Segregati in casa, salvati dal cinema

Alice nella città propone il documentario di Crystal Modelle The Wolfpack sulla vicenda di sei fratelli americani cresciuti in un appartamento del Lower East Side


Tra i loro film preferiti c’è Le iene di Quentin Tarantino, che si divertono a rimettere in scena e di cui conoscono tutte le battute a memoria. Stiamo parlando dei sei fratelli Angulo, Bhagavan, Govinda, Narayana, Mukunda, Krisna e Jagadisa, sei ragazzi americani – madre del Midwest, padre peruviano – cresciuti in un appartamento del Lower East Side di Manhattan senza mai uscire di casa, se non in rarissime occasioni. E si intitola proprio The Wolfpack Segregati in casa il documentario di Crystal Moselle selezionato in Alice nella città, in sala il 22 ottobre con Wanted e in onda il 23 settembre alle 22 su Crime + Investigation (Canale 118 di Sky). Figli di una coppia di hippie che si era conosciuta durante un’escursione sul Machu Picchu, i sei, che hanno anche una sorella, Visnu, con disturbi mentali, sono cresciuti studiando in casa, con la madre insegnante, guardando film in tv e sul videoregistratore e rimettendo in scena l’immaginario del cinema, creando costumi e pistole di cartapesta. E la regista, alla sua opera prima, ha utilizzato proprio il loro archivio di filmini di famiglia a supporto delle sue riprese che documentano la liberazione del gruppo. Uno di loro, infatti, decise un giorno di varcare la soglia di casa, indossando la maschera di Michael Myers di Halloween per proteggersi. Finì arrestato dalla polizia e ricoverato in un reparto psichiatrico, ma proprio da quella ribellione ha avuto inizio la nuova vita dei fratelli Angulo, sottratti alla sorveglianza di un padre totalmente asociale mosso da vaghe idee religiose Hare Khrishna e dal rifiuto della società americana e delle sue regole, lavoro in primis, che si considerava quasi un dio e non esitava a picchiare la moglie per costringerla ad accettare le sue imposizioni.    

A Roma sono venuti ad accompagnare il film, oltre alla regista, i gemelli Govinda e Narayana. Ventiduenni, entrambi si sono dedicati a professioni legate al cinema dove possono mettere a frutto l’incredibile creatività sprigionata nelle quattro stanze del loro misero appartamento newyorchese in lunghi anni di totale isolamento e di buffe recite. “Non abbiamo visto il film – raccontano – perché non siamo pronti a rivivere questo capitolo della nostra adolescenza”. Di certo è stata straordinaria la fiducia che hanno concesso a Crystal, lasciandola entrare nelle loro vite così speciali. “Ci siamo conosciuti una delle prime notti che eravamo usciti da soli, senza genitori, in gruppo, come ci piace fare. Avevamo i capelli lunghi, occhiali scuri, completi neri e cravatta, e lei ci ha notato e ci ha fatto delle domande. Poi ci ha raccontato di essere una regista e quando le abbiamo detto quanto ci piacesse il cinema, l’amicizia è nata. Sono passati otto mesi prima che facesse cenno all’idea del documentario, è venuto in modo assolutamente naturale”. Crystal stessa racconta: “Incontrarli è stato come scoprire una tribù a lungo dispersa, solo che non eravamo ai confini del mondo ma sulle strade di Manhattan. Ero impressionata dalla loro apertura mentale, dal loro senso dell’umorismo. Sono stata al loro fianco mentre facevano esperienza del mondo esterno per la prima volta”.  

Oggi i fratelli Angulo fanno parte di quell’universo del cinema che hanno a lungo sognato. “Già, è stato surreale. Ma non credo ci fosse un modo migliore per uscire dal nostro mondo chiuso. I film sono stati la nostra finestra sulla realtà e questo film ci ha aiutato a rompere le barriere. Beh, in effetti, siamo passati da un estremo all’altro. Prima totalmente protetti ora in giro per il mondo da un festival all’altro”.

Inevitabile la domanda più difficile: che cosa li ha protetti dalla follia in quei lunghi anni di segregazione? “Mamma è l’eroe di questa storia, col suo amore ci ha sostenuto e impedito di impazzire”. 

16 Ottobre 2015

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