Miglior documentario ai Premi Goya 2015, Paco de Lucía, la busqueda di Curro Sánchez, la storia del leggendario chitarrista di flamenco arriva nelle sale il 9 maggio distribuito da Wanted Cinema. La storia di Paco de Lucía attraverso il suo racconto in prima persona, materiali d’archivio, filmini delle sue esibizioni e le interviste a importanti artisti che hanno incrociato il suo percorso: tra gli altri Carlos Santana, John Mclaughlin, Chick Corea, Estrella Morente. Un viaggio pieno di vita che inizia la prima volta che Paco prende una chitarra nella sua casa in Algeciras (Andalusia), a soli 7 anni, e culmina con la composizione del suo ultimo disco, “Canción Andaluza”.
Il film è un viaggio nei differenti scenari che hanno trasformato l’artista di Algeciras. Tutto inizia nella sua casa a Mallorca dove Paco esce, chitarra in mano, per intraprendere un nuovo tour. Da lì la storia alterna passato e presente e si assiste all’evoluzione artistica e storica dell’artista. Attraverso numerose interviste realizzate a Paco de Lucía in diversi momenti della sua vita, l’artista ci spiega che a determinare la sua relazione soprannaturale con la chitarra – quasi un prolungamento di se stesso – non è stata solo la sua predisposizione naturale ma soprattutto il cortile della sua infanzia, nel quale cantautori e chitarristi si riunivano tutte le sere per fare festa.
Conta anche che la vita gli ha messo davanti artisti di diversi generi che gli hanno permesso questa ricerca e sperimentazione. Primo tra tutti Sabicas e successivamente i chitarristi jazz Larry Coryell, John McLaughlin e Al Di Meola, che lo inizieranno all’arte dell’improvvisazione. Da qui nasce il gruppo Dolores e il rinomato sestetto Flamenco Moderno, che girerà i principali teatri mondiali per 25 anni. Il film raccoglie anche le profonde riflessioni di Paco sulla vita, la politica, la creazione, la solitudine così come un’ampia descrizione del suo incontro con Camarón de la Isla, quello che lui definisce “l’evento più importante a livello di ispirazione nella mia vita”.
“Il documentario ha iniziato a prendere forma con mio padre ancora in vita, pieno di energia e progetti, tra cui questo – dice il regista – Ora sento la responsabilità e la tristezza di chiuderlo senza di lui. La sua morte improvvisa ha senza dubbio influenzato la struttura della storia, soprattutto il finale, che ci è costato molto risolvere. Il tono è però il suo: carisma, vicinanza, onestà e questa saggezza naturale che segue in ciascuna delle sue esibizioni”.
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