“A mio avviso c’è un deficit di creatività dell’Italia, dovuto all’omologazione, con il quale dobbiamo fare i conti. Il ministro Tajani mi ha chiesto di essergli vicino in certi momenti, probabilmente potrò raccontargli come è andata fino ad ora e come potrebbe andare” sul tema della cultura, “senza presunzione e senza pontificare”.
Lo ha dichiarato all’ANSA il regista Pupi Avati a margine della XV Conferenza delle Ambasciatrici e degli Ambasciatori alla Farnesina. L’autore è stato scelto dal Ministro come suo consigliere per i dossier che riguardano la Cultura: “Sono qui per dire quello che so” come una persona “che conosce la vita e il rapporto con la cultura che ha avuto questo Paese”, ha sottolineato il regista.
Dopo il Covid, ha detto Avati nel suo intervento, “quei film carini, le commediole che hanno tenuto in vita il cinema italiano per 2-3 decenni, improvvisamente sono completamente scomparse, e chi frequenta la sala cinematografica lo fa a ragion veduta, scegliendo il film. La qualità improvvisamente paga, ecco perché sollecito chi ha la possibilità di progettare qualcosa che muti radicalmente l’atteggiamento, di tornare ad essere ambiziosi“.
“Il mio messaggio è questo: torniamo ad essere ambiziosi, a credere che possiamo fare cose grandi, importanti e soprattutto belle: io insegno nelle scuole di recitazione e questi ragazzi, quando li interrogo sui loro monologhi che a volte non sono straordinari, mi dicono ‘ho un piano B’. Questa idea dobbiamo togliercela dalla testa: non ci deve essere un piano B per questo Paese, ci deve essere solo un piano A, un grande sogno”.
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