarsi a strutture e comunità come il Teatro patologico di Roma, diretto da Dario D’Ambrosi e protagonista del finale.
Nella colonna sonora firmata da Fabio Frizzi, è inserita la canzone di Simone Cristicchi ‘Ti regalerò una rosa’, vincitrice di Sanremo 2007, che affronta il delicato confine tra normalità e pazzia.

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