Polemica in Libano per la censura di “The Post”

In seguito alla decisione della Lega Araba di bandire il film di Steven Spielberg dalle sale libanesi, il partito cristiano-maronita e democratico delle Falangi Libanesi si è detto contrario


La censura di The Post di Steven Spielberg da parte della Lega Araba ha acceso la polemica in Libano.
Il partito cristiano-maronita e democratico delle Falangi Libanesi di Sami Gemayel si è detto contrario al divieto indetto dalla Commissione araba e ha affermato in una nota: “La Costituzione tutela il diritto e la libertà di tutti i libanesi a vedere The Post, ad aprirsi all’arte e alle diverse culture. Mettiamo in guardia le autorità dalla violazione di questi diritti”.
L’ultima parola su questa vicenda spetta ora al Ministro dell’Interno, Nohad Machnouk, che non si è ancora espresso in merito.
L’arrivo di The Post nelle sale libanesi era previsto per giovedì prossimo, ma la Commissione araba per il boicottaggio di Israele ha bandito il film di Spielberg per una presunta donazione che il regista americano avrebbe fatto allo Stato di Israele durante la guerra del 2006 contro Hezbollah.

Il Libano da allora è in stato di guerra con Israele, tiene conto della “lista nera” stilata dalla Commissione e bandisce ogni contatto con gli israeliani e con i loro prodotti, film compresi.
Lo scorso anno la censura libanese è scattata per Wonder Woman di Patty Jenkins, che ha come protagonista l’attrice israeliana Gal Gadot, Miss Israele nel 2004 e poi soldatessa dell’esercito durante il servizio militare obbligatorio.
Nei giorni scorsi, invece, è finito nel mirino della Commissione il celebre stilista libanese Elie Saab per aver diffuso su Instagram una foto proprio con la Gadot con indosso uno dei suoi abiti.
A dicembre, infine, è stato messo al bando il film Jungle di Greg McLean, tratto dalla biografia dell’avventuriero israeliano Yossi Ghinsberg “Lost in the jungle”, sulle sue tre settimane di sopravvivenza nella foresta Amazzonica negli anni ‘80.

17 Gennaio 2018

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