Seydou & Moustapha: “L’Oscar? Inshallah”

I due giovani attori protagonisti di Io Capitano, Seydou Sarr e Moustapha Fall, incontrano i giornalisti tre giorni prima della Notte degli Oscar. "Siamo tranquilli, pregheremo Allah"


Mancano solo tre giorni alla Notte degli Oscar e i due protagonisti di Io Capitano Seydou Sarr e Moustapha Fall si preparano a vivere un’esperienza incredibile per due ragazzi di 19 anni catapultati dal Senegal in Europa e poi negli States, fino al red carpet del premio più prestigioso e glamour del cinema mondiale. “Sono loro i due eroi del film”, scherza l’ad di Rai Cinema Paolo Del Brocco, che introduce una chiacchierata in streaming con i giornalisti italiani, proprio mentre la A.S. Roma sta per scendere in campo all’Olimpico contro il Brighton (e lui indossa una tuta giallorossa per l’occasione).

In giro da tre mesi con la campagna degli Oscar, Seydou e Moustapha hanno viaggiato tra Londra e Berlino, Madrid e Parigi per incontrare i membri dell’Academy che dovevano votare per il Miglior Film Internazionale. A San Sebastian il film di Matteo Garrone ha vinto un altro premio importante dopo quello veneziano. Poi sono arrivati in America, a New York, Los Angeles, San Francisco, Palm Springs e Santa Barbara, accompagnati sempre dalla piccola “famiglia adottiva” di Rai e Pathé che li coccola e li protegge. Matteo Garrone li ha un po’ “adottati” anche in Italia, raccontano di apprezzare il ragù della mamma e di essersi trovati bene a Fregene.

“Sono qui a Los Angeles da due mesi – racconta ancora Del Brocco – ci sono state proiezioni ogni giorno e standing ovation ogni volta. Centinaia di persone hanno visto il film che è anche uscito nelle sale il 23 febbraio e ha avuto ottime recensioni, su tutte quella fantastica del New York Times. I ragazzi hanno incontrato attori e registi importanti e hanno avuto segni di grande affetto e stima. Sean Penn li ha voluti a casa sua e ha detto che, dopo aver visto la loro interpretazione, aveva voglia di ritirarsi. Joaquin Phoenix si è inginocchiato davanti a loro”. E aggiunge: “Ad aprile ci sarà a Dakar una proiezione con loro e con tutte le persone che hanno partecipato al film e poi partirà lo schermo in movimento per far vedere il film nei villaggi. Se servirà a mostrare qualcosa ai giovani su cosa vuol dire emigrare, sarà importante, anche se non potrà certo fermare il flusso”.

I due ragazzi rispondono tranquilli alle tante domande dei giornalisti, soprattutto Seydou non sembra scomporsi più di tanto. Certo Io Capitano è stata ed è una “grande cosa”, gli ha cambiato la vita. “Il film è importante per noi, ne vado fiero. Tutti apprezzano il nostro lavoro e vedere e sentire il calore del pubblico è importante”. Aggiunge Moustapha: “Ho appreso tante cose e sono contento. Il film continua ad avere successo e il nostro lavoro continua da Venezia agli Oscar”. Preferiscono parlare francese, anche se in questi mesi un po’ di italiano lo hanno imparato.

Seydou ostenta tranquillità. “L’Oscar lo meritiamo, ma è difficile vincerlo. Siamo musulmani e tutto quello che viene è destinato. Io, per esempio, volevo fare il calciatore, non immaginavo di fare un film. Ma se siamo arrivati fin qui vuol dire che era necessario. Sean Penn non lo conoscevo, mi sono emozionato di più quando ho visto Chiellini e ho pianto. Adesso mi piacerebbe incontrare Dybala, non rinuncio all’idea di giocare a calcio, anche se magari farò l’attore”.

Per Moustapha, che faceva teatro in Senegal prima di incontrare Matteo Garrone, l’America era un sogno che si è realizzato. “Ho qui un amico che mi ha permesso di conoscere la città e vedere un po’ di cose. Poi è stato fantastico incontrare persone che lavorano nella moda perché è il settore che mi interessa, vorrei fare lo stilista, disegno da me i miei abiti, qualche volta, e tutti mi fanno i complimenti per il look”.

I genitori sono lontani: “Ci supportano a distanza – racconta Seydou – e ci danno dei consigli per evitare di perderci”. “Non è facile essere qui senza la famiglia”, aggiunge Moussa e per un attimo vedi che sono ancora un po’ bambini.

Seydou sente di aver portato l’Africa a Hollywood, “perché questo film rappresenta tutto il continente”. Si parla dell’incontro con Papa Francesco. “Non ho capito bene cosa diceva perché non conosco abbastanza l’italiano. Ma ci ha abbracciati e ci ha dato una medaglietta”, racconta Seydou.

Gli chiedono che impressione gli abbia fatto l’Italia. “Certe cose – dice Seydou – non me le aspettavo, le persone che dormono sulle panchine, i senzatetto. Certo Marsala è una frontiera, Roma è un’altra cosa. A Roma mi sono emozionato, c’era anche mia sorella con me”.

“Pensavo che in Europa tutto fosse perfetto – ammette Moustapha – invece non è così, ma la prima sera in Italia ho ballato un sacco ed è stato bellissimo”. Un’altra cosa che l’ha colpito è stato mangiare sushi. Era la prima volta, a San Francisco. “Viaggiare serve anche a fare esperienze”.

Avete un portafortuna? “Il nostro portafortuna è il film. E pregheremo Allah”.

 

07 Marzo 2024

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