E’ mezzanotte a Tokyo quando Gianfranco Rosi appare sorridente, in collegamento Skype, nello schermo della sala meeting di Rai Cinema a Roma. Sono passate meno di due ore dall’annuncio a Los Angeles delle cinquine per il miglior documentari ai prossimi Oscar del 26 febbraio, e Fuooammare c’è: “E’ stata una battaglia fino all’ultimo – racconta – dedico la nomination a Lampedusa, alla notizia ho avuto un brivido, aver portato l’isola ad Hollywood è una cosa bellissima e corona un anno stupendo, un viaggio in 64 Paesi dove il film è uscito, abbiamo girato il mondo, sostenuti da tutti…sono felicissimo. Ho parlato con Peppino, con il dottor Bartolo, erano tutti in ascolto delle notizie da Hollywood e alla notizia c’è stato un grido di 3mila persone”.
La cinquina corona un lavoro certosino, svolto nel mondo ma anche a Los Angeles: “E’ stata quasi una campagna elettorale in Usa, da Toronto in poi…un tour impegnativo ma emozionante, tre mesi senza sosta, tutto dedicato a questa meta, la nomination. Questo era l’obiettivo, da questo momento in poi ci divertiremo soltanto”. Un viaggio cominciato un anno fa con l’Orso d’Oro della Berlinale consegnato dalla presidente di giuria Meryl Streep, “ed ora la vedremo agli Oscar anche lei da nominata- sorride Rosi- Meryl è stata un sostegno continuo al film, ha organizzato proiezioni, si è esposta, ne ha parlato a tutti, è stata fondamentale”.
La prima edizione degli Oscar dell’era Trump è quella con una forte presenza di cinema afroamericano e nella cinquina dei documentari “c’è molta Africa – sottolinea Rosi- e credo sia una risposta ai muri che sta costruendo Trump, alle paure che sta sbandierando, l’Academy con queste candidature gli ha dato una risposta decisa”. E a proposito di Academy, Rosi difende anche la scelta- al centro anche di polemiche- della doppia candidatura tra film stranieri (dove è stato escluso) e nei documentari: “La doppia candidatura è servita a far scattare l’attenzione all’inizio. Negli Stati Uniti ero uno sconosciuto e anche il film e in 2 settimane eravamo alla ribalta e il film esisteva. So che il cinema non cambia la storia, ma ho sempre sperato che il grido d’aiuto che emerge dal film fosse colto e capito. Questo è un risultato enorme”. Un risultato che arriva in concomitanza con l’uscita di Fuocoammare in Giappone, il 64esimo Paese dove il film è stato acquistato: “E in molti di questi Paesi ho accompagnato il film, che ha bisogno di dare risposte agli spettatori, per questo ho dialogato con il pubblico. E una cosa è stata costante in giro per il mondo ,la domanda di chi alla fine del film mi avvicinava e chiedeva what can I do? Cosa posso fare io? E credo sia questo il senso del film”. Prima dei saluti da Tokyo, Rosi rivela anche i suoi programmi per domani: “Ho promesso alla direttrice di uno dei cinema più grandi e celebri di Tokyo, che da domani proietterà per un mese il film, che se ci fosse stata la candidatura avrei fatto l’uomo sandwich davanti al cinema per portare il pubblico in sala. Domani alle 15 mi trovate li”.
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