Ennesimo no di Sag-Aftra, il sindacato degli attori statunitensi, a quella che sarebbe dovuta essere”l’ultima e definitiva” proposta degli Studios sulle misure da includere nel nuovo contratto degli interpreti. Le due parti sono ancora lontane “su diverse questioni essenziali, tra cui l’Intelligenza artificiale”, ha scritto Sag-Aftra in una breve nota.
La risposta telegrafica fa sfumare la speranza di un’immediata risoluzione della vertenza aperta il 14 luglio per il nuovo contratto degli interpreti di cinema, radio e tv. Ancora non c’è un appuntamento formale per riprendere il negoziato. “Torneremo al più presto al tavolo. Tutti vogliamo riprendere a lavorare”, ha detto all’ANSA Ted Sarandos, amministratore delegato di Netflix.
Dal 24 ottobre i rappresentanti sindacali e dell’Alleanza dei produttori avevano ripreso a dialogare, con frequenti riunioni definite “produttive” da entrambe le parti. Per l’ultima, si erano collegati anche i dirigenti di ben sette tra le Major tradizionali e i servizi di streaming: Bob Iger di Disney, David Zaslav di Warner Bros, Donna Langley di NBCUniversal, Ted Sarandos di Netflix, Brian Robbins di Paramount, Mike Hopkins e Jen Salke di Amazon e Tony Vinciquerra di Sony. La presenza dei primi quattro al tavolo del negoziato era stata determinante per siglare l’accordo con gli sceneggiatori a fine settembre. I lavoratori dello spettacolo e dell’indotto assistono a questo tira e molla con sempre maggiore apprensione.
Sabato, il consiglio comunale di Los Angeles ha esortato entrambe le parti ad affrontare i prossimi incontri “con la massima urgenza”, avvertendo che “il mancato raggiungimento di un accordo in tempi brevi metterà a repentaglio i risultati per i quali il settore e il governo hanno combattuto”. Secondo gli economisti, lo sciopero di 146 giorni degli sceneggiatori, risolto il 23 settembre, e quello ancora in corso degli attori sono costati alla California più di 6,5 miliardi di dollari. Sei mesi di chiusura quasi totale delle produzioni hanno costretto a casa 45.000 lavoratori, in una città in cui la classe media era già in affanno per l’aumento dei prezzi e degli affitti.
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