“Il RomAfrica Film Festival vuole essere una collezione di frame per conoscere meglio questa parte di mondo”, dice Gianfranco Belgrano, direttore editoriale del Raff, in programma dal 18 al 22 luglio a Roma. Il giorno d’apertura (al Wegil e con eventi a cui si accede su invito, gli altri giorni sono a ingresso libero e si svolgono alla Casa del Cinema) cade volutamente nel Mandela Day, quest’anno speciale, perché ricorre il centenario dalla nascita del grande leader sudafricano. Il festival lo festeggia presentando Atto di difesa, il film di Jean van de Velde che ricostruisce il processo di Rivonia svoltosi tra la fine del 1963 e l’inizio del 1964 dove Mandela pronunciò il suo storico discorso nel quale si disse pronto a morire per i suoi ideali. Un momento che cambiò il modo di combattere il segregazionismo in Sudafrica. Spazio poi a un concorso di corti riservato ai registi italiani di seconda generazione.
Il programma presenta, fra le altre, anche molte opere che hanno debuttato a Festival come Cannes, Venezia e Berlino. Dal documentario This is Congo di Daniel McCabe, al tunisino La bella e le bestie di Khaled Walid Barsaoui e Kaouther Ben Hania, tratto da una storia vera, con la protagonista, Mariam Al Ferjani che presenterà il film, in arrivo anche nelle sale italiane il 26 luglio; da Rafiki di Wanuri Kahiu, che per il tema, un amore lesbico tra due adolescenti, è stato bandito nel suo Paese, il Kenya al delicato Wallay di Berni Goldblat, film di chiusura, su un 13enne che scopre le sue origini in Burkina Faso. Tra gli eventi anche un omaggio a Idrissa Ouedraogo, il regista burkinabè Orso d’argento a Berlino nel 1993, scomparso quest’anno.
“Organizzare un festival come questo (realizzato come attività no profit, ndr) è particolarmente importante visto il momento storico che stiamo vivendo – dice Cleophas Adrien Dioma, Presidente del Raff e membro del Consiglio Nazionale per la Cooperazione allo Sviluppo (Associazione Le Réseau) – Cerchiamo di completare un messaggio che spesso viene distorto dalla politica, lasciando gli italiani molte volte confusi. Per andare contro i pregiudizi non c’è niente di meglio della cultura, raccontare cosa voglia dire essere africano e migrante”.
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