Richard Gere: “Con Paul Schrader, film alla Bertolucci”

L'attore e il regista tornano a collaborare oltre 40 anni dopo 'American Gigolò' in 'Oh, Canada - I tradimenti', in arrivo nelle sale dal 16 gennaio


“Se mentiamo per ferire è ben diverso dal mentire per proteggere”. Ne dice tante di bugie nel corso della sua vita Leonard Fife, il personaggio interpretato da Richard Gere in Oh, Canada – I tradimenti, il nuovo film di Paul Schrader che esce in sala il 16 Gennaio con Be Water Film in collaborazione con Medusa Film, dopo l’anteprima in Concorso al Festival di Cannes.

Gere interpreta un documentarista di successo che, ormai prossimo alla morte, decide di rivelare a una troupe di suoi ex studenti tutti i segreti che ha sempre nascosto, anche all’amata moglie Emma, interpretata da Uma Thurman. Con una struttura che va avanti e indietro nel tempo ricostruendo come in un puzzle la vita di Leonard, con particolare attenzione ai suoi amori passati e alla sua scelta di andare a vivere in Canada, Schrader indaga nei turbamenti di un uomo che per una volta vuole raccontare tutta la verità.

“Ho 75 anni e sono in buona salute. – dichiara Richard Gere – Ci ho messo un paio di mesi nel calarmi nei panni di un 85enne malato terminale, capire come realizzare il trucco, per esempio rendendomi praticamente calvo, se non per la ricrescita di qualche rado capello post chemioterapia. Nello stesso momento nel film devo anche ringiovanire, tornare ai miei 40 anni, a 35 anni fa. Sono stati d’animo diversi che appartengono alla vita. È stata una fantastica esperienza. È il mio mestiere di attore, mi sono formato per interpretare panni diversi e lo faccio da tantissimo tempo. Il personaggio era scritto molto bene e mi sono confrontato con Paul Schrader per molto tempo prima di iniziare le riprese. Avevo da poco perso mio padre e in qualche modo questo ha nutrito la mia interpretazione: ha attraversato lo stesso travaglio fisico e mentale quindi era un terreno che conoscevo bene”.

Per l’attore è stata l’occasione di tornare a lavorare con Paul Schrader, l’acclamato regista e sceneggiatore, con cui ha collaborato più di quarant’anni fa sul set di uno dei suoi primi successi: American Gigolò. “Sono passati tanti anni e non ho molti ricordi di quell’esperienza, se non lo spirito di squadra, eravamo tutti molto giovani: Paul Schrader, io, Nando Scarfiotti, che aveva lavorato anche ne L’ultimo imperatore di Bertolucci, naturalmente Lauren Hutton. – afferma l’attore – Volevamo fare un film alla Bertolucci, per cui avevamo guardato delle sequenze de Il conformista, ricordo questa felicità di imbarcarci in questa avventura di realizzare un film molto diverso da quelli che erano in voga all’epoca a Los Angeles, anche se resta comunque un film di genere, un ‘murder mistery’. Avevo tanta esperienza teatrale alle spalle e mi sentivo tranquillo nell’affrontare questa prova attoriale, Paul aveva scritto la sceneggiatura di Taxi Driver e forse anche quella di Toro Scatenato, aveva già diretto un paio di film. Ricordo quell’entusiasmo giovanile molto positivo”.

Buona parte del film si ambienta tra gli anni ’60 e gli anni ’80, scene in cui il protagonista viene interpretato da Jacob Elordi. Quest’ambientazione ci permette di andare a scavare in un’America scossa da grossi turbamenti politici derivanti principalmente dalla guerra in Vietnam. Una fase storica che lo stesso Richard Gere ricorda molto bene. “È stato un periodo in cui stavo reinventando me stesso ed è sicuramente un momento che ha galvanizzato intere generazioni negli Stati Uniti e anche in Europa, al netto della guerra del Vietnam che non riguardava direttamente il continente europeo. – afferma – Sono stati molti i movimenti che sono avvenuti in quegli anni, che hanno forgiato il mondo e che hanno avuto un impatto tuttora, come i movimenti femministi. È stato un momento che ci ha spinto a riflettere su un modo diverso di interagire li uni con gli altri. Ma la base era estremamente pura e ha dato a ciascuno di noi la possibilità di vivere in modo diverso. Potrebbe essere utile anche oggi, nell’immaginare una rinascita, un modo di stare al mondo differente e più equo. Il problema della generazione attuale è che è concentrata su un microcosmo e non su un macrocosmo, non ha un quadro d’insieme più ampio che vada al di là del presente e che possa influenzare anche le generazioni future”.

Gli anni sono cambiati, ma Gere resta una delle star di Hollywood più impegnate nell’ambito dell’attivismo. “Credo che in tutto il mondo gli artisti siano ancora molto impegnati in prima linea nella riflessione sulla realtà. – conclude l’attore – Fa parte della loro responsabilità, a maggior ragione se sono molto conosciuti. Devono essere preparati sulle cause che intendono difendere e trovare il coraggio di prendere la parola. Se consideriamo tutti i cambiamenti del mondo, dal crollo dell’Unione Sovietica a tutte le rivoluzioni che sono avvenute nei paesi asiatici, il consiglio che mi sento di dare alle persone è di ascoltare i poeti, gli scrittori, i musicisti, ma anche i registi e gli attori. Sono loro che hanno a cuore la cultura di un popolo. Sono loro le persone di cui un popolo si può fidare, non certo dei politici. Aprite il cuore a questi cantori”.

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23 Dicembre 2024

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