Dopo Carnage di nuovo un sorprendente film da camera per Roman Polanski: Venere in pelliccia, in uscita il 14 novembre con 01 Distribution dopo il concorso di Cannes e l’anteprima italiana a France Odeon. In scena due attori straordinari (Mathieu Amalric ed Emmanuelle Seigner) nel rendere il gioco sadomaso tra i due sessi, che è anche gioco tra l’attrice e il suo regista. Gioco ancor più intrigrante e intricato se si pensa che lei è la moglie del regista franco-polacco e lui ha un’impressionante somiglianza con Polanski giovane.
Tratto dalla pièce teatrale di David Ives, che ha debuttato off Broadway nel 2010 con grande successo, a sua volta ispirata al romanzo erotico di Leopold von Sacher-Masoch (1870), il film si svolge in piccolo teatro dove la macchina da presa del dop polacco Pawel Edelman ci porta dopo un vorticoso percorso in un boulevard parigino sotto il diluvio. Thomas, un drammaturgo e regista, è esausto dopo un’inutile giornata di provini, tante attrici cagne e nessuna che vada bene per il ruolo di Vanda, una donna sensuale e aristocratica che si deve imporre fin dal primo istante in cui appare in scena. Ma ecco arrivare un’ultima aspirante al ruolo, si chiama Vanda per davvero, come il personaggio, o almeno così dice. E’ fradicia, spettinata, isterica e sboccata, vestita come una prostituta, insistente. Thomas è stanco, ha fame, vuole solo liquidarla, ma lei si impone, indossa un abito ottocentesco che estrae da un borsone da palestra e diventa… Vanda.
L’ottantenne Polanski ammette di aver trovato nel testo la sua “cup of tea”. “Il sarcasmo della pièce è irresistibile, mi piace anche l’elemento femminista. E poi c’era un grande ruolo per Emmanuelle e questo ci consentiva di tornare a lavorare insieme dopo un bel po’ di tempo”. Vincitore della Palma d’oro con Il pianista nel 2002, il cineasta ci raccontava a Cannes nello scorso maggio: “Essere qui al festival è sempre bello, ci sono venuto la prima volta da studente di cinema quando la gente non mi fermava per strada per chiedere foto e autografi come fate voi ora”.
Il lavoro di adattamento, condotto insieme a David Ives, ha portato qualche taglio, ma soprattutto la scelta di spostare il luogo dell’azione da una saletta di prove a un teatro vero e proprio, benché ricostruito in studio. “Io a teatro sono cresciuto, a 14 anni ero già su un palcoscenico in Polonia. E poi questa scelta ha aumentato le possibilità di movimento e azzerato la claustrofobia”. Impossibile non notare che anche Carnage è tratto da una pièce e si svolge in uno huis clos. Ma Polanski va ancor più indietro nel tempo. “Nel mio primo film, Il coltello nell’acqua, i personaggi erano tre, stavolta la sfida è stata ancor più rigorosa, siamo scesi a due. Bisognava con questi elementi riuscire a non annoiare mai lo spettatore e non fare teatro filmato”. Al che giustamente Amalric fa notare che ”in realtà i personaggi sono quattro, perché Thomas e Vanda si sdoppiano tra persona e ruolo e spesso facciamo fatica a capire chi stia parlando, se l’uomo e la donna di oggi o quelli dell’Ottocento”. Ma è eterno il discorso sulla guerra tra i sessi – al di là del gioco erotico servo-padrona – e il film getta uno sguardo impietoso sulla psicologia delle relazioni. Per Polanski: ”Un uomo un po’ macho che va a pezzi è una gioia da vedere. Chi mi conosce sa che io non sono sessista e questo film è stato una soddisfazione”. E prosegue, sempre tra il serio e il faceto: ”Oggi offrire dei fiori a una donna è diventato quasi una bestemmia. Si sta cercando di livellare le differenze di genere. Forse è con la pillola che è iniziata la mascolinizzazione delle donne. Ma togliere romanticismo alla vita è un vero peccato”. Mathieu Amalric, che a breve tornerà alla regia con La chambre bleu da Georges Simenon, si sofferma sulla sua somiglianza fisica con Polanski. “Avevo intuito che si andava in quella direzione, ma quando mi ha portato a scegliere un giacca e ha detto alla commessa che ero suo figlio, tutto è stato chiaro. Del resto – aggiunge l’attore – mia nonna era un’ebrea polacca, nata a Cracovia, proprio come i nonni di Roman”. Per Emmanuelle Seigner “Vanda è una dea e forse si sta vendicando per tutte le attrici maltrattate ai provini”. Quanto al rapporto sadomaso tra attori e registi, lo sintetizza Polanski: “A teatro il regista agisce le sue fantasie e costringe l’attore a incarnarle”. O, come dice Vanda nella pièce, “Il sadomasochismo? Lo conosco bene, faccio l’attrice”.
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