Low budget, girato in una palestra di periferia da un regista agli arresti domiciliari: è Rabbia in pugno di Stefano Calvagna, condannato nel 2010 a tre anni e otto mesi di reclusione per calunnia aggravata e detenzione di una pistola con la matrice abrasa. Il film, che arriva domani nelle sale, dopo due anni di attesa, distribuito da Poker ha per protagonista Valerio (Claudio Del Falco), ex poliziotto campione di kick boxing, a cui viene uccisa la ragazza (Gaia Zucchi), incinta, da un cattivissimo Maurizio Mattioli, che dopo un incontro in discoteca le somministra del gbh, la droga dello stupro. Valerio, accecato dalla rabbia, decide di farsi giustizia. “Un’avventura questa del film nata da una disavventura. Ero costretto agli arresti domiciliari lavorativi in questa palestra, che mi ha però permesso di girare questo film nei suoi 17.000 metri quadri. Certo, ci sono state molte difficoltà perché non potevo uscire. Ho dovuto ricostruire un commissariato e un ospedale in palestra e l’auto che guidavo era posta su una rampa di accesso. Se mettevo anche solo un piede fuori era evasione”. Il film è un inno alla vendetta? “Di vendetta si parla al bar e nelle case, ma che tutti hanno paura di esternare. Da quando ho iniziato a fare film non ho mai temuto di dire come la penso. Sarebbe stato ipocrita il contrario, un’offesa per la mia intelligenza. E poi la giustizia non sempre è come vorremmo, anche io sono stato vittima di una giustizia che non sempre è uguale per tutti. Così io penso che se perdi una persona cara il pensiero va in automatico alla vendetta che nessuno vorrebbe mai, ma esiste”.
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