Sono passati 17 anni dalla prima apparizione in video di Mr. Bean, il buffo uomo inglese inventato da Rowan Atkinson, ingegnere elettrico laureato a Oxford con il pallino per la recitazione. Ora dopo anni di serie televisive, un primo film e le avventure a cartoni animati, Atkinson ha deciso di dire addio al suo personaggio con un nuovo lungometraggio, Mr.Bean’s Holiday, in cui il nostro eroe partirà per una disastrosa vacanza sulla costa francese. Sì perché dopo le critiche mosse a Bean – L’ultimo disastro, giudicato troppo americano e con un Bean stranamente chiacchierone, Atkinson e il suo team creativo: Richard Curtis, suo compagno di università nonché autore di Love Actually e Bridget Jones, e Ben Elton si sono spremuti per bene le meningi e hanno pensato di far vivere al personaggio una esperienza del tutto nuova in un paese sconosciuto dove per di più si parlasse una lingua straniera.
Per una fortunata coincidenza, infatti, Bean vince la lotteria della parrocchia aggiudicandosi una telecamera e soprattutto un soggiorno di una settimana a Cannes, durante il prestigioso festival del cinema. Ma naturalmente se a viaggiare è Mr. Bean l’imprevisto è sempre dietro l’angolo: dopo aver fatto perdere il treno per Cannes ad un signore russo, preso dai sensi di colpa, Bean cercherà di aiutarne il figlio, proteggendolo e tentando di rintracciare il padre. Ma come può un bambino prendersi cura di un altro bambino? Nasceranno così gag a non finire tra biglietti persi, spettacoli di strada improvvisati, travestimenti inverosimili, e l’ira funesta di un regista noiosissimo e snob che ha il volto di Willem Dafoe. Un pellicola per tutta la famiglia che in giro per il mondo ha già guadagnato 35,6 milioni di dollari, e che ora si appresta ad uscire nei cinema italiani, il 6 aprile con Universal, in 250 copie.
E’ stato difficile calarsi nei panni di Mr. Bean dopo tanto tempo?
No. E un personaggio di cui indosso sempre felicemente la pelle. Lo conosco bene è vendicativo, egoista, egocentrico. Mi piace perché potrebbe vivere bene ovunque nel passato come nel futuro. Non ha il minimo interesse per la politica o per la società intorno a lui.
Come è nata l’idea della vacanza per la sceneggiatura?
Due anni fa il film si intitolava Mr. & Mrs. Bean ed era una commedia romantica ma è un’idea che abbiamo abbandonato quasi subito per due motivi: il primo era che noi volevamo realizzare qualcosa di originale cosa difficile da fare con tutte le commedie romantiche in circolazione. E poi io ero contrario a far innamorare Mr. Bean. Lo trovavo fuori luogo. Per me lui è un essere asessuato, un eterno bambino di 10 anni, e come è noto a tutti i bambini di 10 anni non si sposano.
Guardandola recitare vengono in mente tanti attori della comicità muta e diverse sono le similitudini con il Jacques Tati de “Le vacanze di monsieur Hulot”. Ha un modello di riferimento?
Sicuramente da Tati ho imparato i tempi della comicità. Per far ridere un film deve avere un suo ritmo preciso e questo l’ho appreso dal suo lavoro. La scena in cui Bean fa l’autostop è un omaggio a lui. La prima volta che ho visto Le vacanze di monsieur Hulot avevo 17 anni ed ero il responsabile della biblioteca della mia scuola. Sicuramente qualcosa deve avermi colpito e ispirato sin da allora. Ho visto anche molte cose di Charlie Chaplin e Stanlio e Ollio, mentre Buster Keaton ho iniziato a vederlo solo durante la lavorazione del film. Però Tati resta il più vicino a me. Keaton, Chaplin e Stanlio e Ollio fanno una comicità molto fisica, quasi acrobatica.
Dopo l’uscita di “Borat” va molto di moda far ridere con il politicamente scorretto. A lei piace?
Borat mi è piaciuto. Sacha Baron Cohen ha usato una fisicità pazzesca. Quanto a Bean più che politically uncorrect direi che è uno socialmente scorretto perchè fa sempre la cosa sbagliata, anche con gli altri.
Pur non essendo piaciuto molto “Bean – L’ultimo disastro” ha guadagnato 230 milioni di dollari. C’è speranza di un sequel se il box office sarà favorevole, magari “Mr. Bean a Roma”?
Mai dire mai. Bean potrebbe inventarsi chissacchè per evitare il traffico della Capitale. Però interpretarlo è una grossa fatica anche fisica. Non so se sarò in grado di farlo ancora tra qualche anno.
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