Assedio di ragazzine fuori dall’Hotel dove si tiene la conferenza stampa di Posh, il film di Lone Scherfig sulle malefatte di una società segreta di oxfordiani ricchi e viziati. Al centro dell’attenzione ci sono tre giovani star emergenti: Sam Claflin, Max Irons e Douglas Booth. Lo stesso bagno di folla si era verificato domenica, dentro a un grande magazzino della Capitale. I tre dicono che non se l’aspettavano e che è stata una piacevole sorpresa. Ma non finisce qui, perciò stasera arriveranno con una buona mezz’ora d’anticipo alla première al cinema Adriano, proprio per poter firmare qualche autografo in più. La popolarità di questi tre giovanotti dal curriculum ancora breve (Claflin l’abbiamo visto in Hunger Games La ragazza di fuoco e ora sta girando il terzo film della serie, Max Irons, figlio di Jeremy, era in The Host, Douglas Booth in Romeo&Juliet di Carlo Carlei) è stata alimentata da twitter dove l’hashtag poshcastinitaly è diventato immediatamente un trending topic. “Ci siamo quasi spaventati – spiega Booth – tanta era l’energia sprigionata dalle fan, grazie soprattutto a Max e Sam che sono molto popolari in Italia”. Mentre Claflin ha deciso di scherzarci sopra: “Forse pensavano che fossimo gli One direction”. E Irons spera che i ragazzi vadano poi a vedere il film, che uscirà il 25 settembre in 250 copie con Notorious Pictures: “E’ un film diverso dai franchise di supereroi, perché permette di riflettere su tematiche importanti come la profonda iniquità della nostra società”.
Ispirato a un testo teatrale di Laura Wade, Posh (aggettivo che sta per ricco, aristocratico e snob e che si dice nasca dalla denominazione della classe di lusso sulle navi dirette in India dall’Inghilterra) racconta degli eredi contemporanei di una società segreta fondata a Oxford nel lontano 1776 e da allora rimasta sempre ancorata alle stesse regole. Che si riassumono in un misto di dissolutezza, arroganza e sentimento di unicità. I migliori (a parer loro) studenti della più prestigiosa università del mondo, rampolli di famiglie in vista e potenti, si riuniscono in segreto per ubriacarsi e dar sfogo agli istinti più bassi, certi di poter mettere tutto a tacere a suon di sterline e di avere diritto per nascita a un futuro radioso. Nel testo teatrale tutto questo si concentra in un’unica esclalation di violenza, una cena che sfocia in tragedia, mentre il film approfondisce la descrizione dei singoli personaggi. In particolare quello di Miles (Irons), il più tenero del gruppo, colui che non riesce ad accettare fino in fondo lo spirito senza freni del club. “Sembra incredibile che queste cose esistano davvero – riflette Booth – ma ho dovuto ricredermi, durante la preparazione del film ho constatato che comportamenti di questo genere sono reali”. Possono affascinare qualcuno, magari creare un effetto di emulazione? “Non vorrei mai essere come loro – replica Claflin – il loro stile di vita è fatto di eccessi e se inizialmente possono suscitare invidia alla fine è chiaro che sono comportamenti orrendi”. Interviene il produttore, Pete Czernin, che tra l’altro è amico di David Cameron. E’ vero che Cameron stesso ha fatto parte di una società segreta, il Bullingdon Club, che avrebbe in parte ispirato la pièce? “Non credo che abbia visto il film, ha cose leggermente più importanti di cui occuparsi, tipo la Scozia o la Siria. Ma questi club esistono dappertutto, in America e in Inghilterra. I paragoni tra il Riot Club e il club frequentato da Cameron li fecero i giornali inglesi all’epoca del debutto della pièce. Vorrei dire che non è un crimine essere posh o upper class, non puoi farci nulla se hai determinate origini, quello che bisogna evitare è diventare arroganti o presuntuosi e sfruttare la propria origine”. Proprio come fanno i protagonisti di Posh, che si sentono invidiati dalla gente comune, sempre più povera, e quasi sotto assedio, stufi di dover rendere conto della propria ricchezza o di doversene vergognare. Su questo Irons jr. è il più sincero: “Non do giudizi sul mio personaggio o sugli altri giovani. Ma abbiamo mostrato cosa significa quel tipo di vita, che sicuramente può fare gola a molti”. E papà Jeremy ha visto il film? “Non ha ancora, era impegnato, ma è stato felice che abbia fatto un film serio e impegnato. Spero però che non venga alla prima, per me sarebbe un incubo”.
Assente Lone Scherfig, la regista danese di An Education, spetta ancora al produttore spiegare la scelta di una donna alla guida del progetto. “L’abbiamo deciso insieme alla scrittrice Laura Wade, volevamo un punto di vista femminile nel descrivere un mondo così maschile e maschilista e volevamo un punto di vista non inglese per parlare da una nuova prospettiva di un costume così intrinsecamente britannico. E con due donne alla guida, una regista e una scrittrice, non poteva mancare un personaggio femminile forte come quello della studentessa di origini modeste, che si rivela elemento chiave nella vicenda”.
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