È trascorso meno di un anno da quando il pubblico italiano ha potuto guardare sul grande schermo, per la prima volta, Dune di Denis Villeneuve, dal romanzo di Frank Herbert: succedeva in anteprima mondiale alla Mostra di Venezia 2021.
Appena prima (novembre/dicembre 2019), sulla piattaforma Disney+, è stata distribuita in streaming la prima stagione di The Mandalorian, che vanta anche il primato tecnologico di Stagecraft, chiamata a soggetto da Greg Fraser in una dichiarazione a IBC, che ha lavorato alla serie della Lucasfilm e diretto la fotografia del film con protagonista Thimothée Chalamet, di cui s’attende il sequel: Dune: Parte II (con uscita annunciata nell’autunno 2023). “Ho sviluppato questa tecnologia per la prima stagione di The Mandalorian, e poi sono andato per la mia strada come scritto nel contratto”, ha detto il dop.
Stagecraft è sinonimo di una struttura a forma di cilindro (The Volume, il suo nome) costituita da schermi in led che si architettano come un abbraccio. “La realtà dei fatti è che all’epoca quel tipo di tecnologia era ancora agli inizi. Era pronta al massimo per essere utilizzata con quelle modalità, ma non aveva ancora un raggio d’azione più ampio. Adesso potremmo prendere delle decisioni differenti” e “Per il prossimo Dune, chissà, magari potremmo utilizzare modalità e tecnologie miste, e l’intero sistema potrebbe trarre vantaggio da questa scelta” riportano altre dichiarazioni dello stesso Fraser su “Comicbook”.
La tecnologia Stagecraft è una modalità “neonata” di pensare al set, uno spazio i cui ledwall riproducono lo sfondo e si adattano ai movimenti della macchina da presa. Il fondale è ricreato in maniera virtuale sugli schermi e il dettaglio più importante – che deriva dall’universo dei games – è la prospettiva dello sfondo, coordinata con i movimenti della mdp: si modifica seguendone i movimenti, ricreando lo sfondo come sarebbe se le riprese avvenissero in un ambiente reale. Così, nello spazio “limitato” di un set possono essere riprodotti ambienti dalle metrature naturali o artificiali mastodontici. La forma cilindrica della tecnologia consente di impiegare poche macchine da presa, che possono contemporaneamente effettuare riprese da ogni angolatura possibile. Le sequenze di movimento, e soprattutto gli attori in azione, possono vedere intorno a sé gli ambienti in cui sono immersi, senza dover far ricorso all’immaginazione.
Lo Stagecraft s’annuncia come la tecnologia che potrebbe mandare in pensione il green screen, perché offre possibilità produttive di minor impatto economico, andando a risparmiare sulle spese richieste per imponenti set, oltre a dichiarare una rivoluzione in campo post-produttivo.
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